L'Eco della Periferia

Il pellegrinaggio nasce con un carattere “penitenziale”, nei primi secoli dell’era cristiana. «Faceva parte del processo di conversione: per liberarsi dalle ansie e dalle tensioni del mondo si partiva verso Roma oppure Gerusalemme, dove si viveva da “stranieri”, da “esuli” (secondo l’etimologia del termine “pellegrino” [da per ager, andare per campi ndr])» (Wikipedia). A chi è recluso è interdetta proprio la libertà di movimento. In carcere si cammina per ore e ore, chilometri e chilometri, nel perimetro di aree grige. Il pellegrinaggio interiore e penitenziale, invece, ci è addirittura richiesto. È la nostra condizione: viviamo da “stranieri” e da “esuli” in questo luogo che non ci appartiene e al quale non apparteniamo, senza altra meta che non sia noi stessi.

a cura della Redazione di “Ne vale la pena

  Alla ricerca della meta

Soli e pensosi noi qui stiamo! 

DIETRO LE SBARRE

 Meglio soli

Oltre alla privazione della libertà, ciò che rende così tormentoso il carcere è la convivenza forzata con le altre persone recluse, che fino al giorno prima non si conoscevano nemmeno.

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«Care e cari, siamo giunti al decimo anno di collaborazione con Messaggero Cappuccino! Eh già!», ci dice Maura subito, la voce che tradisce una certa fierezza. Per un attimo soltanto sorride compiaciuta guardandosi intorno, ma le parole già premono per proseguire: «Il filo conduttore di oggi e per i prossimi mesi sarà il “pellegrinaggio”. Che poi noi qui al tè, in termini più laici, potremmo tradurre con la parola “cammino”. Dunque non parliamo soltanto di un viaggio verso un luogo fisico, più o meno sacro, ma anche di movimenti più metaforici e personali. Per farci ispirare, quindi, oggi mi son permessa di invitare due cari amici: Abramo e Antonio Machado».

a cura della "Caritas Diocesana di Bologna"

 Il cammino apre

Io, l’altro e l’incontro

IL TÈ DELLE TRE

 Maura si ferma e butta gli occhi intorno per vedere che effetto fanno le sue parole.

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