Finalmente insieme
di Dino Dozzi
Direttore di MC
È stata una notizia molto bella quella che abbiamo letto sui giornali nei primi giorni di aprile: l’Assemblea sinodale ha bocciato le Propositiones conclusive dei tre anni del cammino sinodale, costringendo la Presidenza del Comitato e il Consiglio Permanente della CEI a rivedere tutto il testo, annullando l’Assemblea di maggio e rimandando tutto all’Assemblea di ottobre.
Mons. Erio Castellucci, Presidente del Comitato Nazionale del Cammino sinodale, con l’intelligenza e lo humor che lo contraddistinguono, ha ringraziato per le pacche sulla spalla che ha ricevuto «come si fa quando si porgono le condoglianze», ma ha rassicurato tutti sui suoi sentimenti di gratitudine all’Assemblea che lui giudica non “ribelle”, ma «viva: critica, leale, appassionata per la Chiesa e la sua missione». Da buon teologo ha sottolineato che lo Spirito non agisce solo su alcuni componenti dell’Assemblea sinodale, ma su tutti e «non mira al livellamento e all’uniformità, ma alla comunione, che è armonia delle diversità e ricerca di una sintesi superiore».
E quindi ha proposto che il testo venga rivisto radicalmente. E la proposta è stata accettata. E per fare questo ci vorrà più tempo: quindi ha proposto che l’Assemblea di maggio venga sospesa e che ci si ritrovi per l’Assemblea autunnale. E la proposta è stata accettata. Resa del clero al laicato? No, giorno di festa per tutti: finalmente il processo sinodale si è fatto concretamente visibile! Tutti i membri della Chiesa, clero e laici, hanno avuto modo di parlare e di ascoltarsi a vicenda. Nei tre anni passati erano in tanti a pensare - e alcuni anche a dire - che tanto nulla mai cambierà, si farà finta di dare la parola ai laici, ma poi sarà sempre il clero a dire da che parte andare. In proposito si ripete l’avviso di un parroco alla fine della messa domenicale: «Domani sera c’è il consiglio parrocchiale che discuterà e approverà l’odg che potete vedere in fondo alla chiesa». Sembrava che tutto sarebbe andato così anche per le Propositiones di fine Sinodo. E invece no. Tante sono state le critiche al testo proposto e tanti i suggerimenti che si è deciso di rivedere radicalmente il testo e di prendersi il tempo necessario per farlo. «Giornata storica! - ha commentato il cardinale Zuppi, Presidente della CEI - non succedeva dai tempi di papa Sisto» (fine millecinquecento)!
Le Proposizioni verranno sostituite da un testo più discorsivo, più ricco e più profondo. È camminando che si impara a camminare e, camminando insieme, bisogna tener conto di tutti. Benvenuti nell’era della sinodalità ecclesiale, ha scritto Pierangelo Sequeri su “Avvenire”. Nessun muro contro muro, nessuna chiusura rimandando la decisione finale alle “sacre stanze”. Anche la dialettica può far parte del metodo sinodale. Lo Spirito non scompiglia soltanto le carte, ma suggerisce a volte anche un ordine migliore degli appunti, creando sintesi nuove e più profonde.
A proposito di appunti, stavo scrivendo questi appunti quando, il 21 aprile, il lunedì dell’Angelo, arriva la notizia della morte di papa Francesco. Il giorno prima aveva dato la benedizione urbi et orbi e poi, nella papamobile, aveva percorso in lungo e in largo Piazza San Pietro per salutare i fedeli. Un ultimo saluto, prima di andarsene, dopo il giorno di Pasqua, quasi per non offuscare il grande protagonista, il Risorto. Era malato e sofferente, ma ha preparato lui le omelie e i discorsi per il triduo pasquale, per la Via crucis e per il messaggio pasquale al mondo, anche se ha dovuto farli leggere da altri. Sulla breccia, anzi in mezzo al suo popolo fino all’ultimo minuto.
A questo punto mi sono domandato: debbo cestinare gli appunti sulla bocciatura del documento finale del cammino sinodale? No, mi sono detto, anche quell’evento di inizio aprile è un bel frutto del servizio di papa Francesco alla Chiesa, un segno della nuova strada su cui egli ci ha messi e che speriamo di non abbandonare. Per concludere il mio editoriale, mi limiterò dunque a riportare un breve florilegio delle tante espressioni apparse sulla stampa di questi giorni per ricordare il Papa defunto.
Il Papa della misericordia di Dio per tutti; il Papa degli ultimi; il Papa degli immigrati; il Papa della Chiesa in uscita come ospedale da campo; il Papa della terza guerra mondiale a pezzi; il Papa della Fratelli tutti e della Laudato si’; il Papa gesuita che ha scelto il nome di Francesco per non dimenticare i poveri; il Papa che ha stigmatizzato il clericalismo e che ha voluto a tutti i costi avviare il processo sinodale; l’apostolo della pace; il primo Papa sudamericano e gesuita;; un pastore rivoluzionario; in piazza con poncho come un nonno; andarsene così significa restare; ha voluto un funerale sobrio, da cristiano; unica iscrizione sulla tomba “Franciscus”; esequie di un pastore non di un potente; «Come vorrei che la Chiesa fosse povera e per i poveri!»; il Papa che ha fatto saltare molti “si è sempre fatto così” e anche molti “si è sempre pensato così” («Ma se una persona è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicare?)»; il suo primo viaggio da Papa tra i migranti a Lampedusa per denunciare l’indifferenza e i troppi muri; le sue interviste a Eugenio Scalfari e la visita a Emma Bonino; per la prima volta due donne ai piani alti della gerarchia pontificia (suor Simona Brambilla a capo del dicastero dei religiosi e suor Raffaella Perini governatrice dello Stato della Città del Vaticano); il Papa dell’ecologia integrale; il Papa della pace e del disarmo…
Certo, morto un papa se ne fa un altro. Ma le porte della Chiesa sono state aperte e il nuovo Papa dovrà occuparsi di una Chiesa “oltre le mura”. Forse proprio per questo essa diventerà punto di riferimento per l’umanità intera, luogo in cui anche i potenti possano sedersi uno di fronte all’altro per ascoltarsi e dialogare. Una Chiesa maestra di umanità e costruttrice di pace in un mondo che gioca in modo insensato col fuoco, accendendo ovunque focolai di guerra.
Ed ecco le prime parole di Papa Leone XIV. «La pace sia con tutti voi, una pace disarmata e disarmante». Un Papa che già dalla scelta del nome si propone di arginare la violenza e la barbarie che stanno pericolosamente avanzando e di riprendere le domande alle quali rispose nel suo tempo Leone XIII con la Rerum novarum riguardanti la giustizia sociale, il lavoro, la povertà, gli ultimi, i migranti. Lo stile sarà diverso, ma la continità è assicurata: da Francesco parroco del mondo, siamo passati a Leone prevosto del mondo.