«Il miglior modo per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è dargli fiducia» (Ernest Hemingway). Secondo la Costituzione, la pena ha una funzione rieducativa. L’educazione si fonda sul credito di fiducia nel buono che c’è in ognuno. Se non apre un credito di fiducia, l’esecuzione penale è solo ritorsione: chiudere e buttare via la chiave. La “messa alla prova” è forma di esecuzione penale imperniata sulla fiducia. Si può dire del carcere, la forma più comune?
a cura della Redazione di “Ne vale la pena”
Chi ti mette le ali?
Fiducia in chi dà fiducia
DIETRO LE SBARRE
Dentro non è diversa
Qualcuno potrebbe pensare che le persone in carcere abbiamo una concezione della fiducia del tutto diversa da chi sta fuori, ma nel mio caso non è così:
la detenzione, infatti, non ha cambiato il mio rapporto con la fiducia e la concedo proprio come facevo prima. La fiducia può essere un’arma a doppio taglio, a seconda che tu la conceda o meno: se la concedi puoi rimanerne deluso o fregato, mentre se non la concedi rimani isolato e chiuso in te stesso. Io, di mio, la concedo da subito incondizionatamente e non pretendo che tu debba conquistartela, ma questo mi ha portato in passato a incorrere in numerose delusioni. La concedo da subito, ma se mi deludi non sarai più degno di riaverla. Non sono vendicativo e non smetto di frequentarti, ma non ti darò più la possibilità di deludermi ancora: semplicemente non farai più parte degli amici che si meritano la mia fiducia e avrò con te solo rapporti formali e di buona educazione.
Io sono un senza famiglia e me ne vanto: per me la mia famiglia erano e sono i miei amici più cari, pertanto se deludi la mia fiducia non puoi aspettarti di riconquistarla. Sono strano? Sono anormale? No: sono semplicemente Piombo.
Piombo
Cercasi Athos
C’è fiducia in carcere? In cosa posso ancora credere? La risposta non è semplice, perché il carcere mette in discussione tutto: le proprie certezze, le relazioni, persino la propria identità. Tuttavia, anche in questa condizione estrema, ognuno può trovare qualcosa in cui credere. Alcuni trovano fiducia nella giustizia, sperando che il percorso giudiziario sia stato equo o che, con il tempo, possa esserci una possibilità di riscatto. Altri si affidano alla fede religiosa, trovando conforto e speranza in una dimensione spirituale che va oltre le sbarre. C’è chi ripone fiducia nella famiglia, negli amici che restano vicini nonostante tutto, o nei volontari che offrono ascolto e supporto. Ma la fiducia può anche essere riposta in valori come la dignità, la possibilità di cambiare, la speranza di una seconda possibilità. In carcere, spesso, si impara a credere nelle piccole cose: un gesto gentile come l'offerta di un caffè o di un pezzo di torta, una parola di conforto, un sorriso inatteso. Questi momenti, apparentemente insignificanti, possono diventare la base su cui ricostruire la fiducia, giorno dopo giorno.
Ma la domanda sulla fiducia in me stesso è stata sicuramente la più difficile. Il carcere, infatti, è un luogo che spesso mette a dura prova l’autostima. Gli errori commessi, il giudizio degli altri, la solitudine, possono minare la fiducia nella propria capacità e nel proprio valore.
Eppure, proprio in questa situazione, è nata in questi anni la possibilità di un viaggio interiore alla ricerca del vero Athos. La privazione della libertà mi ha costretto a guardarmi dentro, a fare i conti con il passato, ma anche a scoprire risorse che non pensavo di avere.
La fiducia in sé stessi si costruisce lentamente: attraverso la partecipazione alle attività formative, il lavoro, lo studio, il confronto con gli altri. Ogni piccolo successo, ogni obiettivo raggiunto, anche il più semplice, diventa un mattoncino su cui ricostruire la propria autostima. Non è un percorso facile, ma è possibile. E quando si ricomincia ad avere fiducia in sé stessi, si apre la strada anche alla fiducia negli altri e nel futuro.
A prima vista, il carcere sembra il luogo meno adatto per parlare di fiducia. Le regole sono ferree, la privacy è quasi inesistente, la diffidenza è spesso necessaria per sopravvivere. Tuttavia, proprio in questo ambiente, la fiducia assume un valore ancora più prezioso.
La fiducia in carcere si manifesta in tanti modi diversi. Può essere la fiducia nei compagni di cella, con cui si condividono le giornate, le paure, le speranze. Può essere la fiducia negli operatori penitenziari, negli educatori, nei volontari che entrano ogni giorno per offrire ascolto e supporto.
Naturalmente, la fiducia in carcere va conquistata. Spesso è necessario superare la diffidenza, imparare a riconoscere chi è davvero affidabile, distinguere tra chi vuole aiutare e chi invece cerca solo il proprio interesse. Ma quando si riesce a instaurare un rapporto di fiducia, anche piccolo, questo può fare la differenza: può rendere la detenzione meno pesante, può offrire una prospettiva diversa, può aiutare a costruire un futuro migliore.
Dare fiducia in carcere è un atto di coraggio. Significa esporsi, rischiare di essere delusi, ma anche aprirsi alla possibilità di costruire relazioni autentiche. Dare fiducia significa anche credere in un percorso di cambiamento, affidarci a chi ci propone nuove strade, nuove opportunità. Significa, a volte, perdonare chi ci ha deluso, dare una seconda possibilità, costruire insieme un nuovo futuro. La fiducia, in carcere come nella vita, è il primo passo verso la libertà interiore, verso la possibilità di un nuovo inizio.
Athos Vitali
Come ho amato io
Uno dei temi affrontati in una recente santa Messa a cui ho partecipato è stato quello del tradimento: uno dei crimini più infamanti che ci possono essere. Anche nelle carceri, luogo simbolo del peccato, si sentono spesso detenuti vantarsi dei crimini commessi in una sorta di gara a chi abbia commesso quello più grande, efferato o violento; ma mai si sente qualcuno vantarsi del tradimento, anzi solo pronunciare quella parola è tradire il codice non scritto del “buon” criminale. Il tradimento, che nella dottrina cristiana è simboleggiato dalla figura di Giuda Iscariota, il quale vendette Gesù per pochi denari, si può riscontrare anche nella vita di tutti i giorni inteso come il tradire la fiducia del prossimo. La mancanza di fiducia è infatti una delle cause principali che rovina ogni rapporto.
Dopo questa premessa sorge spontanea una domanda: in cosa possiamo utilizzare il tempo a nostra disposizione in un periodo in cui la nostra libertà è interrotta? Una delle possibilità che abbiamo è quella di fare tutto il possibile per diventare uomini affidabili, in modo che chi ci è a fianco si possa fidare di noi. La pena, infatti, che accomuna tutti noi chiusi qui dentro, è il tradimento. Il tradimento verso le nostre famiglie, verso i nostri amici e verso i nostri affetti in generale. Noi abbiamo tradito tutte queste persone, le abbiamo tradite nel preciso momento in cui abbiamo messo piede qui dentro abbandonandole al loro destino. Perciò, per evitare che questo tradimento possa riproporsi in futuro, dobbiamo quanto prima tornare a vivere pensando a un nuovo comandamento che il nostro Signore ci ha imposto: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Solo in questo modo non tradiremo mai più la fiducia di qualcuno e potremo veramente fidarci del prossimo come esso si potrà fidare di noi.
Luca Tosi
Io mi fido di te
La fiducia per me è una parola dal significato profondo e dalle mille sfaccettature. Ricordo ancora oggi le parole di mio papà: «Carmine, io mi fido di te. Mi raccomando, non fare guai e non ti comportare male. Dai l'esempio ai tuoi fratelli».
La fiducia in me stesso, oggi, l'ho conquistata. Ma quando ero piccolo, in verità, non credevo molto in me; ero una persona fragile nel profondo, anche se all'esterno apparivo forte. Ho sempre riposto la mia fiducia nei miei fratelli e nelle persone a me più care, come la mia compagna e i miei figli. Purtroppo, però, alla fine sono rimasto spesso deluso.
Per questo, oggi vi dico che la parola "fiducia" viene usata troppo spesso con leggerezza. Non le diamo più l'importanza che meriterebbe. È un valore fondamentale per la nostra vita e dovremmo essere tutti più cauti nel pronunciarla.
Carmine Autiero