Lo Shabbat è il tempo della festa per la tradizione ebraica: la cessazione delle proprie attività per dedicarsi al riposo inizia il venerdì sera. In occasione della XXVIII Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, la performance Lo Shabbat di tutti è stata ospitata dall’istituto professionale alberghiero Pellegrino Artusi di Riolo Terme.

a cura di Barbara Bonfiglioli

 La festa è per tutti

Lo shabbat ebraico in una scuola di Riolo Terme

 di Luca Balduzzi
giornalista

 Nella giornata di Shabbat, la religione ebraica commemora che «Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto.

Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando» (Gen 2,2-3). Per coinvolgere quante più persone possibili nello spirito di questa giornata di festa, Miriam Camerini, ebrea italiana e cittadina israeliana, ha ideato la performance Lo Shabbat di tutti in occasione del Festivaletteratura di Mantova, nel settembre del 2013. E da allora invita il pubblico a sedersi a tavola per condividere la cena al tramonto del venerdì che segna l’inizio della festività.

 Ogni tavola è un altare

«Il punto di partenza non è stato astratto, teorico, teologico o biblico, bensì esperienziale – spiega Miriam, che da alcuni anni frequenta la scuola rabbinica Har’El di Gerusalemme, una fra le poche al mondo in cui sono ammesse le donne, e diventerà la prima rabbina ortodossa italiana –. Conosco lo Shabbat da tutta la vita, lo celebro tutte le settimane, e ho deciso di basare la mia performance sull’esperienza “pratica” di una cena dello Shabbat». D’altra parte, in tutto il teatro dell’Occidente possiamo trovare delle scene che sono ambientate attorno a una tavola».
A caratterizzare, nello specifico, una cena dello Shabbat sono «i sacrifici, le offerte, il Korbàn. Nella Torah, il Pentateuco, e in particolare nel libro del Levitico, vengono elencate tutte le prescrizioni che riguardano i sacrifici. Dio si è già rivelato al popolo di Israele sul monte Sinai e adesso gli fornisce tutte le istruzioni per stargli più vicino. E in queste regole rientrano i sacrifici, le offerte del cibo - un animale o una focaccia - e dell’acqua. A seguito della distruzione del santuario di Gerusalemme nel I secolo dopo Cristo, nell’impossibilità perenne di presentare sacrifici nel tempio, i rabbini, nel Talmud, stabiliscono che da quel momento in avanti ciascuna tavola diventa un altare».
L’invito a partecipare è aperto a tutti: «Nel 99,9% dei casi i partecipanti sono cristiani, anche se non praticanti, e anche in Israele abbiamo organizzato delle performance per i pellegrini. Hanno partecipato anche ebrei laici che, probabilmente, non avrebbero partecipato ad un evento organizzato dalla comunità ebraica perché percepito come più religioso. Al Refettorio ambrosiano di Milano, quando era diretto da don Giuliano Savina, attualmente direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei, abbiamo inventato anche una formula più adatta ai bambini, spesso accompagnati dalle proprie famiglie, con un menu dedicato, e letture e canti che consentivano di coinvolgerli maggiormente. Tante istituzioni, organizzazioni e festival ci invitano anno dopo anno, facendolo diventare una sorta di appuntamento fisso, perché non è uno spettacolo già visto, ma un’esperienza. È un momento specificamente ebraico e identitario di Israele, ma che unisce molto. Sono fermamente convinta che per incontrarsi e per comprendersi non si debbano ammorbidire e confondere la propria identità e le proprie convinzioni. Anche nel dialogo fra le religioni deve essere chiaro chi sono io e chi sei tu, senza la cancellazione delle nostre differenze».

 Riolo Terme? Tra Betania ed Emmaus

In occasione della XXVIII Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, a gennaio, la performance è stata ospitata dall’istituto professionale alberghiero Pellegrino Artusi di Riolo Terme (Ravenna). A organizzare la serata sono stati gli Uffici per il dialogo interreligioso delle Diocesi di Imola e di Faenza-Modigliana.
«Nella ristorazione non esiste l’improvvisazione – sottolinea Barbara Bonfiglioli, componente dell’Ufficio imolese con delega al rapporto con gli istituti scolastici e vicepreside dell’Artusi –. Una preparazione tecnica è importante, ma non possiamo dimenticare che la cucina, il cibo e l’accoglienza dell’altro e del diverso sono elementi anche spirituali e di condivisione». E «le immagini del banchetto e della convivialità, presenti sin dall’origine dell’umanità e nelle grandi religioni, sono realtà concrete, ma nascondono storie, a volte festose a volte dolorose, da tenere presenti e da rispettare. Come ricorda spesso un’amica chef, “Si cucina sempre pensando a qualcuno, altrimenti stai solo preparando da mangiare”».
«Nei vangeli, specialmente in Luca, c’è una vera e propria pedagogia narrativa in cui attraverso i banchetti Gesù rivela l’inaugurazione del Regno di Dio – aggiunge don Mirko Santandrea, direttore dell’Ufficio faentino –, nei molteplici racconti delle cosiddette moltiplicazioni dei pani, in cui i beni condivisi diventano segno della cura che l’Altissimo ha per il suo popolo, come al tempo di Mosè, con la manna, e dei profeti, in particolare Elia e Eliseo in Galilea». E «la tavola diventa il luogo della manifestazione della misericordia per i peccatori (il banchetto di Levi-Matteo dopo la sua chiamata, il banchetto a casa del fariseo Simone in cui una donna peccatrice accoglie e lava con le sue lacrime i piedi di Gesù). E di mensa in mensa i discepoli giungono fino a Betania e al cenacolo, nell’ultima Pasqua prima della passione, e riconoscono il crocifisso risorto allo spezzare del pane nella cena di Emmaus».

 Ristorazione, professione e… Costituzione

La serata a Riolo, attesa da tempo, ha coinvolto direttamente anche gli insegnanti e alcuni studenti delle classi dalla seconda alla quinta degli indirizzi Accoglienza turistica, Cucina e Sala nella preparazione del menù, tipicamente ebraico, e nel servizio ai tavoli. «Vedere l’entusiasmo, l’ilarità e la curiosità dei miei studenti quando lavorano mi piace – commenta Barbara –. Mi piace la loro mancanza di pregiudizi nel vivere un’esperienza. Dialogo interreligioso a un professionale ha senso? Gli “serve”? Dipende dai significati che vogliamo dare alle parole “mestiere” e “servire”. Il mestiere non è solamente il privato agire per ricavare guadagno: è sul foro della società che il mestiere diventa professione, cioè la pubblica dichiarazione del proprio ruolo, della propria scelta di vita – come ricorda la nostra Costituzione, il modo in cui si è scelto di concorrere “al progresso materiale e spirituale” del mondo in cui si vive.
Il cibo, da sempre, in ogni cultura è rivelazione della nostra umanità, di uno stile di vita ben determinato. Da sempre, lo stare a tavola è segno di relazione, di comunione, di amicizia, di festa, di condivisione. I nostri studenti stanno studiando per diventare professionisti dell’accogliere a tavola. Questa è stata un’occasione per loro per acquisire altre competenze per il loro futuro, per imparare a essere professionali nel senso etimologico più profondo. Mi auguro che il loro “fare” possa essere esempio, un fare che dichiara, ed innalza la professione, che diventi occasione per promuovere conoscenza, rispetto dell’altro senza improvvisazione ma passo dopo passo seguendo un cammino di consapevolezza di sé e dell’altro».
«Mi ha colpito molto nella sua preparazione – continua don Mirko –: sia quella remota (è dal tempo della pandemia che la rimandavamo!), sia quella prossima del pomeriggio stesso, in cui ho visto l’impegno di tutti, insegnanti e studenti, nel curare ogni particolare e accogliere le persone. Credo che questo intreccio di saperi e di sapori possa dare l’opportunità di rendere concreto il dialogo interreligioso ed ecumenico, che prima di tutto coinvolge le persone e trova nel mondo della scuola un banco di prova quotidiano e una feconda semina di pace e di futuro. Shabbat Shalom!».

 

 Dell’Autore segnaliamo:
I film che non hai visto. Storie di occasioni perse o mancate
Giraldi Editore, 2024