In quella parte di mondo che è l’Italia
L’esperienza di Issiaga Diaby, immigrato dalla Guinea
Intervista a Issiaga Diaby, immigrato dalla Guinea
a cura di Miriam Zanotti, medico infettivologo
Buongiorno, Issiaga, vuoi presentarti?
Mi chiamo Issiaga Diaby, ho quarantaquattro anni, sono guineano e vengo da Conakry, in Africa occidentale.
Sono venuto in Italia per ricongiungermi a mia moglie, che amo. Lasciare il mio Paese non mi ha creato particolari problemi. Certo, la prima volta che ho messo piede in Italia l’impatto è stato un po’ faticoso: essere su un nuovo territorio, in una nuova cultura è stato un po’ complicato.
Ho avuto il vantaggio di conoscere qualche cosa di un’altra parte di mondo, in Italia, dove ho trovato cose che non mi aspettavo, che non esistono in Guinea; ma ci sono anche cose che esistono in Guinea e non ci sono qui: tutto questo è normale e ben comprensibile. La cosa più importante per me è la mia famiglia, mia moglie, i miei figli. Questo è l’essenziale, il resto è fare del bene ed evitare il male.
Hai avuto problemi con la lingua e con il lavoro?
Il problema della lingua c’è per chiunque vada in un altro Paese. Nel mio caso, quando sono arrivato è stato difficile, ma oggi, dopo quattro anni, piano piano le cose vanno bene. Vivo con la mia piccola famiglia, mia moglie e i miei bambini.
Lavoro come operaio in un’azienda che produce detersivi. In passato ho fatto tanti lavori diversi, soprattutto come autista nel settore logistico. Qui in Italia ho lavorato in precedenza come magazziniere. La vita non è facile per nessuno: bisogna essere capaci di affrontare le difficoltà e le responsabilità; in ogni momento è necessario essere pronti a superare le prove che ti si presentano.
Sei rimasto in contatto con gli amici e i parenti nel Paese di provenienza? Qui hai fatto nuove amicizie?
Mia moglie, Miriam Zanotti, è molto socievole e mi ha aiutato molto nel trovare nuovi amici. Ovunque siamo nel mondo dobbiamo essere socievoli e, se lo siamo, da un giorno all’altro ci facciamo degli amici e dei parenti. Non è detto che i parenti siano solo quelli che ti hanno messo al mondo, o quelli che sono nati come te dagli stessi genitori; puoi avere parenti più intimi dei tuoi fratelli e sorelle venuti dallo stesso latte o dallo stesso padre. Resto in contatto con i miei genitori di origine, con i miei fratelli biologici, ma l’Italia mi ha permesso di avere molti amici e mi sono trovato anche con dei parenti di diversa nazionalità, in primo luogo italiani. I parenti di mia moglie sono i miei parenti. Al di là di questo ho altri parenti in Italia, ho trovato dei fratelli africani e ci siamo legati veramente molto attraverso l’amicizia.
Quali sono state le esperienze positive e quali quelle negative?
Camminiamo insieme alle nostre esperienze positive e negative. Per quanto riguarda le esperienze positive, essere qui mi ha dato molti benefici; per esempio mi ha permesso di cominciare a capire quella parte di mondo che è l’Italia. Per il momento non ho visto la parte negativa. Per ora sto respirando e vedendo. Mi appare sempre più chiaro che, in questa società, bisogna veramente che ci si perdoni. Quando c’è il perdono non c’è l’odio, quando c’è il perdono dietro c’è la gioia. Il mio progetto personale è di vivere meglio, essere nella società insieme agli altri e nella pace. La pace è molto importante: dietro la collina o oltre il mare ci sono persone la cui vita è in pericolo. Il mio progetto più grande è la pace.
Consiglieresti l’emigrazione ai tuoi amici o parenti?
Tutti i tipi di migrazione sono difficili e duri, legali o illegali che siano. Uscire dalla propria terra e vivere in un altro Paese è difficile per tutti, a più forte ragione se la migrazione non è legale e si è privati di una serie di cose. Anche prima di venire in Italia e di sapere che sarei venuto qui, sono stato un animatore tra i giovani per consigliare di non mettere a rischio la propria vita per nulla, perché è per nulla. Tutto quello che vediamo in certe immagini, quello che raccontano, che dall’altra parte del mondo c’è il paradiso, è una menzogna, è falso. La maggior parte dei migranti che sono oggi in Europa, se avessero saputo che è così, non sarebbero partiti, mettendo a rischio la propria vita.
Colgo l’occasione per salutare tutti gli immigrati, quelli clandestini e quelli legali, li saluto tutti. Non solo gli immigrati africani, ma tutti; ci sono anche i nostri fratelli cinesi, giapponesi: siamo molto numerosi. Io continuo a suggerire che le persone evitino di mettere a rischio la propria vita per nulla. Sconsiglio soprattutto l’immigrazione clandestina. Quando si è sul posto, nel proprio paese, è veramente meglio avere la pazienza di restare, avere fiducia in sé stessi di poter vivere meglio, piuttosto che avere il sogno di andarsene mettendo a repentaglio la vita.