Sperimentare nella nostra vita che Dio ci perdona “senza meriti” e che partendo da qui è possibile provare a perdonare e riconciliarsi con i fratelli per creare veri percorsi di pace. È questo quello che ci siamo sentiti annunciare continuamente nei quattro giorni dell’ottava edizione del Festival Francescano “per forza o perdono” che ha richiamato anche quest’anno migliaia di persone in Piazza Maggiore a Bologna, animata giorno e notte da conferenze, workshop, animazione di strada e stand.

 Gianluca Lista
medico, francescano secolare di Milano, consigliere nazionale Ofs

 I semi che fermentano

Le eco alle conferenze del Festival Francescano chiedono risposte alla nostra vita

 Tentativo riuscito

Per la prima volta quest’anno, si è provato ad aumentare il coinvolgimento dei partecipanti ad alcune delle conferenze di sabato e domenica in piazza Maggiore, attraverso la creazione di un apposito angolo denominato per l’occasione l’“Eco delle conferenze”, che doveva servire da spazio dedicato per raccogliere domande inevase, emozioni o riflessioni dei passanti, appena terminata una relazione.

Questo compito mi è stato affidato insieme ad Alfonso Petrone, anche lui francescano secolare e lo abbiamo sperimentato su tre conferenze: la prima, il sabato mattina “Quando perdonare è difficile” (relatore mons. Zuppi); quindi il sabato pomeriggio “Pace tra le religioni: solo un’utopia?” (relatori Brunetto Salvarani, Adel Jabbar e Bruno Segre) e infine la domenica mattina “Beati quelli che perdonano per lo tuo amore” (relatore Massimo Cacciari).
Non è stato facile intercettare le persone alla fine delle tre conferenze, ma comunque siamo riusciti a creare alcuni brevi ma intensi dialoghi, dei piccoli echi con alcune persone.
Il sabato mattina all’affermazione di mons. Zuppi che il male non è mai inerte e all’invito che non dobbiamo farci intaccare dal male, ma provare attraverso il perdono a reimparare a vivere insieme, è echeggiata da alcuni dei fratelli (laici e religiosi) che passavano per il nostro angolo, una constatazione: sicuramente le nostre famiglie, le comunità e le fraternità sono un’occasione privilegiata per imparare a perdonare, ma questo è spesso estremamente difficile, perché di frequente sono l’ipocrisia e l’orgoglio a prevalere nei nostri rapporti. I conflitti, non solo tra le nazioni, ma anche in famiglia o in comunità come ci ricordava mons. Zucchi si riaccendono spesso se non c’è stato perdono. Una grande speranza: Gesù non ci chiede mai cose che non sappiamo fare: perdonare è possibile, ma dobbiamo liberare il nostro desiderio di giustizia per il male ricevuto, dall’odio e dalla vendetta; solo così staremo meglio anche noi. È un cammino che dobbiamo intraprendere e non dobbiamo scoraggiarci.

 I miracoli del dialogo

Il sabato pomeriggio, alla provocatoria conclusione dei tre relatori che per un vero cammino di pace va messo al centro non il dialogo delle religioni ma piuttosto quello tra le persone che credono e che va promossa la dimensione laica del dialogo, è emersa da alcuni come eco una domanda: è possibile allora vivere una fede senza religione? può esistere una religione senza fede? Se è vero che la religione con i gesti cultuali e la vita comunitaria aiuta ad alimentare la fede, è anche vero che una religione quando è svuotata dalla fede diventa fariseismo e può sfociare nel fanatismo. In altri fratelli è emersa la constatazione che un inizio di dialogo tra le persone di fede diversa è possibile spesso solo nel mondo occidentale, ma molto difficile in altre realtà, soprattutto nel mondo islamico dove l’ingerenza del potere politico è spesso molto forte. Ci deve essere rispetto tra le persone di fede diversa; un rispetto che parta dal riconoscimento della propria identità, evitando le standardizzazioni o i sincretismi, ma credendo che le differenze non devono dividere, ma possono essere una ricchezza. Infine alcuni dei passanti che per lavoro o vacanza hanno avuto l’opportunità di vedere da vicino alcune esperienze di comunità multietniche e multiconfessionali, in realtà riferivano di avere visto una scarsa ricaduta in ambito sociale di queste esperienze. Ma si sa: i tempi di Dio sono diversi dai nostri.

 La lente dell’amore

Infine, la domenica mattina, della relazione di Cacciari ha colpito soprattutto la descrizione di Dio, di un Signore diverso da tutti gli altri signori di questo mondo. Un Dio quello di Gesù e di san Francesco che supera la logica “retributiva” e “giudiziaria”, che perdona in maniera del tutto gratuita e che ci chiede di non opporci al male e di vivere secondo la legge dell’amore. L’eco che è risuonato tra i fratelli avvicinatisi al nostro angolo è stato soprattutto di tipo personale: dobbiamo fermarci per prendere coscienza dell’amore gratuito di Dio per noi e, come ci ricordava Cacciari, arrivare a giudicare solo attraverso la lente dell’amore rivelatoci da Gesù e che passa attraverso il riconoscimento della nostra dimensione di persone vulnerate dal peccato e dalla debolezza. Solo così riusciremo ad essere misericordiosi anche noi con gli altri, come Dio lo è con noi in maniera incommensurabile.
L’angolo in piazza è stato rimosso alla fine del festival, ma continuano a partire altri “echi” che interrogano la nostra vita. Francesco ha preso sul serio il vangelo di Gesù e lo ha riproposto nella sua vita “sine glossa”, proprio nella certezza che solo chi ama è benedetto da Dio e ci ha lasciato tra le tante, alcune parole: «Io ho fatto la mia parte, la vostra ve la insegni Cristo». E ancora «Incominciamo, fratelli, a servire il Signore Dio nostro, perché finora abbiamo combinato poco». A noi la risposta con la nostra vita.