La felicità rinchiusa

La divisione tra anima e corpo ci fa cogliere l’eccesso come luogo di pace

 di Gilberto Borghi
della Redazione di MC

 Licet insanire?

Finisco di interrogare con un quarto d’ora di anticipo sulla campanella. Sono stanchi. Questa mattina hanno già avuto una verifica e un’altra interrogazione. Gennaio è un massacro.

Allora la butto lì: quanti danni avete fatto a capodanno? So già che non saranno sinceri del tutto, ma sanno che io su questo non sono lì a giudicarli e quindi una certa verità affiora. «Beh io mi sono “scaiato” prof… dai, è normale. Eravamo in una festa da paura… e alle due la metà erano già scaraventati sui divani in coma e il resto nei cessi a vomitare». E due ore dopo, in altra classe: «Abbiamo girato tre o quattro feste, e sa com’è, bevi qui bevi là, alla fine io non stavo più in piedi e il mio ragazzo si addormentava dritto… così un’amica ha telefonato a mia madre per farci venire a prendere. Alla fine non mi ha detto niente, tanto anche lei era un po’ fuori». «E vabbè, l’ultimo dell’anno si può passare di là prof». «E tu vorresti farmi credere che gli altri fine settimana non passi di là?». Risata generale, lo conoscono bene! «Io invece prof. sono tre sabati consecutivi che mi “scaio” con il vino. Mi fa schifo, ma il mio moroso mi ha lasciata… normale no?».
E la cosa chiara è che per loro, “passare di là”, esagerare, oltrepassare i limiti, essere “fuori”, ha un obiettivo abbastanza chiaro: la perdita del controllo e la possibilità di viversi esperienze emozionali oltre il limite. Come se l’abuso dell’alcool, delle sostanze, di un sesso eccessivo, della ricerca del rischio di morire, fosse la porta che apre su un mondo in cui i limiti del buon senso e della socializzazione accettabile non ci fossero più. Alla mia domanda «Ma quando sei fuori come stai?» la risposta è: «Benissimo prof. Non me ne frega più nulla di nulla. Faccio quello che mi viene senza pensarci più».
Perciò è conseguente, nella loro logica, se cercano approcci sessuali violenti. Se ballano fino a stramazzare sul pavimento. Se si alterano con sostanze, fino a bruciarsi le cellule cerebrali. Se guidano sentendo di essere in un video giochi. Se si massacrano con esperienze di “macelleria” sessuale. Come mai? Come mai siamo arrivati qui? Che cosa ci dice questo “stile” di esagerazione così tanto diffuso, non certo solo tra i giovani, ma a cui siamo così assuefatti tanto da non interrogarci più sul suo senso?


 Sospensione del giudizio

Forse si può provare a dare qualche suggestione, se non proprio delle risposte. La prima che ho chiara è che queste persone, giovani, adolescenti cronici, adulti solo anagrafici, non sono semplicemente senza voglia di vivere, senza consapevolezza, senza “buon senso”. Di solito, infatti, la prima reazione di fronte a questi comportamenti va in questa direzione: sono dei pazzi, viziati, mai cresciuti. Insomma un giudizio di valore immediato, generato spesso da uno sguardo solo preoccupato di far passare questi atteggiamenti come “eccezioni”, per confermare il senso e il valore di una vita vissuta “nei limiti”. Senza trovare, però, una motivazione comprensibile al perché sono “eccezioni” in forte crescita numerica e sempre più incluse nella cosiddetta “normalità” sociale.
Forse, invece, usando uno sguardo meno preoccupato, e che sospende per un attimo il giudizio di valore, si può riconoscere che dentro la risposta del mio studente c’è, innegabilmente, un desiderio di vita, che si manifesta in tre caratteri. Primo: “Sto benissimo”. Cioè, finalmente sento quello stato interiore di pienezza e vita che sempre ricerco e che quasi mai ritrovo dentro “i limiti”. Secondo: “Non me ne frega più nulla di nulla”. Cioè, posso non tener conto delle conseguenze dei miei atti, che invece mi opprimono, mediamente in modo pesante, dentro “i limiti”, e offuscano la sensazione di pienezza di vita. Terzo: “Faccio quello che mi viene senza pensarci più”. Cioè, posso lasciare che la mia energia vitale fluisca da me senza che io mi debba preoccupare di “limitarla” razionalmente, come “i limiti” invece chiedono, frenandone lo sviluppo.
Difficile, perciò, negare che in questi comportamenti si ricerchi una pienezza di vita e non di morte. Ma è altrettanto evidente che questo obiettivo non possa essere raggiunto, in questo modo, perché alla base c’è la scelta di raggiungere una pienezza di vita, amputando un lato dell’umano: la ragionevolezza, i limiti sociali, la responsabilità etica. Se l’obiettivo desiderato di questi atteggiamenti parla di una vita piena, il punto di partenza richiama invece una vita monca, con una contraddizione innegabile, che motiva il giudizio etico negativo inevitabile su questi comportamenti.
Però, prima di emettere questo giudizio, forse possiamo cercare di raccogliere l’appello che si nasconde dentro all’eccesso dei sensi, affinché alcuni significati di questo eccesso possano interrogarci un po’ di più. Come mai, per poter dire “sto benissimo”, oggi molte persone trovano una possibilità solo oltre “i limiti”? Cosa c’è, al di qua del limite, che non consente questa esperienza, che sembra comunque essere una aspirazione legittima di ogni cuore? Cristianamente parlando noi sappiamo che il cuore dell’uomo ha un desiderio infinito di vita, perché porta l’impronta dell’infinita vita di Dio. È vero che per noi la pienezza sarà vissuta solo nel regno, ma sappiamo anche che il regno comincia già ora. Allora è davvero accettabile quell’ “accontentati” che il sistema socio-culturale ci suggerisce nascostamente, sul piano del senso della vita, sul piano dell’amore, mentre ci invita apertamente a non accontentarci mai, sul piano delle emozioni, delle esperienze, come se tutto il senso fosse lì? Forse l’eccesso ci ricorda, anche se in modo contraddittorio e impotente, che i limiti che, almeno in occidente, mediamente l’uomo ha, sono troppo angusti per il desiderio di amore che abita nell’uomo stesso.

 Mal di non vivere

O ancora. Come mai, per poter sentire di non essere schiacciati dal peso delle conseguenze delle loro scelte, molte persone sentono di “dover” esplodere ogni tanto in comportamenti compensativi, oltre i limiti? Cosa c’è dentro il limite che ci sovraccarica di aspettative tanto da dare per scontato che siamo amati solo a condizione di fare (o non fare) questo, di credere (o no) quest’altro, di essere (o no) in un certo modo? Anche qui, cristianamente parlando, noi sappiamo che siamo amati gratuitamente da Dio e che non ci è chiesto nulla da fare, da credere, o da essere, perché questo amore ci arrivi. Certo Cristo indica un certo modo di vivere, ma non lo impone mai; non è un obbligo, è una scelta libera in risposta ad un amore libero. Allora è davvero accettabile quel “devi essere” che il sistema socio-culturale occidentale ci ha di fatto imposto subdolamente, mentre a parole ci butta fumo negli occhi, dichiarando come unico valore la libertà del singolo? Forse qui l’eccesso ci ricorda, in modo davvero incredibile e paradossale, che la vita è gratis e che l’amore non si paga, cosa troppo dimenticata dentro al sistema socio-culturale occidentale.
Da ultimo. Come mai molte persone sentono che per far fluire la propria energia vitale così come essa si dà, la via è solo quella di “oltrepassare” il limite? Cosa c’è dentro al limite che impone alla testa di dover avere un controllo totale sull’istinto, tanto da rischiare davvero di spegnerne la naturalezza e ipotizzare un post-uomo cibernetico? Cristo ce lo ricorda chiaramente: è l’uomo intero, nella sua armonia complessiva, ad essere stato fatto per la gloria di Dio e non solo la sua anima-mente-spirito. Tanto che la fede sta in piedi sulla resurrezione di un corpo, non sulla semplice permanenza dell’anima dopo la morte. Perciò è davvero accettabile quella separazione antropologica tra mente e corpo, che il sistema socio-culturale istilla da tempo come dato naturale? Mentre ci illude di voler ridare importanza al corpo, ci spinge a pensare che il corpo, di suo, non abbia valore se non per ciò che la mente gli conferisce, obbligando così l’energia vitale a fluire solo dove la volontà del singolo decide. Forse anche qui, benché per assurdo e in modo disarmonico, l’eccesso ci ricorda che la felicità è nell’equilibrio, dove le parti della persona si riconciliano e nessuna domina sull’altra, cosa davvero rara oggi, almeno nel mondo occidentale.