La fiducia è una cosa seria, recitava un claim pubblicitario di parecchi anni fa. È seria se la senti su di te, per come ti può cambiare, per come può farti scoprire qualcosa di te stesso che non sapevi nemmeno di essere. È seria, ed è sottile e impercettibile il suo confine con la fede, se la sai trasmettere a chi ti sta accanto. Accarezziamo questo universo nella poesia di Montale Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e parlando del film di Guido Chiesa su Maria di Nazareth Io sono con te.

Alessandro Casadio

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

una poesia di Eugenio Montale

in Satura, Mondadori, Milano 2009, pp. 332

La poesia è in Poster a p. 58 

Sarò di parte, lo ammetto e premetto. Sarò di parte perché Montale rientra in quella stretta cerchia di poeti che a definirli solo grandi mi pare di offenderli; perciò, è inevitabile, sarò terribilmente soggettivo nel recensirlo. Se poi ci mettete che la poesia in questione è una delle mie preferite, capirete di dovermi prendere con le molle quando affermo che essa ha lo stesso potere emotivo e la stessa potenza sonora di un’orchestra sinfonica. Ora, io non so se Montale avesse studiato musica o cosa, ma di certo sono note quelle che ti rimbalzano dentro quando la leggi. E non note a casaccio, alla rinfusa, ma uno spartito maestoso e delicato fatto di lettere preziose, dove ogni articolo, ogni virgola, ogni parola è al posto giusto e al momento giusto. Montale parla alla moglie scomparsa, le ricorda quegli attimi vissuti assieme, abbandonati l’uno all’altro, quel voler prendersi cura di lei, quasi cieca, nello scendere a braccetto le scale. Molte scale, milioni di scale, ma troppo troppo poche e per troppo poco tempo. La poesia è così un limpido, breve colloquio che vive di una tenerezza propria solo di chi sa amare l’altro nei piccoli gesti quotidiani, piccole cose, quasi imprese per due corpi caricati di anni e di vecchiaia. Ma solo lì, nel peso della vecchiaia, Montale sembra trovare la forza di essere romantico senza alcun romanticismo, emozionato senza voler vivere alcuna facile emozione. E così ringrazia quella moglie che tante volte aveva aiutato, la ringrazia perché nella sua quasi cecità è lei che lo guidava nel vero unico viaggio che ha importanza, quello dell’esistenza. Le scale diventano la vita e lì c’è forse bisogno di una forte miopia per poter capire che la realtà non è quella che vedono gli occhi. È inutile - bisbiglia Montale - che ci affanniamo e affaccendiamo nei nostri affari, se poi non capiamo nulla di quello che (non) viviamo. Un po’ come, perdonatemi la caduta di stile, uno scoiattolo che accumula avidamente noci su noci, per poi accorgersi troppo tardi di non essere capace di aprirle.

Pietro Casadio