L’amore che non misura

La Chiesa missionaria, testimone di misericordia 

Nell’Anno Giubilare le ricorrenze missionarie si moltiplicano. Al ricordo dei cinquant’anni di missione in terra di Turchia di padre Domenico, aggiungiamo il novantesimo anniversario della Giornata Missionaria Mondiale, che si celebrerà il prossimo 23 ottobre.

Non capita spesso di avere a disposizione il messaggio per la Giornata con tanto anticipo - “Chiesa missionaria, testimone di misericordia” è il titolo di quest’anno ed è stato reso noto nella solennità di Pentecoste - e così, in questo anno della misericordia, ci sembra importante offrire alcuni spunti presi dalle parole con le quali papa Francesco sottolinea la comune chiamata missionaria di ogni cristiano: «Siamo tutti invitati ad “uscire”, come discepoli missionari, ciascuno mettendo a servizio i propri talenti, la propria creatività, la propria saggezza ed esperienza nel portare il messaggio della tenerezza e della compassione di Dio all’intera famiglia umana».
Una chiamata tutt’altro che generica, perché tutti siamo invitati a essere annunciatori della misericordia ricevuta: «La misericordia procura intima gioia al cuore del Padre quando incontra ogni creatura umana; fin dal principio, Egli si rivolge amorevolmente anche a quelle più fragili, perché la sua grandezza e la sua potenza si rivelano proprio nella capacità di immedesimarsi con i piccoli, gli scartati, gli oppressi».
Viene poi richiamato quanto scritto nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium: «Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del vangelo» (20); e papa Francesco invita tutta la Chiesa alla missione, sottolineando in particolare il ruolo fondamentale della presenza femminile, sempre più importante: «Segno eloquente dell’amore materno di Dio è una considerevole e crescente presenza femminile nel mondo missionario, accanto a quella maschile. Le donne, laiche o consacrate, e oggi anche non poche famiglie, realizzano la loro vocazione missionaria in svariate forme: dall’annuncio diretto del vangelo al servizio caritativo».
Si tratta di un riconoscimento importante, in vista di una maggiore attenzione nei confronti di coloro ai quali l’annuncio è portato: «Accanto all’opera evangelizzatrice e sacramentale dei missionari, le donne e le famiglie comprendono spesso più adeguatamente i problemi della gente e sanno affrontarli in modo opportuno e talvolta inedito: nel prendersi cura della vita, con una spiccata attenzione alle persone più che alle strutture e mettendo in gioco ogni risorsa umana e spirituale nel costruire armonia, relazioni, pace, solidarietà, dialogo, collaborazione e fraternità, sia nell’ambito dei rapporti interpersonali sia in quello più ampio della vita sociale e culturale, e in particolare della cura dei poveri». Un riconoscimento che, nello stesso tempo, è responsabilità impegnativa.
Vivere la missione non è certo stare seduti ad aspettare: «Il popolo santo di Dio eserciti il servizio materno della misericordia, che tanto aiuta ad incontrare e amare il Signore i popoli che ancora non lo conoscono. La fede infatti è dono di Dio e non frutto di proselitismo; cresce però grazie alla fede e alla carità degli evangelizzatori che sono testimoni di Cristo. Nell’andare per le vie del mondo è richiesto ai discepoli di Gesù quell’amore che non misura, ma che piuttosto tende ad avere verso tutti la stessa misura del Signore; annunciamo il dono più bello e più grande che Lui ci ha fatto: la sua vita e il suo amore». 
Tocca a noi.