Oggi, nell’ambito di una cultura salutistica portata all’estremo, è stata riscoperta l’importanza dei piedi nudi e di muoversi come natura li ha fatti. I frati è da un po’ che vanno a piedi nudi. Ricordiamo poi mons. Sergio Govi, un generoso nostro cappuccino che è stato vescovo in Centrafrica. E infine si racconta di fra Biagio Zecchetto e del suo povero Sulky.

Nazzareno Zanni

 Con o senza sandali

Tra tendenze e scelte salutiste, il modo di camminare dei frati 

Questioni di postura

Il corpo va dalla testa ai piedi. La testa… Come si può farne senza? È l’apice del corpo e quella sfera contiene gli organi di senso più importanti: gli occhi per la vista, gli orecchi per l’udito, il naso per l’odorato, e la bocca per il gusto, ma soprattutto il cervello, un complesso di materia che governa tutto il corpo, nascosto dentro una scatola ossea impenetrabile, ricoperta da capelli per difenderlo dal freddo e dai traumi. I piedi…

Anche di loro non si può fare a meno: posti all’estremità del corpo, ne sopportano tutto il peso, lo trasportano da un punto a un altro e fanno sì che esso rimanga eretto. I piedi sono nudi e tali rimangono per tutta la vita, anche se li ricopriamo con calze, scarpe o qualsiasi altra calzatura.
Oggi, nell’ambito di una cultura salutistica portata all’estremo, è stata riscoperta l’importanza dei piedi nudi e di muoversi come natura li ha fatti. Si è scomodato l’inglese per indicare questa moda: barefooting, che in italiano, facendo ricorso al greco, si traduce con gimnopodismo. Si tratta di un movimento “culturale” che suggerisce di non indossare alcun tipo di calzature. Le calze, le scarpe o i sandali, recitano i sostenitori di questa moda moderna, tolgono sensibilità ai piedi e ne indeboliscono la muscolatura, provocando effetti indesiderati sul nostro modo di camminare e sulla nostra postura, con il risultato di minare i delicati equilibri muscolo-scheletrici del nostro corpo. La presenza di tacchi, più o meno alti, peggiora ulteriormente le cose, alterando la posizione del baricentro del nostro corpo, per cui il suo peso viene spostato verso le dita del piede anziché gravare soprattutto sul tallone. Camminare a piedi nudi a diretto contatto con il suolo farebbe invece ritrovare al nostro corpo il suo naturale equilibrio e sarebbe un salutare massaggio ai piedi, favorendo la traspirazione e la circolazione del sangue nelle estremità più distanti dal cuore, e riattivandone i delicati circuiti nervosi, con la riscoperta del valore del contatto con la Madre Terra e con la consapevolezza del ruolo di tutte le singole dita dei piedi.

 L’invenzione dei sandali

L’uomo preistorico difendeva i propri piedi con fasce di origine vegetale, finché si arrivò all’invenzione di calzature: i sandali. L’inizio della loro storia risale al 3500 a. C. con gli Egizi, che li fabbricavano con foglie di papiro intrecciato, ed erano molto popolari tra le donne dell’antica Grecia con una suola e strisce di cuoio che coprivano le dita, e di uso comune tra i romani, uomini e donne, con suola dotata di semplici striscioline di pelle che passavano tra le dita, a meno che non si trattasse dei sandali dell’imperatrice, che avevano cinturini tempestati di pietre preziose. Dal medioevo in poi l’uso dei sandali decadde per un millennio, perché esporre il piede nudo era ritenuto di cattivo gusto. Assieme alle “pantofole”, ne rimase però traccia come segno di distinzione per i vescovi e i prelati che godevano di particolari privilegi pontifici, esibiti in occasione delle celebrazioni più solenni: erano senza tacco, di seta, chiusi, di colore liturgico, con ornamenti adeguati alla dignità del prelato. Questa prassi è rimasta fino a tempi recenti, per poi scomparire nel clima di una semplificazione della liturgia.
I sandali, calzature essenziali e povere, non erano però scomparsi del tutto, essendo rimasti le esclusive “scarpe” di quasi tutti gli Ordini mendicanti, e consistevano in semplici suole di cuoio allacciate ai piedi con una o due strisce di pelle, senza rifiniture superflue, o addirittura con suola di legno, gli “zoccoli”, questi ultimi più vantaggiosi nel difendere il piede dal freddo del terreno, e come rifiuto della mondanità. San Francesco fece ancora di più: aveva scoperto ben novecento anni prima dell’avvento della moda del gimnopodismo il vantaggio di camminare scalzi, adducendo giustificazioni religiose, non meno importati di quelle salutistiche. Solo in caso di necessità i frati avrebbero potuto portare calzature (Regola bollata II, 15), perché erano per lo più i ricchi ad assicurare ai loro nobili piedi un tale tipo di difesa. Con il passare del tempo, tuttavia, anche tra i francescani la primitiva austerità si andò attenuando e la maggioranza dei frati cominciò a portare abitualmente i sandali, semplici e poveri: andare per il mondo scalzi era una tortura, le strade erano cosparse di sassi pungenti e il freddo del suolo invernale si dimostrava insopportabile anche per i piedi più callosi. A chi voleva intraprendere la vita francescana, fin da quando metteva “piede” nel noviziato, si imponeva l’obbligo di camminare con le estremità inferiori nude, con la sola suola sotto la pianta, costituita da materiale più o meno rigido e duro, di forma piatta, a cui si aggiungevano delle strisce di pelle, o di cuoio più sottile o di stoffa d’abito, per assicurarla al piede. Le prime costituzioni cappuccine al tal riguardo così scrivevano, rifacendosi a San Francesco: «Ordiniamo che chi non può andare scalzo, havendo prima provato, se non può resistere, porti li sandali, come li portavano gli Apostoli e li antichi Padri, ma poveramente quanto più si può, come richiede il loro stato, e che non si porti li tacchi».

 Liberare i piedi dalla prigionia

Pochi anni più tardi le medesime costituzioni così precisavano: «Si ordina anche, che a exemplo di Christo li nostri giovani, et quilli che possano, vadino scalzi, in segno di humiltà, testimonio di povertà, mortificazione di sensualità, et bono exemplo al proximo, et non potendo, secondo la evangelica doctrina, et per imitar li nostri antiqui patri si portino le sole con licenza del prelato. Ma simplice, pure, vile, et povere, senza alchuna curiosità» (Cost. 1536, cap. II). Cent’anni dopo, nelle Costituzioni del 1638 (cap. II, p. 18), allargando un po’ le maglie della severità delle primitive costituzioni, così è scritto: «Secondo l’evangelica dottrina e per imitare i nostri antichi Padri, si potranno portar le suole non essendo calceamento, mà semplici, vili, povere, e senza alcuna curiosità». Facendo un salto di trecentocinquant’anni, il testo riprende esattamente la consueta formulazione, con un’aggiunta, che forse avrebbe l’intento di recuperare l’antica prassi dell’andare a piedi nudi (Cost. 1896, cap. II, 30): «Se alcuni dei frati più giovani, sull’esempio di Cristo Signore, in segno di umiltà, in ragione della povertà, in mortificazione della sensualità, e nell’edificazione del prossimo, vorranno camminare a piedi nudi, vadano con la benedizione del Signore e il permesso del Superiore, tuttavia non fuori di convento, né in chiesa». Questa postilla scomparirà pochi anni dopo con le Costituzioni del 1925 (cap. II, 39). Le ultime Costituzioni, più laconicamente e senza altri fronzoli, eliminano i sandali come oggetto di un paragrafo a sé stante, inserendoli tra gli elementi tradizionali dell’aspetto esteriore del cappuccino del secolo XXI: «Secondo la Regola e l’uso dell’Ordine, il nostro abito consiste nella tonaca di color castano con il cappuccio, del cingolo e dei sandali o, per giusto motivo, delle scarpe [calceamentis]» (Cost. 2013, cap. II, 35.2).
L’industria calzaturiera un secolo fa, per merito di uno stilista italiano, ha riscoperto i sandali per le donne, che da quel momento sono divenuti segno di distinzione e di eleganza, ritenuti la più civettuola delle calzature, consentendo più di tutte di mettere in risalto la sensualità del piede come arma di seduzione. Solo in seguito gli uomini hanno cominciato ad apprezzare per i loro piedi queste calzature aperte, pur meno appariscenti ed eleganti delle scarpe, riservandoli per lo più esclusivamente alla stagione più calda. Anche i frati dei nostri tempi hanno ammodernato i loro sandali, un tempo costruiti a mano con ogni materiale di fortuna che si poteva trovare. Oggi ricorrono al mercato, che offre sandali anatomici, più confortevoli, ma meno resistenti e da cambiare più spesso, perché le leggi economiche obbediscono al principio che qualsiasi cosa non deve durare in eterno, e sandali mal ridotti o maleodoranti possono creare disagio in chi li porta e in chi li vede. A parte i modelli più eleganti, come quelli femminili, i sandali venduti nei negozi vengono ancora definiti popolarmente sandali dei frati, perché sono stati i loro piedi per lunghi secoli a mantenerne vivo il ricordo e l’uso. Essenziali sì, ma che da una parte hanno liberato i piedi da una prigione, quali le scarpe, dall’altra permettono loro di respirare… a pieni polmoni, come si prefigge la moda del gimnopodismo.