Contenuto, contenitore, cognizione, cognitivo, esperienza... Ad oggi un’integrazione obbligata tra questi termini sembra necessaria, se vogliamo tornare a formare ragazzi costruttori di pace. Nascono così i progetti didattici realizzati dalla Cooperativa Fratelli è Possibile, dove il valore è a servizio di mente e cuore.

Chiara Gatti

Addestra il lupo ch’è in te

Progetti didattici per volgere in positivo le situazioni di conflitto

dell’Equipe Mediazione della Cooperativa Fratelli è Possibile

Il tema trasversale del conflitto

Se da molte parti l’offerta formativa oggi è sempre più incentrata sull’educazione scientifica, la scrittura, l’apprendimento linguistico, la cura dell’ambiente, fino allo sviluppo delle capacità relazionali e la valorizzazione delle differenze, rimane fondamentale, in un clima pluridisciplinare già molto ricco, continuare a porre il focus su un’educazione alla crescita della persona concepita nella sua integralità.
Inoltre si può considerare davvero vasta la “selva” di progetti didattici che un dirigente scolastico deve, unitamente al proprio Consiglio d’Istituto, vagliare come percorsi individuali da inserire all’interno del POF (Piano dell’Offerta Formativa). Perché un servizio di Mediazione Sociale dovrebbe dunque occuparsi di progetti didattici?
Quale nesso lega la pratica della mediazione del conflitto promossa da un servizio di sportello attivo presso la pubblica amministrazione, e un’attività formativa didattica? Come Cooperativa Sociale Francescana “Fratelli è Possibile” ci occupiamo ormai da tempo di formazione intesa come cura delle relazioni e prevenzione del disagio che può nascere da una “cultura violenta delle relazioni”, che si vive già in età prescolare e scolare, come modalità latente di approcciare le relazioni.
La mentalità diffusa, che considera il conflitto come un’incrinatura insanabile, diviene spesso patrimonio comune all’educazione più spicciola che si trasmette sia come realtà familiare che come realtà scolastica. Scoprire nel conflitto un’autentica risorsa e una possibilità nuova di creare relazioni può divenire realmente proposta educativa da rivolgere agli studenti come pure ai docenti ed ai genitori: l’intera comunità educante può beneficiare di quest’ottica diversa, chiave d’accesso ad una migliore e diversa reciprocità tra ruoli ed età diverse. Il conflitto è un tema trasversale ad ogni età e ad ogni profilo umano e sociale.
La nostra scuola oggi, universalmente in crisi per svariati e troppo noti motivi (dai tagli dell’economia in questo settore alle riforme inerenti alla carriera dei professori, alla ristrutturazione dei vari livelli di ogni ordine e grado), è, a nostro avviso, afflitta da un’idea dell’apprendimento inteso soprattutto come conquista cognitiva.

Contattare le proprie parti emotive

In realtà l’istituzione scolastica dovrebbe realmente essere l’ambiente che predispone condizioni emotive e fisiche per sostenere la motivazione all’apprendimento, un movimento del “mondo interno”, secondo il criterio del gusto dell’esperienza. Questo perché l’istituzione scolastica è la rete relazionale che “disillude”, ossia che permette l’incontro con una realtà a volte limitata e fallibile. Inoltre essa è la “mente emozionale e razionale” di adulti che orientano e gestiscono i movimenti di crescita dei ragazzi, individuando gli ambiti in cui possono essere espressi, dando i limiti e prevedendo l’alternanza tra momenti di impegno-fatica e momenti di gioco-ricreazione. Nella pratica, di fatto, molto spesso si riduce l’atto educativo a un puro processo cognitivo che può risultare assai dannoso. Escludere la riscoperta di una dimensione affettiva può causare anche difficoltà e blocchi all’apprendimento stesso, che, qualora non ne subisca apparenti danni, in ogni caso si fonda su uno squilibrio di sviluppo tra le componenti evolutive della persona stessa. Riuscire a contattare le proprie parti emotive, aver l’accesso anche alla loro comprensione, facilita soprattutto un risanamento della relazione educativa (alunno-docente) e spesso libera spazi di creatività nuova non solo nell’alunno che impara, ma frequentemente anche nello stimolo professionale che muove positivamente il docente stesso.
Il conflitto è la migliore cartina di tornasole per conoscere le proprie emozioni, per contattarle, per incontrarle e far pace con loro. Prendendo spunto da alcune considerazioni della pedagogista Loredana Perla, si può pensare ad una “educazione alle emozioni” entro un quadro di valori che fungano da “timone” per l’azione, delineando finalità e obiettivi specifici che tengano conto dei bisogni emotivi espliciti e latenti di coloro che crescono, per orientare infine il progetto stesso verso una specifica direzione morale. Significa anche andare oltre, guidando il bambino/ragazzo che cresce verso un traguardo di competenza sentimentale, fatta di un riconoscimento dell’emozione, ma anche di un suo controllo cognitivo, sapendo valutare quest’ultima, dandole un senso e imparando a emozionarsi per ciò che è davvero importante.
Alcuni pedagogisti parlano dei ragazzi di oggi come figli di una pedagogia dell’inesistenza - dove l’inesistente è la figura paterna, l’istituzione autorevole, l’adulto significativo - che trasforma i ragazzi in adulti opachi, indifferenti, anaffettivi. Senza voler offrire facili soluzioni a troppo difficili problemi, poniamo solo l’attenzione su come un riequilibrio tra affetti, pensieri e valori sia a volte la “vecchia ricetta” che ricompone l’individuo, interagendo a tutti i livelli.

Una proposta in controtendenza

Sulla base di una lunga esperienza, arricchita dallo stile e dai valori francescani, offriamo una proposta in controtendenza positiva anche in campo didattico ed educativo. Progetti improntati alla riscoperta, ad esempio, dell’aggressività intesa come iniziale spinta positiva, della diversità come valore fondante, del valore “amicizia” come molla del conoscere: sono strumenti che aiutano a comunicare ai ragazzi la possibilità di vivere dimensioni di confronto nuove, non solo in ambito scolastico ma in ogni settore della loro vita.
La figura di Francesco d’Assisi, grande maestro di vita relazionale e di sapienti dinamiche di gruppo, risulta essere ancora oggi una guida ideale e un supporto allo sviluppo di una formazione attiva ed esperienziale, molto più assimilabile dai ragazzi, intercettati anche su un piano affettivo. Inoltre Francesco, uomo che per eccellenza ha saputo contattare tutte le parti della sua persona (componente cognitiva, affettiva e spirituale), può risultare ancora molto vicino al mondo di un bambino, di un preadolescente e perfino di un adolescente.