Europa, che cosa ti è successo? 

di Dino Dozzi
Direttore di MC

 E' stato un discorso profetico, forte, severo e insieme paterno, amorevole, incoraggiante quello che papa Francesco ha pronunciato il 6 maggio 2016 di fronte ai rappresentanti dell’Europa, venuti a consegnargli il premio “Carlo Magno”. L’impressione è stata proprio di un papà che ha accolto con riconoscenza un regalo dei figli, ma che non si è lasciato sfuggire l’occasione per dire loro cose molto importanti, ricambiando così il regalo.
Non ha polemicamente tirato loro le orecchie per aver rifiutato con atteggiamenti tipicamente adolescenziali le radici cristiane dell’Europa, ma con delicatezza e chiarezza li ha presi per mano per ripercorrere con loro le grandi tappe della storia di questa famiglia di popoli, spesso orgogliosamente litigiosi e drammaticamente contrapposti, ma con una chiara vocazione culturale e spirituale comune. Il passato lo si può rileggere in tanti modi: nelle parole di papa Francesco c’è un’ermeneutica di misericordia, di rispetto, di umanità, non di trionfalismo o di vendetta: sarebbe “colonialismo”, ha detto poi nell’intervista a la Croix.
Quello che l’Europa ha fatto nei secoli passati deve continuare a farlo per essere se stessa, con un’identità dinamica e multiculturale, capace in ogni periodo di rinnovarsi e di rinascere: rinascimento, renaissance sono parole importanti legate al DNA di questo continente. I tre verbi che hanno reso e che renderanno possibile anche in futuro il rinnovamento continuo di questa famiglia di popoli sono: integrare, dialogare, generare. Quelle “invasioni barbariche” che sembravano decretare la fine della cultura romana, della civiltà occidentale e della religione cristiana, divennero occasione provvidenziale di rinascita, di nuove sintesi, di nuova vita sotto tutti gli aspetti. Fu e sarà l’integrazione di nuovi popoli a permettere la generazione di futuro. Papa Gregorio non per nulla è chiamato “Magno”: negoziò, dialogò, contribuì fortemente all’integrazione di questi cosiddetti “barbari” e fu la salvezza per tutti. Quanti parallelismi con la situazione di oggi, con le nostre popolazioni invecchiate e stanche, bisognose di essere rivitalizzate!
La chiusura uccide, l’apertura genera. Papa Francesco invita l’Europa a tornare ad essere madre generativa. La paura della diversità e il rifiuto dell’incontro con il diverso rendono più poveri e sterili, portano alla morte. La vita nasce sempre dall’incontro, dall’accoglienza e dalla sintesi di realtà diverse. I muri e i fili spinati, oltre che ridicolmente inutili, servono solo a manifestare e ad accrescere la paura dell’altro. Sono l’incontro e il confronto che arricchiscono, rinnovano, rigenerano.
Incalzanti e struggenti quelle domande dirette: «Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?».
Madre: ecco come papa Francesco vede l’Europa; una madre attenta a tutti i suoi figli e capace di allargare le braccia per accoglierne anche altri che hanno perduto la loro madre naturale, anche per nostre responsabilità. Nell’intervista a la Croix papa Francesco denuncia con forza le responsabilità europee nel problema delle migrazioni dall’Africa, che noi abbiamo ridotto alla fame e che continuiamo a sfruttare non investendo in quei Paesi ma anzi vendendo armi per le loro-nostre guerre.
Paura dell’islam e del suo spirito di conquista? E la finale del vangelo di Matteo con il comando di Gesù di andare in tutto il mondo a convertire e battezzare non potrebbe essere interpretata allo stesso modo? Chi dice questo è papa Francesco sempre in quell’intervista a la Croix ripresa da L’Osservatore Romano. È necessaria un po’ di sana e onesta autocritica; è opportuno fermarsi ad ascoltare ciò che gli altri pensano di noi. Conviene interrogarsi seriamente sul modo improprio con cui spesso mescoliamo missionarietà e colonialismo, sul modo superficiale e interessato con cui esportiamo troppo rapidamente modelli di democrazia occidentale in altri Paesi. Bisogna abbandonare lo spirito delle Crociate: “Uno Stato deve essere laico. Gli Stati confessionali finiscono male”. Anche se laicità vera è quella che sa rispettare la libertà di ognuno di esteriorizzare la propria fede.
Ce n’è davvero per tutti. Conviene pensarci bene prima di dare premi a papa Francesco o prima di chiedergli un’intervista o prima di invitarlo ad aprire l’Assemblea della CEI.