Valorizzare nella Chiesa il carisma delle donne
di Dino Dozzi
Direttore di MC
Soldi, donne e motori pare siano gli argomenti capaci di attirare subito l’attenzione di un pubblico soprattutto maschile. Soldi non ne ho, di motori non m’intendo, parliamo di donne. Sperando che tra i lettori ci sia anche qualche uomo. O qualche donna interessata alle faccende di genere. Parliamo delle donne nella Chiesa, dove costituiscono chiaramente la maggioranza assoluta, ma dove raramente ricoprono ruoli decisionali. Basta assistere ad una qualsiasi liturgia per rendersi conto in modo evidente e sconfortante - scriveva recentemente Lucetta Scaraffia - del ruolo marginale riservato alle donne: la Chiesa è clericale.
Papa Francesco ricorda spesso sua nonna che gli ha dato la prima educazione cristiana; quando parla delle donne, lo fa con stima, ammirazione e riconoscenza; ma per ora sembra avere alcune altre priorità di riforma che gli richiedono più tempo e più impegno del previsto. Ma speriamo che riesca a porre mano anche al ruolo delle donne nella Chiesa. Intanto l’ha messo nel suo programma pastorale, la Evangelii gaudium: «Vedo con piacere come molte donne condividono responsabilità pastorali insieme con i sacerdoti, danno il loro contributo per l’accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi ed offrono nuovi apporti alla riflessione teologica. Ma c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa» (EG 103). E ha ripreso il tema con chiarezza nell’Esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia.
Cristina Simonelli, presidente del Coordinamento delle teologhe italiane e docente di Teologia patristica alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, dice che «la Chiesa si sta svegliando da un lungo sonno: non è ormai più possibile pensare l’orizzonte cristiano senza le donne e senza nominarle. Ma il sonno è durato tanto e sono accadute tante cose». Non è che ora si possa parlare di una teologia a cui manca semplicemente una parte femminile. Prima di tutto perché non c’è una sola teologia, ma diverse teologie; e poi perché non c’è una filosofia/teologia perenne, immutabile, al disopra della storia, delle culture. Papa Francesco lo dice con tutta chiarezza: «Non possiamo pretendere che tutti i popoli di tutti i continenti, nell’esprimere la fede cristiana, imitino le modalità adottate dai popoli europei in un determinato momento della storia, perché la fede non può chiudersi dentro i confini della comprensione e dell’espressione di una cultura particolare» (EG 118).
Ancor più evidente è che ogni teologia, per essere completa, dove essere elaborata da uomini e da donne, ha bisogno dello sguardo maschile e di quello femminile: due elaborazioni, due sguardi, due sensibilità che si integrano a vicenda, perché sono complementari. La teologia, la spiritualità, la vita della Chiesa e dunque anche dell’umanità, hanno solo da guadagnarci da questa integrazione. Ma il cammino è lungo e si stanno facendo solo i primi passi in questa direzione. Ci sono difficoltà pratiche di accesso all’intero lunghissimo iter di formazione teologica e c’è poi la precarietà economica della docenza. L’atavica discriminazione di genere è particolarmente evidente e difficile da superare soprattutto nel campo ecclesiastico. Siamo di fronte ad un circolo vizioso: ci sono poche teologhe e bibliste perché arrivare ad avere i titoli per l’insegnamento accademico richiede un investimento di tempo e di denaro improponibile, e ci sono poche docenti nelle facoltà teologiche e poche studiose perché «theologia non dat panem».
Passando poi dalla teologia alla pastorale, la discriminazione non diminuisce certamente. Alle donne vengono affidati la pulizia della chiesa, il catechismo ai bambini, la visita ai malati, la distribuzione del pacco viveri ai poveri e a volte della comunione. Viene garantita una piccola quota rosa nei consigli parrocchiali e diocesani, ma il paolino «mulieres taceant in ecclesia» è uno dei consigli biblici presi molto seriamente, a scapito di altri forse più importanti.
Sulla carta si incomincia a leggere che sinodalità è sinonimo di Chiesa. È il camminare insieme di papa, vescovi, sacerdoti, religiosi, laici che fa la Chiesa; ma, prima ancora, è il camminare insieme nella fede di uomini e donne che fa la Chiesa. Papa Francesco esorta con forza al coraggio di scelte nuove, abbandonando «il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”». Invita «tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità» (EG 33). E, per dare un piccolo esempio, ha permesso che nella liturgia del giovedì santo il celebrante possa lavare i piedi anche delle donne, dopo che da sempre le donne lavano i piedi agli uomini.