Beati i perseguitati

La preghiera e la memoria degli antenati osteggiati rafforzano la fede contro le persecuzioni 

di Georges Abou Khazen
vicario apostolico di Aleppo


Il seme del cristianesimo

«Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia» (Mt 5,11). La storia dei cristiani nel Medio Oriente è una storia di persecuzione!


La prima persecuzione avvenne a Gerusalemme, e i discepoli allargarono il loro campo d’azione nell’annuncio del vangelo. Seguirà la persecuzione nei primi tre secoli in tutto l’impero romano, dove il sangue dei martiri veniva considerato il seme del cristianesimo.
Nel quarto secolo, quando la Chiesa conobbe un periodo di pace, purtroppo in Oriente incominciarono le dispute cristologiche e le divisioni. Queste dispute non causarono solo separazioni e divisioni nella Chiesa, ma furono causa e pretesto di persecuzioni contro i gruppi che non condividevano la dottrina della Chiesa ufficiale. Questi gruppi o chiese separate si sono difese scappando dall’impero bizantino nelle regioni più orientali confinanti con l’impero persiano o nella penisola araba. In questo periodo ci furono molti che persero la vita a causa del loro credo: molti di questi erano monaci.
Nel settimo secolo ci fu l’invasione musulmana di tutta la penisola araba e di tutte le regioni del Medio Oriente, compreso l’Egitto. E quindi un nuovo periodo di persecuzione che continua fino ad oggi. Questa persecuzione verso i cristiani ha preso varie forme: pagare la tassa speciale esatta solo dai non musulmani; non poter occupare uffici pubblici; in certi periodi dover indossare un abito particolare per essere distinti; non poter cavalcare un cavallo ma solo un somaro senza sella; subire la distruzione dei luoghi di culto con la proibizione di costruirne dei nuovi; obbligo di divenire musulmani pena la morte o l’esilio; vedere confiscati i propri beni e distrutti i propri campi.
La persecuzione aumentava durante o dopo le guerre con l’occidente, che i musulmani consideravano cristiano e quindi si vendicavano sui cristiani locali. Purtroppo queste forme di persecuzione ed altre più violente vengono praticate oggi da Isis in Iraq e in Siria nelle regioni sotto il suo controllo, ed assistiamo allo svuotamento di complete regioni della componente cristiana come nella Mesopotamia siriana.
Come risponde un cristiano alla persecuzione? Le reazioni sono diverse. Cercano di fuggire e salvare la famiglia dal pericolo imminente: sono disposti a rinunciare a tutto anche alla propria vita, ma non alla loro fede. Molti hanno visto le loro case distrutte davanti ai loro occhi, e depredate dei loro beni. I cristiani del Medio Oriente sono nipoti e figli di martiri: tradire la fede è tradire i loro padri e sono molto attenti a non perdere questa preziosa perla ereditata dai loro antenati e che hanno conservato con tanti sacrifici. Rinunciare alla propria fede è rinunciare al proprio onore! E ci tengono e non perdere quest’onore!
La memoria cristiana e storica è molto viva, perché abbiamo ancora tra di noi i figli di molti sopravvissuti alla persecuzione, che hanno sentito raccontare gli avvenimenti dai loro genitori e parenti, e abbiamo molti nipoti diretti di martiri salvati dai parenti o vicini di casa e che hanno raccontato tutti i dettagli del martirio dei loro congiunti! Questi martiri e confessori della fede sono oggetto di vanto e venerazione, le loro foto sono ancora appese alle pareti delle loro case ed appartamenti: come si fa a tradirli?

 Come vergini in attesa dello sposo

Un vecchio nostro frate, padre Pasquale Castellana, mi ha raccontato questa storia sentita dalla viva voce di una sopravvissuta ai massacri degli armeni cristiani in Turchia nel 1915: «Eravamo in casa nel nostro paesino in Cilicia (Turchia) mia mamma vedova
e noi cinque sorelle; nostro padre era stato preso e ammazzato qualche mese prima in un paese vicino. Una sera la mamma ha saputo che queste bande che ammazzavano i cristiani si stavano avvicinando: ha riunito noi cinque sorelle e ci ha detto: “Domani mattina viene lo Sposo, prepariamoci!”. Ci ha fatto fare il bagno, ci ha fatto indossare i vestiti più belli che avevamo e ci ha preparato una buona cena. Finita la cena ci ha detto: “Lo Sposo non si aspetta dormendo ma vegliando!”. Ed abbiamo passato tutta la notte in preghiera! All’alba sono arrivate queste bande: hanno bruciato il villaggio e ammazzato la gente tra cui la mamma e le mie sorelle; io sono rimasta ferita ma salva». 

Il sacrario da tutelare

Una donna che abita a Bab Touma, un quartiere della vecchia città di Damasco, quartiere che ha visto nel 1860 il martirio di otto frati francescani, il beato Emanuel Ruiz e compagni, ed il martirio di quindicimila cristiani, mi ha detto: «Io, come molta altra gente, quando cammino per queste strade mi sento in un luogo sacro e sempre cammino pregando».
Nel 2015, in occasione del primo centenario del genocidio armeno, la Chiesa armena ha riconosciuto la santità di un milione e mezzo di vittime di questo genocidio, e decine di migliaia di questi hanno trovato la morte per le strade della Siria. Dopo questa dichiarazione della loro santità, uno ha commentato: «Ora tutta la Siria è un reliquiario! Si può forse dissacrare questo reliquiario?».
San Paolo è stato convertito alle porte di Damasco, i discepoli sono stati chiamati cristiani per la prima volta ad Antiochia, capitale della Siria di allora, ed i cristiani sono molto fieri di avere dato il nome a un miliardo e mezzo di cristiani nel mondo. Credete che siano disposti a rinunciare a questo nome? Pregano per la conversione di qualche altro persecutore come san Paolo e pregano che il cristianesimo non scompaia dal paese dove ha avuto il nome!