Ricordando padre Benedetto Camellini

Magreta di Formigine (MO), 23 luglio 1927

† Reggio Emilia, 20 marzo 2016

 Per trent’anni viceparroco al Trullo, poi a Sassuolo: generoso e intraprendente

I suoi ultimi anni sono stati vissuti in punta di piedi, quasi un volo planato sempre più distante dalla terra fino a scomparire al nostro sguardo, per entrare negli occhi di Dio.

Vide sorgere la sua vocazione a Magreta, quasi certamente per l’esempio di umili fratelli laici che, provenienti dai conventi vicini, questuavano in quella zona agricola, e forse anche per le incisive parole di predicatori cappuccini. Così, già dodicenne, fece il suo ingresso nei seminari serafici di San Martino in Rio e di Scandiano, per poi essere ammesso il 16 ottobre 1944 al noviziato di Fidenza con il nome di Benedetto da Magreta. Dopo gli studi filosofici a Fidenza (1945-46) e a Piacenza (1946-48), il 29 giugno1949 emise la professione perpetua e, al termine dello studio della teologia a Reggio Emilia (1948-1952), fu ordinato sacerdote il 29 marzo 1952.

 Tra i giovani al Trullo di Roma

Dopo una sosta momentanea nel convento di Fidenza, fu subito destinato come vice-parroco nel novembre dello stesso anno al convento della borgata del Trullo a Roma, prima gestito dai cappuccini della provincia di Bologna, e che poi sarebbe divenuto parrocchia.
Arrivarono praticamente insieme il parroco padre Celso Serri da Migliara, della provincia parmense e padre Benedetto, sacerdote novello, come viceparroco, che si prese cura dell’assistenza dei giovani, dell’Azione Cattolica e degli scout, mai risparmiando le forze che gli consentiva la giovinezza. Contemporaneamente si prestò anche all’insegnamento di religione in scuole pubbliche, avvicinando giovani anche di altri quartieri di Roma. Nell’ambito delle attività sportive e sociali, si deve a lui e a padre Celso, con cui costituiva un binomio affiatato e fenomenale, la fondazione dell’unione sportiva San Raffaele basket, e la costruzione di un campo sportivo, di una palestra e di un teatro capace di cinquecento posti.

 Visite di due papi al Trullo

Il 25 dicembre, giorno di Natale, del 1964, papa Paolo VI si portò nella chiesa di San Raffaele, ancora in costruzione, per celebrare la messa dell’aurora del Natale quale espressione di scelta degli ultimi, e in quell’occasione così disse nell’omelia, riferendosi alla realtà di una borgata considerata come periferia insignificante, estranea al più nobile contesto urbano: «Chi sono stati i primi a incontrare Gesù? I primi sono (stati) gli uomini semplici, comuni, il popolo. Guardate che anche ora i primi a essere chiamati siete voi. Voi avete forse l’impressione di essere fuori della città, fuori della società, di essere un po’ in disparte, di non avere un posto eguale agli altri, di essere obbligati a tante cose pesanti: lavorare con fatica, preoccuparsi per la casa e per altre necessità. Ebbene voi, proprio perché siete in queste condizioni difficili e non avete un posto distinto nella società, e non avete chi si curi di voi quanto meritereste e vorreste, ricordate: siete da Cristo i più amati, i preferiti. Gesù è venuto proprio per voi; siete i privilegiati, quelli che davvero possono avvicinarlo di più; siete gli invitati; avete il primo posto nel Regno di Dio».
L’11 novembre 1979, a quindici anni dalla venuta di Paolo VI, di nuovo la messa di un papa, Giovanni Paolo II, nella chiesa del Trullo, in una delle sue prime visite alle parrocchie romane. E in quell’occasione così si rivolse alla comunità parrocchiale: «Figli carissimi, il papa è qui, oggi, con voi per dirvi che anch’egli è affezionato alla vostra borgata: essa ha un posto nel suo cuore. (…) Saluto il parroco, padre Celso Serri, che pure ha festeggiato il suo 25° di ministero pastorale tra voi; e con lui saluto i confratelli che lo coadiuvano, donando generosamente le loro energie per assicurare il servizio religioso alla comunità. E tra i confratelli come non ricordare in particolare padre Benedetto Camellini presente tra voi fino dai primi mesi della parrocchia? (...) I giovani cerchino in questa parrocchia l’appoggio ai loro ideali e si impegnino ad animarla con la loro nuova vita, con la loro testimonianza, con la prontezza a servire Dio e gli uomini».
Le due visite sono rimaste indelebili nella storia della comunità parrocchiale del Trullo, che oggi rimane in attesa della visita di papa Francesco, sensibile alle istanze degli ultimi, quantunque la borgata del Trullo sia ormai bene integrata nel contesto sociale della città di Roma.

In mezzo ai giovani fin quasi alla fine

Nel 1981, padre Benedetto fu richiamato in provincia, con destinazione Sassuolo, come vice-parroco della parrocchia di Sant’Antonio di Padova, accettata dalla provincia parmense l’anno precedente. I superiori erano convinti che la sua presenza avrebbe dato una forte impulso alla pastorale in quel luogo. Ma inizialmente non fu così. Per padre Benedetto fu un duro colpo lasciare il Trullo, tanto da impiegare ben un anno per superare quella sofferenza per lui così drammatica. Ma poi si riprese e si rimboccò le maniche con rinnovato entusiasmo, favorendo la costituzione di un coro parrocchiale, curando la pastorale giovanile nel Ricreatorio San Francesco e continuando pure il lavoro dell’insegnamento presso la scuola statale “don Elio Monari” di Sassuolo fino al raggiungimento della pensione (1990). Con l’anno successivo padre Benedetto andò incontro a vari spostamenti e a ruoli diversi: dapprima a Pavullo nel Frignano (Mo) come sacrista nel 1991, poi come guardiano e viceparroco (1993) a Fidenza, dove divenne tre anni dopo parroco. Infine, nel 2012, fu destinato al convento di Piacenza, ma le sue condizioni di salute, che cominciavano a far vedere delle crepe consistenti, lo consigliarono di entrare nell’infermeria provinciale di Reggio Emilia, da dove non si è più mosso.
Gli ultimi anni sono stati di un silenzio gradualmente totale, come anticipando il suo colloquio con il Signore. È spirato nel tardo pomeriggio di domenica 20 marzo, come accompagnando il tramonto del sole di questa tiepida primavera.
Un confratello generoso, pieno di vitalità e fedele alla sua vocazione padre Benedetto, che ha avuto tanti amici sinceri, i quali non hanno mai mancato di manifestargli il loro affetto e il loro apprezzamento, e di partecipare alle sue esequie, riconoscendo in lui un sacerdote e un frate che ha dato tutto se stesso per il bene delle comunità ecclesiali in cui si è venuto a trovare. Riposa ora nel cimitero di Corlo.