Il percorso di “In missione” di questo numero fa tappa in Georgia, in Italia, in Etiopia e, di sfuggita, in Kenya: il 19 marzo 2013, dopo 168 anni dalla cacciata, riprendeva il cammino dei cappuccini in Georgia, come ci racconta fra Filippo; nel dicembre scorso a Imola sono stati inaugurati i locali ristrutturati e messi a norma del mercatino missionario, per diventare sempre più una Casa di accoglienza per tutti i popoli, come ci ricorda fra Nicola e, infine, facciamo un salto in Africa, dove Eleonora, novizia Ancella dei Poveri, da un anno ha intrapreso il suo cammino missionario

Saverio Orselli

 Posare le fondamenta della fede

L’attività dei Cappuccini in Georgia in un clima ecumenico impegnativo 

di Filippo Aliani
missionario cappuccino in Georgia

 Qualche idea per cominciare

Da quando siamo arrivati in Georgia - il 19 marzo 2013 - stiamo cercando di impostare le varie realtà che caratterizzano la vita di una parrocchia, come i gruppi di catechesi per bambini, giovani, famiglie e la pastorale degli ammalati e degli anziani.

È una cosa impegnativa anche perché questo tipo di impostazione non è propria della mentalità bizantina, attenta solo ai sacramenti. Abbiamo la chiesa parrocchiale, una bella chiesa georgiana del XIII secolo anche se quasi completamente ristrutturata nel 2012, ma un po’ scomoda per la gente, perché si trova sulla collina che domina la città. A fianco della chiesa c’è il monastero delle suore benedettine di clausura. Noi abitiamo nel centro della città, dove abbiamo una cappella in cui celebriamo varie volte durante la settimana, per favorire l’afflusso della gente e soprattutto degli anziani.
Al momento, siamo partiti con l’attività di oratorio che consiste in una catechesi biblica, in giochi e attività manuali. Siamo riusciti a farci conoscere in estate, quando con un gruppo di giovani italiani abbiamo organizzato un campo giochi a cui, inaspettatamente, vi è stata una grande partecipazione, al punto che siamo arrivati a più di 70 ragazzini, con 7 animatori locali. Da allora ogni sabato si fa l’oratorio; inoltre, attraverso corsi di chitarra e italiano anche durante la settimana, è iniziato il giro di ragazzini. Questa esperienza è stata importante per vari motivi. Innanzitutto per l’entusiasmo: essendo minoranza, si soffre un po’ un complesso di inferiorità e di impossibilità di coinvolgimento. I ragazzini che partecipano sono cattolici (pochi), ortodossi e armeni (la maggioranza), anche se poi molti di loro non sono neanche battezzati, oltre a essere abbastanza lontani da una vita di fede, a causa di una diffusa indifferenza delle famiglie e dello stile di vita, che sicuramente non aiuta. Stiamo cercando quindi di farci conoscere e avvicinare il più possibile ragazzi e, conseguentemente, le loro famiglie, anche perché c’è un grande interesse da parte delle madri nei confronti delle attività a cui partecipano i figli. 

La relazione con giovani ed anziani

Abbiamo iniziato anche con i giovani a fare incontri settimanali di formazione: sono pochini, sette o otto, ma è importante aiutarli a fare gruppo e sostenerli nella fede. Anche perché c’è la tendenza, col passare del tempo, a perdere l’appartenenza alla chiesa cattolica essendo discriminati sia a scuola sia sul lavoro. Perciò o si riesce a creare una identità forte o pian piano si mimetizzano per sopravvivere. Per loro un momento critico è quello del matrimonio perché, essendo la maggioranza ortodossa, i matrimoni sono misti e, se si sposano nella chiesa ortodossa, i cattolici vengono ribattezzati, come richiesto dalla chiesa ortodossa in Georgia. Questo rappresenta naturalmente un momento di rottura o di difficoltà con la nostra chiesa.
Presto inizieremo il catechismo dei bambini, dopo aver rivisto gli strumenti per la catechesi e formato un paio di catechisti. Con altre parrocchie della zona stiamo cercando di organizzare corsi per animatori e catechisti, per formarli e dar loro gli strumenti necessari per svolgere questo servizio.
Infine c’è la visita ad alcuni malati e anziani. La loro situazione è generalmente la più difficile, perché alcuni non hanno una famiglia alle spalle, essendo i figli emigrati: sono soli e con una pensione bassissima (150 lari = 60 Euro). Sono forse la fascia che maggiormente soffre la crisi economica. Diamo loro qualche piccolo aiuto alimentare, per le medicine, per la legna... e la visita con un po’ di preghiera.
Il termine ecumenismo qui è un parolone. Noi cattolici siamo considerati una setta, siamo eretici, scismatici e quindi c’è, da parte del clero ortodosso, una “discreta” opposizione (pensate solo alla pratica di ribattezzare un cattolico!). La gente comune invece non ha questi problemi e forse non capisce tanto il motivo della differenza. È per questa situazione che, nelle attività coi ragazzi, stiamo molto attenti e le stesse catechesi che proponiamo sono di tipo biblico, senza insistere sulla divisione tra ortodossi e cattolici, ma cercando di parlare di Cristo e di fede, invitando poi ognuno ad andare nella propria chiesa di appartenenza. Rispettarci e sentirci fratelli: questo è il nostro lavoro ecumenico, anche nei confronti della chiesa armena apostolica, con la quale ci sono rapporti più tranquilli. Per il resto, in Georgia, ci sono alcune attività ecumeniche a Tbilisi, organizzate dalla Diocesi insieme col Patriarcato, anche se si tratta di piccole iniziative, un po’ marginali.
La gente è comunque accogliente e rispettosa nei nostri confronti, anche perché ci vedono come monaci e qui c’è grande rispetto per i consacrati.