Masticare le parole del Signore

Francesco ci invita a ritrovare la via della vita attraverso uno stile relazionale 

di Chiara Francesca Lacchini
madre badessa del monastero delle clarisse di Fabriano

 
Misericordiare

Tra le lettere di Francesco discreta attenzione in tempi più o meno recenti ha avuto la Lettera ai fedeli, nella sua duplice redazione, che qualcuno ha ipotizzato essere una sorta di testamento spirituale agli uomini e alle donne del movimento penitenziale del tempo.


«A tutti i cristiani, religiosi, chierici e laici, uomini e donne, a tutti gli abitanti del mondo intero, frate Francesco, loro servo e suddito, ossequio rispettoso, pace vera dal cielo e sincera carità nel Signore» (Lettera ai fedeli 1-3: FF 179-180).
L’incipit della Lettera rispecchia da vicino quell’appassionato annuncio della salvezza e della penitenza in remissione dei peccati, che fece subito di Francesco un punto di riferimento e una guida per innumerevoli cristiani di ogni ceto e condizione, e vi possiamo ravvisare una sorta di sintesi che Francesco fa del grande mistero di grazia della vita cristiana.
«Poiché sono servo di tutti, sono tenuto a servire tutti e ad amministrare le fragranti parole del mio Signore. E perciò considerando che non posso visitare personalmente i singoli, a causa della infermità e della debolezza del mio corpo, mi sono proposto di riferire a voi, mediante la presente lettera e messaggio, le parole del Signore nostro Gesù Cristo, che è il Verbo del Padre, e le Parole dello Spirito Santo, che sono spirito e vita» (Lf 1-3).
Francesco è ammalato per l’aggravarsi di quei disturbi che, mentre era in viaggio verso l’Oriente, avevano frenato i suoi spostamenti apostolici. Tuttavia l’infermità non gli impedisce di sentirsi ancora e sempre chiamato ad annunciare la Parola. Soprattutto non gli impedisce di evangelizzare a partire dalla esperienza di evangelica conversione che ha fatto all’inizio del suo percorso e che ha impresso nella sua vita la consapevolezza di essere servo e suddito di ogni creatura, ma non per questo inutile al messaggio della bellezza della vita.
Il punto di partenza e, se vogliamo, il motore per questo viaggio che segue le strade della vita è, per Francesco, il facere misericordiam, il modo in cui egli declina il verbo amare nella sua storia personale di salvezza, il modo in cui fa suo l’invito oggettivo del vangelo alla conversione, il modo in cui egli attua nella storia questo atteggiamento di “misericordiare”, secondo una espressione di recente uso.

Ossequio, pace e carità

Ossequio rispettoso, pace vera dal cielo e sincera carità nel Signore è l’augurio di chi, pacificato e amato nella sua esperienza di umanità ferita, sa che rispetto, pace e carità sono il presupposto fondamentale perché ogni uomo viva e sia felice.
Ossequio rispettoso, pace vera e sincera carità: quasi le armi per affrontare il viaggio dell’esodo dalla schiavitù alla libertà, dall’amaro del peccato alla dolcezza della misericordia, dal disprezzo di sé all’avere nel cuore gli stessi sentimenti del Figlio.
Una lettera indirizzata a tutti i fedeli dice la convinzione di Francesco che “uscire dal mondo “non corrisponde necessariamente ad entrare in una struttura ma ad abbracciare la creazione e il mondo con una modalità diversa, e che la spinta ad ogni cambiamento non ha a che fare con la povertà, ma con qualcosa di più umanamente profondo: l’incontro e la comprensione della propria vita e della propria storia alla luce della parola del Vangelo ascoltata e custodita, e la condivisione della comune sofferenza dell’anima e del corpo, grazie alla meditazione costante di questa parola che diventa lente per leggere e setaccio per discernere ogni esperienza ed ogni incontro.
Forse anche in nome di questo rispetto, pace, amore, mitezza, sudditanza nei confronti di ogni creatura, Francesco è riconosciuto autorevole e giusto dagli uomini di ogni credo e pensiero. E alle sue parole possono fare eco riflessioni di uomini e donne che amano sinceramente il bene e sono dediti alla ricerca del vero. Pur partendo da altri presupposti e usando altre parole, ad esempio il Dalai Lama così si è espresso in più occasioni: “Tutti parlano di pace, ma non si può realizzare la pace all’esterno se si coltivano nel proprio animo la collera o l’odio”. E in un’altra recente occasione: «Attraverso armonia, amicizia, e rispetto reciproco, possiamo risolvere molti problemi nel modo giusto, senza difficoltà».
Non dall’esterno, ma coltivando nel proprio cuore sentimenti di pace; e il cuore di Francesco è custode di un incontro che gli ha cambiato la vita. Non erano stati le preghiere o i sogni fatti ad imprimere una svolta alla sua esistenza, ma l’incontro con il Cristo vivente, nelle Sue fragranti parole e nella vita dei fratelli e delle sorelle.

 La cifra del cristianesimo

Obbedire alle istanze di questo incontro, in un primo tempo ha significato lasciare tutto, ma successivamente è stato altrettanto necessario abbracciare tutto. Ciò che egli sembra indicare a coloro che lo ascoltano è questo: la realtà, tutta la realtà, può essere una strada per ritrovare la via della vita, e tutti gli uomini, a qualsiasi categoria appartengano, hanno la possibilità di percorrere questa via. Amore è la parola in cui comprendere questo percorso; non povertà, non minorità, ma amore, che è la cifra del cristianesimo; rispetto, pace e amore - per riprendere l’incipit della lettera - che sono parole ambivalenti certamente, ma universali, in cui l’umanità intera riesce ancora a ritrovarsi e ad aggregarsi. È vero che sulla parola “pace” non c’è pace - come ricordava il cardinal Martini - perché lungo i secoli della storia e ancora oggi essa viene intesa in maniere molto diverse, spesso restrittive: o semplicemente come una tregua tra due guerre, oppure una pace imposta con la forza delle armi, con la conquista, con la scusa di offrire a tutti gli uomini il bene prezioso di una democrazia difficilmente esportabile; oppure ancora la pace come sicurezza, risultato dell’equilibrio del terrore, delle forze che potrebbero annientarci e che, quindi, potenzialmente si elidono.
Il significato che sta dietro le parole di Francesco però è quello desunto dal suo masticare costantemente le fragranti parole del Signore: rispetto, pace, amore sono armonia dell’uomo con Dio, dell’uomo con il suo prossimo e dell’uomo con la terra, comunione profonda di amore di Dio con l’uomo e degli uomini tra loro, che è la pace portata da Gesù.
Tutti gli uomini di buona volontà - potremmo dire con un linguaggio più moderno - sono, secondo le espressioni usate nella Lettera, “benedetti perché amano il Signore, e amano i loro prossimi come loro stessi, e portano con sé la ricompensa della carità, del perdono e della misericordia perché non odiano i nemici e fanno del bene a tutti, si fanno servi dei fratelli e non si adirano contro di loro ma li confortano con pazienza e umiltà”. Allora “la pace è per il mondo quello che il lievito è per il pane”, dice il Talmud.
Questo è lo stile relazionale ed evangelizzatore, lo stile cristiano di Francesco d’Assisi.