EditorialeUna Chiesa sinodale, costruita da tutti

di Dino Dozzi
Direttore di MC

Qualche mese fa leggevo un libro di un docente di ecclesiologia alla Pontificia Università Gregoriana che ipotizzava sviluppi conciliari riguardanti la collegialità e la sinodalità nella Chiesa e mi dicevo: che bello! Questo sarebbe davvero “fare chiesa” come “camminare insieme”, papa, vescovi, sacerdoti, laici. Ma chissà quando ci si arriverà… E poi ecco il miracolo: il 17 ottobre 2015, nel bel mezzo del Sinodo sulla famiglia, nel contesto del solenne ricordo del 50.mo anniversario dell’Istituzione del Sinodo dei Vescovi, il discorso stupefacente di papa Francesco che indirizza decisamente la Chiesa verso una reale sinodalità e un vero decentramento. È tanto importante questo discorso che conviene riassumerlo (solo per questo non metterò le virgolette) con le stesse parole usate da papa Francesco.
Fin dall’inizio del mio ministero come vescovo di Roma ho inteso valorizzare il Sinodo, che costituisce una delle eredità più preziose dell’ultima assise conciliare. Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio.
Quello che il Signore ci chiede è già tutto contenuto nella parola “Sinodo”. Camminare insieme - laici, pastori, vescovo di Roma - è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica. Il concilio Vaticano II proclama che la totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dallo Spirito, non può sbagliarsi nel credere, quando dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale. Il sensus fidei impedisce di separare rigidamente tra Ecclesia docens ed Ecclesia discens, giacché anche il Gregge possiede un proprio “fiuto” per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa. Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, collegio episcopale, vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo.
Un principio caro alla Chiesa del primo millennio diceva che quod omnes tangit ab omnibus tractari debet. Dice san Giovanni Crisostomo che Chiesa e Sinodo sono sinonimi, perché la Chiesa non è altro che il “camminare insieme” del popolo di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore. In una Chiesa sinodale, il Sinodo dei vescovi è solo la più evidente manifestazione di un dinamismo di comunione che ispira tutte le decisioni ecclesiali a tre livelli.
Il primo livello di esercizio della sinodalità si realizza nelle Chiese particolari che hanno i loro “organismi di comunione” come i consigli presbiterali e pastorali: purtroppo qualche volta procedono ancora con stanchezza, ma devono essere valorizzati come occasione di ascolto e condivisione.
Il secondo livello è quello delle Regioni Ecclesiastiche e delle Conferenze Episcopali. In una Chiesa sinodale non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione”.
L’ultimo livello è quello della Chiesa universale: qui il Sinodo dei vescovi, rappresentando l’episcopato cattolico, diventa espressione della collegialità episcopale all’interno di una Chiesa tutta sinodale. Il fatto che il Sinodo agisca sempre cum Petro et sub Petro non è una limitazione della libertà, ma una garanzia dell’unità.
L’impegno a edificare una Chiesa sinodale è gravido anche di implicazioni ecumeniche. Sono persuaso che, in una Chiesa sinodale, anche l’esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce. Il Papa non sta, da solo, al di sopra della Chiesa; ma dentro di essa come battezzato tra i battezzati e dentro il Collegio episcopale come vescovo tra i vescovi, chiamato al contempo, come successore dell’apostolo Pietro, a guidare la Chiesa di Roma che presiede nell’amore tutte le Chiese. Ribadisco la necessità e l’urgenza di pensare a «una conversione del papato», per trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova.
Il nostro sguardo si allarga anche all’umanità. Una Chiesa sinodale è come vessillo innalzato tra le nazioni in un mondo che - pur invocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell’amministrazione della cosa pubblica - consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere. Come Chiesa che “cammina insieme” agli uomini, partecipe dei travagli della storia, coltiviamo il sogno che la riscoperta della dignità inviolabile dei popoli e della funzione di servizio dell’autorità potranno aiutare anche la società civile a edificarsi nella giustizia e nella fraternità.
Ci auguriamo che questo sogno di una Chiesa che cammina davvero insieme si traduca presto in realtà. Intanto, a tutti, buon Natale.