Ricordando fra Innocenzo Vaccari

Missionario per 33 anni in Centrafrica: sempre sorridente, mite  e umile di cuore

Rubrica in Convento Innocenzo Vaccari (Ivano Puccetti)

Salvaterra di Casalgrande (RE), 5 ottobre 1937

Ϯ Reggio Emilia, 31 ottobre 2015

Il paese che diede i natali il 5 ottobre 1937 a Innocenzo fu Salvaterra, popolosa frazione del comune di Casalgrande, posta al confine orientale del territorio reggiano, a ridosso del fiume Secchia. Nel 1951, a 14 anni appena compiuti, accolse l’invito a seguire san Francesco ed entrò nel seminario serafico della Provincia di Parma per essere poi ammesso al noviziato con il nome di Innocenzo da Salvaterra (1956). Il suo cammino nella vita religiosa seguì le tappe consuete: professione temporanea (1957), professione perpetua (1960), studi liceali-filosofici e teologici a Reggio Emilia, dove, il 25 marzo 1965, fu ordinato presbitero. Inviato a Roma nel convento-parrocchia del Trullo per frequentare presso l’Università Lateranense il corso di teologia pastorale con specializzazione in catechetica, fece ritorno l’anno successivo in Provincia, dove ebbe l’incarico di sacrista nella nostra chiesa di Reggio Emilia.

Di qui in avanti, fino al 1973, il suo fu un pellegrinaggio annuale continuo da un convento all’altro, finché, nel 1973 fu nominato guardiano di San Martino in Rio, centro missionario della provincia di Parma. Qui vedeva tornare dal loro faticoso lavoro i missionari per un periodo di riposo, e nel salutarli per la nuova partenza sentiva stringersi il cuore e nella sua mente si agitava un’insistente domanda: «Perché non anch’io?». Nacque così, dal contatto con i missionari e anche dall’esigenza di una povertà integrale, la decisione di partire, come avevano fatto, subito dopo la loro ordinazione sacerdotale, cinque suoi compagni di corso, per la missione di Batangafo (RCA), che raggiunse nel febbraio 1976.

Un territorio non facile quello della Repubblica Centrafricana, politicamente instabile e attraversato da guerre fratricide. Dopo un periodo di ambientamento a Batangafo, nel gennaio 1977 divenne aiuto del parroco e del superiore a Kabo, e l’anno seguente si stabilì a Batangafo come aiuto del parroco, e tale rimase per ben 15 anni, dopo i quali, nel 1992, si trasferì per altri 12 anni a Gofo come responsabile dell’officina per l’assistenza alle autovetture e all’apparecchiatura della missione, che egli gestì con ingegnosità, per la sua innata capacità di riuscire sempre a trovare l’introvabile per ogni riparazione. Qui, ai primi del gennaio 1993, sperimentò anche quanto fosse implacabile la guerriglia contro il regime e contro gli europei: per vari giorni fu tenuto ostaggio con altri 32 missionari nel «Villaggio Ghirlandina», ufficialmente per salvaguardare la loro incolumità, ma più credibilmente come scudi umani contro i bombardamenti. In seguito furono liberati per l’intervento della Croce Rossa Internazionale, riuscendo, dopo un viaggio rocambolesco, a oltrepassare il confine con il Ciad e raggiungere la città di Sahr. Quando il clima politico lo permise, Innocenzo fece ritorno nella sua missione a Gofo, pur continuando a subire assalti e furti degli strumenti di lavoro e dei mezzi per muoversi nella brousse da parte dei guerriglieri. Nel settembre 2004 venne destinato alla casa di accoglienza nella fraternità di Notre Dame des Anges a Bimbo (Bangui), dove rimarrà fino al termine della sua esperienza missionaria.

Nel novembre 2009, malfermo di salute fece ritorno in Provincia. Fu destinato a Santarcangelo di Romagna come confessore e poi, con lo stesso ruolo, appena un anno dopo, nel convento di Reggio Emilia. Nel novembre del 2011 si rivelò in tutta la sua gravità il male che lo affliggerà fino alla morte, avvenuta il 31 ottobre 2015, nell’infermeria provinciale. Fr. Innocenzo è stato un confratello che non ambiva a promozioni, come si usava dire allora, o a incarichi di prestigio. Sempre con il sorriso sulle labbra, mite, disponibile e accogliente, era contento di quello che era e che aveva, lasciando da parte ogni progetto che non si confaceva alla cristallina trasparenza della sua indole riservata, quella dei piccoli e degli ultimi del vangelo. E come “ultimo” il Signore, nell’accoglierlo al suo banchetto celeste, gli avrà detto: «Amico, vieni più avanti!» (Lc 14,10).