L’allenamento alla misericordia
La necessità di fare esercizio, per imparare la pietà, utile a tutto
di Maria Chiara Sagario
della Piccola Famiglia dell’Assunta
Chi siamo
Quanti cristiani hanno ascoltato diverse volte la parola di Gesù: “Chi accoglie uno di questi piccoli nel mio nome, accoglie me” (Mc 9,37). Anche un gruppo di giovani della parrocchia S. Lucia di Savignano sul Rubicone (FC) un giorno lontano del ‘72 davanti a un bambino gravemente ammalato, che chiedeva di essere accolto, sentirono quella parola quanto mai vicina e suadente.
Non capita sempre che una parola di Gesù si possa incarnare con un semplice “sì” detto con generosa incoscienza. Questo “sì” al Vangelo e a un piccolo è stato l’inizio di una storia di tenerezza che poi in corso d’opera ha dovuto pensare al come, al dove e in che modo far posto a quel primo bambino, nel cuore e poi in una casa. Nel corso degli anni lo stesso fatto si è ripresentato allo stesso modo quando ci siamo trovati davanti nuovi poveri nella diversità del loro stato. E sempre “prima si accoglie e poi si inventa”, così abbiamo imparato la prima regola che prima si accoglie e poi si fanno case o si ristrutturano continuamente per renderle adatte ai poveri che negli anni sono diversi e hanno esigenze diverse.
Per fare questo bisogna reinventarsi spazi adatti e rinnovarli. Dà grande gioia vedere che anche altri nostri amici come il SERMIG di Torino hanno ristrutturato e reinventato gli spazi più impensabili tanto da trasformare un arsenale di guerra in un laboratorio della carità.
Questo dunque il primo giorno della comunità che si può far risalire a questo gruppo di giovani che ha dato vita a Montilgallo di Longiano (FC) ad una casa per l’accoglienza definitiva di disabili.
Dopo dieci anni quel piccolo gruppo prese nome “Piccola Famiglia dell’Assunta” e senza saperlo aveva dato inizio assieme all’associazione “Papa Giovanni XXIII” alle case-famiglia per l’accoglienza dei poveri.
“Semplici cristiani”, dunque, che hanno come regola il Vangelo, e che vivono in comune secondo il modello della prima Comunità apostolica, “assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (Atti 2).
Fratelli e sorelle, consacrati e coniugi, la cui chiamata è semplicemente vivere “la vita battesimale, sino alla sequela pura e totale del Cristo, sia per gli uni nella via della castità per il Regno dei cieli, sia per gli altri nel sacramento del matrimonio” (Statuto, art. 2). Attualmente la comunità conta un centinaio tra fratelli e sorelle nella verginità e nel matrimonio e i “piccoli” che non sono mai mancati.
Tanti amici hanno accompagnato i primi passi di questa Famiglia; tra questi don Oreste Benzi, frère Roger di Taizé, ma il vero padre è stato don Giuseppe Dossetti da cui la comunità ha ricevuto in dono la “Piccola Regola” di vita.
Cosa facciamo
Nella preghiera e nel servizio la “Piccola Famiglia dell’Assunta” vive il proprio quotidiano. Si inizia al mattino alle 5,20 con il Mattutino in cui si alterna la lettura dei Salmi a quella di brani della Scrittura proclamata in lettura continua in un ciclo biennale. Poi alle 6,30 l’Eucarestia che ha il suo primato nel precedere ogni altra azione della giornata.
A questo punto ognuno si avvia a portare il suo servizio nei luoghi della comunità: laboratori per disabili, palestra per fisioterapia, case-famiglia, centro diurno, centro residenziale. Ci sono anche i centri Italia-Cina dove confluiscono al pomeriggio tanti minori delle famiglie cinesi a Savignano e a Rimini.
Infatti negli ultimi anni si è usciti - per usare il linguaggio di papa Francesco - verso la comunità cinese che abbiamo incontrato nella persona di Paolo, il primo cinese accolto nell’agosto del 2000. Con lui abbiamo assunto tutto quello che portava con sé: la sua storia, la sua lingua, i suoi connazionali. Molti infatti dei bambini che vengono da questo grande Paese ha enormi difficoltà a inserirsi e vive una grande solitudine, spesso ai margini della devianza sociale. Grazie a Paolo, che fungeva da mediatore, abbiamo aperto, dodici anni fa, il centro Italia-Cina dove i bambini cinesi vengono aiutati nell’apprendimento della lingua italiana, nello svolgimento dei compiti e dove possono sentirsi veramente “a casa”.
Naturalmente anche la “casa-Cina” rispecchia quella che è la caratteristica principale della Piccola Famiglia: il contesto familiare. In comunità ogni fratello e sorella segue un “figlio”, che gli viene affidato per tutta la vita. E così si crea un rapporto definitivo: si mangia, si dorme, si sta sempre insieme notte e giorno, non si può essere trasferiti o tolti dal proprio “figlio”. La condivisione riguarda ogni momento della giornata regolare, anche durante la preghiera.
Questo senso di famiglia si trasmette in modo quasi naturale in tutto quello che si fa. Quindi anche con i fratelli cinesi, rendendoli partecipi della vita della comunità: dal pranzo della domenica, alle feste tradizionali cinesi fino ad arrivare a condividere la nostra stessa fede, per chi lo desidera.
Non solo disabili dunque ma di volta in volta - a seconda di chi bussa alla porta - ogni donna o uomo che abbia l’odore del povero.
Quando sediamo a tavola
Quando sediamo a tavola con tanti infermi e tanti poveri e stranieri avvertiamo come a fior di pelle che siamo stati resi degni della mensa dei poveri, di quelli che il Signore ha eletto per essere i primi ad avere il massimo onore alla mensa del Regno. Per dirla con papa Francesco: bisogna “lasciare sempre il primato alla misericordia, come Gesù stesso testimonia, condividendo il pasto con i peccatori”. Come loro anche noi perdonati, giustificati e salvati.
C’è una parola illuminante nella prima lettera di Paolo al figlio diletto Timoteo: “Esèrcitati nella pietà, perché l’esercizio fisico è utile a poco, mentre la pietà è utile a tutto, portando con sé la promessa della vita presente come di quella futura.”(1Tm 4,8); è proprio vero che una comunità e una chiesa, se vuole ritornare e stare giovane, deve fare molto esercizio della carità in queste palestre della misericordia.