La proporzione che spiega la misericordia

La politica sta all’amministrazione come la misericordia sta alla giustizia

di Giovanni Nicolini
Fondatore delle Famiglie della Visitazione, Consigliere del Sindaco di Bologna e garante per i diritti dei profughi 

Un bene da morire

Nicolini 01Posso pensare che il Sindaco di Bologna non sia lettore della nostra rivista, perché altrimenti non so se e come si troverebbe bene “interpretato” dal titolo che mi è stato proposto: “Misericordia e politica: il caso di Bologna”.

La mia è una modesta partecipazione e collaborazione al grande problema che il nostro paese, insieme a tutta l’Europa, è chiamato ad affrontare. Io sono grato al Signore che mi offre un’ulteriore possibilità di frequentare e stare vicino ai poveri. Sono convinto che per noi discepoli di Gesù siano i nostri migliori amici e, forse senza saperlo, i nostri più valenti maestri. Vedo il gran bene che ne viene ai giovani come agli anziani, alle associazioni come alle famiglie che si dedicano a loro in qualche modo.
Il legame che mi è proposto di esaminare tra misericordia e politica mi interessa molto, soprattutto per il grande insegnamento che ho ricevuto da mio padre e in seguito da due altri grandi maestri e padri: Giuseppe Dossetti e Lorenzo Milani, che pure mi sono stati, con mio papà, veramente padri, e mi hanno generato e fortemente convinto che la politica, nella sua accezione più pura e più profonda, è orizzonte prezioso e necessario per la vita di fede. Per una persona come Dossetti, la politica è il desiderio e l’impegno per comunicare e condividere con tutti ogni pensiero e ogni progetto che possano illuminare e nutrire la convivenza umana. Propongo quindi come punto di partenza del nostro ragionare insieme che “la politica sta all’amministrazione come la misericordia sta alla giustizia”.
Abbiate pazienza un momento, mentre proviamo a considerare come papa Francesco, uno dei pochissimi e talvolta forse l’unico che fa politica, abbia proposto una vera rivoluzione culturale proprio nel rapporto tra giustizia e misericordia. L’etica tradizionale ha sempre esaltato il primato della giustizia, concedendo alla misericordia piccoli sentieri, sospettati di lassismo-irenismo, concessioni di qualche indulgenza al divino rigore della giustizia. Bergoglio, rifacendosi, senza dirlo, alla grande tradizione teologica e spirituale dell’ebraismo, sottolinea invece il primato della misericordia come la tipicità suprema dell’agire divino, affermando che la misericordia è la potente azione del Signore per condurre tutti e tutto verso la giustizia! Lasciata a se stessa, la giustizia rischia di essere senza tempo, sempre uguale e quindi esterna alla storia e ai suoi drammi.
Una simile “giustizia”, perfetta nell’indicare ciò che è bene e ciò che è male, ma incapace di “salvare”, ci espone al rischio di una “riduzione” di Dio ad un ufficio tribunalizio, e il giudizio divino come sostanzialmente “vendicativo”: “chi rompe paga ….” dice un antico proverbio pagano. Per fortuna, il Dio di Abramo, che è anche il Padre di Gesù e Padre nostro, desidera da sempre praticare una giustizia “salvifica”. Una giustizia che salva: ebbene, la misericordia è questa meravigliosa giustizia che salva! È la giustizia dell’Amore nell’evento supremo della Pasqua di Gesù. Del nostro meraviglioso Gesù che vuole a tutti un “bene da morire” e che per questo ha fissato il suo primo appuntamento in Paradiso con il cosiddetto “peccatore pentito”.
E voi pensate che loro due abbiano abbandonato lì quello meno pentito o non pentito? A papa Francesco piace molto citare, e lo fa molto sovente, il caso di quella signora imprudente, che viene sorpresa in “flagrante adulterio” e portata da Gesù per creargli qualche difficoltà con la citazione autorevole di Mosè. Lui se la cava benissimo invitando a gettare la prima pietra chi è senza peccato. E tutti, a partire dai vecchioni come me, magari un po’ brontolando, se ne vanno. E restano soli Gesù e la donna. E Lui le chiede: “Nessuno ti ha condannata?”, “Nessuno” risponde lei. E Gesù, allora: “Va’ e d’ora in poi non peccare più”. Il perdono non è il sigillo finale del pentimento ma ne è il principio e la fonte! Se ci pensiamo un momento, anche per noi è stato così! Le persone più importanti, più influenti e più preziose della nostra vita sono state quelle che ci hanno amato e sempre perdonato. Che è un po’ il rovescio del carcere, dove uno prima sconta e alla fine è perdonato!

Nicolini 02La gioia di essere salvato

La misericordia divina è la sua azione potente per portare ciascuno e tutti verso una vita nuova! E Dio così agisce in ogni situazione, anche verso un peccatore come me! Mi piace moltissimo il versetto del “Miserere”, il Salmo 50, dove il peccatore dice a Dio: “Rendimi la gioia di essere salvato”. Magari uno preferirebbe non aver bisogno della misericordia. Invece la misericordia è tutta la bellezza dell’opera di Dio. Quando san Girolamo ha tradotto questo versetto dall’ebraico al latino, siccome il nome “Gesù” vuol dire “salvezza di Dio” o “Dio salva”, ha preferito tradurre “Rendimi la gioia del tuo Gesù!”. Che meraviglia! Ebbene, per non perdere il nostro paragone: quello che è la misericordia rispetto alla giustizia, così è la politica rispetto al sistema e alla sua amministrazione! Perdonate il paragone forse un po’ birichino e screanzato.
Come vi dicevo, eccetto papa Francesco e pochi altri, oggi nessuno fa politica. E per questo mi ha fatto molto piacere ascoltare il Papa che a Firenze ha ricordato Guareschi e Peppone e don Camillo nella sua composizione letteraria. A me sembra qualche volta di essere un po’ don Camillo! Ma ho perso Peppone! Il mio piccolo impegno con il Sindaco vorrebbe essere un po’ questo. Fare politica. Per fortuna non è l’unica occasione che la vita mi offre. Perché la politica è l’azione personale e comunitaria per reagire al sistema, per visitarlo e muoverlo. Anche un territorio come il nostro, dove si è sempre manifestato e attuato un grande impegno sociale, oggi corre il pericolo di addormentarsi. La tentazione è quella di ridurre e portare tutto al “funzionamento” amministrativo. Che è importante, ma che è solo il prodotto di un’azione e di un intervento della politica. Se non ci sono pensieri e non ci sono progetti, tutto si riduce a pura gestione dell’esistente, una gestione esposta inevitabilmente ad essere anche “meno pura” o del tutto “impura”, anche perché l’abbassamento dell’impegno politico consegna tutto e tutti al grande padrone del nostro tempo che è la finanza.
Quando la politica si indebolisce, la finanza diventa l’unico vero regista. Il simbolo per me è la passeggiata che il presidente degli Stati Uniti e il presidente della Cina hanno fatto nei giardini imperiali di Pechino: chi sono questi due signori? Di che cosa parlano? In che cosa i loro pensieri e i loro progetti convergono o divergono? Mi viene da pensare che in realtà sappiano benissimo di dover obbedire al vero grande padrone di entrambi: la “finanza”, severo, anonimo e assoluto padrone di entrambi e di tutto. Dov’è andata la politica? Come Papa Francesco ha riproposto la misericordia, lui stesso, Francesco, ripropone l’urgenza della politica. Francesco sa e teme la logica dello scarto, perché oggi il pericolo è quello dello “scarto”. Fino a ieri si faceva ancora la “lotta di classe”, ma oggi l’impero della finanza chiede che i più poveri e i più piccoli neanche entrino nella lotta, ma siano semplicemente scartati! Eliminati.

Nicolini 03La gloria per ogni azione

Per questo, insieme a Peppone e a don Camillo, e forse con l’aiuto del povero don Chisciotte, mi piace pensare ad un impegno vivo della gente. Mi piace sperare che i problemi non piccoli del nostro tempo - problemi gravissimi! - non siano ignorati o addirittura soffocati da quella terribile malattia culturale e spirituale che viene chiamata “cancro dell’indifferenza”. Sono contento che sia nato un piccolo gruppo di persone, che cresce ogni giorno, desiderose di tornare a pensare e ad agire per il bene di tutti, a partire dai più piccoli e dai più poveri. Ed è bellissimo vedere come persone di ogni età e di ogni cultura sappiano volentieri trovare in se stessi potenzialità e desiderio di mettere a disposizione qualcosa di buono della loro persona, della loro competenza, del loro tempo.
E sapete: gli “esperti di misericordia” sono quelli che della misericordia hanno avuto e sempre hanno gran bisogno! E per questo sono ricchi di misericordia che vogliono celebrare e donare lungo tante piccole vie umili e preziose. Verso tanti che di misericordia hanno gran bisogno. So bene che il termine “misericordia” a molti dà fastidio perché, come dicevo sopra, si preferirebbe non averne bisogno. Ma è sbagliato! Perché la vita non è quello che ognuno per conto suo riesce a mettere insieme, ma è lo splendore dei doni, soprattutto dei doni d’amore, che ognuno ha ricevuto. E adesso, ricchissimo di questi doni ricevuti, ha il desiderio e la gioia di restituire qualcosa.
I “professorini cristiani” che alla fine della guerra e alla fine del fascismo ebbero la genialità e l’ardire di proporre che la repubblica nascente fosse fondata sul lavoro, intesero il termine “lavoro” non secondo la concezione marxiana di produzione di oggetti o di servizi, ma, latinamente, come “fatica”: la fatica del bambino che impara a leggere e a scrivere, la fatica della donna duramente impegnata tra il lavoro fuori casa e il lavoro in casa, la fatica dell’artista impegnato a sempre custodire viva la sua ispirazione, sino alla fatica del nonno che umilmente si congeda da questo mondo. Come sarà il Paradiso? Non la noia di un eterno far niente, ma la gloria di ogni piccola e grande azione.