Diamo la parola a due missionari: padre Antonio, missionario medico, e padre Ezio, impegnati in terre diverse e lontane fra loro, la Repubblica Centrafricana e la Turchia; attraverso i loro interventi è possibile avvicinarsi alle difficili situazioni che li coinvolgono, dalle violenze della guerra al divieto di testimoniare il vangelo al di fuori delle chiese, affrontate tuttavia con nel cuore la speranza.

Saverio Orselli 

Niente è irreparabile

La situazione in Centrafrica lascia trasparire un barlume di speranza

Dopo i saccheggi, una lenta ripresa

Rubrica in Missione 01-Antonio-Triani-foto-di-Ivano-PuccettiDopo oltre due anni dall’inizio del conflitto politico-militare che ha sprofondato il Centrafrica in una crisi senza precedenti si può tentare un bilancio parziale con qualche valutazione e prospettiva.


La pace è lontana, ma, nell’insieme, vi è un lento, relativo miglioramento. Dopo gli orrori e atrocità vissute soprattutto nel 2013, con danni enormi alle strutture di chiese ed edifici pubblici, oggetto di saccheggi a ripetizione, la vita e le attività hanno ripreso. Certo alcune regioni sono ancora pericolose, prive di autorità legittime e sedi di bande armate, ma il loro ambito di azione si va restringendo.
La capitale Bangui, dopo un lungo periodo di tranquillità, nei giorni scorsi (fine settembre e inizio ottobre ndr) ha conosciuto una nuova fiammata di violenze. Fortunatamente le forze ONU ed internazionali, benché a volte piuttosto inerti, costituiscono una presenza che smorza tensioni e vendette incrociate. Il problema sarà ricostruire uno stato, per ora sotto tutela, dopo decenni di malgoverno. Infatti le origini del conflitto si possono ricondurre a cause esterne ed interne. Da una parte la coalizione militare “Seleka”, che aveva preso il potere con la forza delle armi nel marzo 2013, era in maggioranza costituita da elementi provenienti dal Ciad e dal Sudan, mercenari in cerca di bottino: si potrebbe definire un’invasione dall’esterno. D’altra parte le classi politiche che hanno gestito il potere dopo l’indipendenza, più che servire il bene comune, curavano interessi particolari generando così malcontento nella popolazione.
Papa Pio IX affermava che “la politica è la più alta forma di carità”. Ecco, occorre che i leader dei differenti gruppi e partiti che si presenteranno alle prossime elezioni collaborino per trovare insieme le vie ed i mezzi che facciano uscire il paese dal caos. Alla gente comune non manca però il coraggio e la capacità di resistere superando anche questo cataclisma. Sopportare la durezza della sorte senza perdere la speranza e la gioia di vivere costituisce una dote degli africani. Quando il Giappone fu colpito dallo tsunami si registrarono un gran numero di suicidi fra persone che non sopportavano la durezza della prova. Qui la gente convive da secoli con le contrarietà e l’asprezza dell’esistenza.

Cose che si vedono

Se, pur con le dovute riserve, possiamo parlare di una certa evoluzione in meglio, che dire dei danni irreparabili agli edifici, materiali, a documenti ed archivi, opere realizzate con pazienza da missionari in anni di attività? Della nostra Missione a Gofo rimangono solo i muri. Una tale violenza distruttrice provoca sdegno ed impotenza. Ma si tratta davvero di eventi irreparabili, per sempre? Materialmente certo. Ma riflettiamo più a fondo: da secoli tracce e ricordi del passato spariscono continuamente tanto che ci si abitua a distruzioni dovute al tempo ed alla natura. Più gravi sono gli eventi ove è in causa la barbarie e la malvagità dell’uomo. Si tratta comunque solamente (!) di cose che si vedono. San Paolo può aiutarci a capire meglio: “Noi fissiamo lo sguardo non su ciò che si vede, ma su ciò che non si vede. Le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili sono eterne” (2Cor 4,18). E ancora: “Passa la scena di questo mondo” (1Cor 7,31). Ciò che è irreparabile davvero è la mancanza di amore di coloro che agiscono così.
Possono distruggere opere visibili dell’uomo e della sua cultura. Per quanto riguarda “ciò che non si vede” rimane una ferita, una cicatrice. Ma ovunque persone di buona volontà hanno lavorato con amore, “Dio costruisce nei cieli una dimora eterna” e la fede insegna che in questo regno tutto rimane e niente è irreparabile.

Padre Antonio Triani