Ricordando padre Vincenzo Succi 

Da Verica sulle montagne di Modena, ad Efeso città di elezione della Madre di Dio e del suo ‘figlio’ Giovanni

Rubrica in Convento 05-Padre-Vincenzo-SucciVerica di Pavullo, 21 giugno 1927

† Reggio Emilia, 25 settembre 2015

Strade che si incrociano

Le nostre strade si erano incontrate a Scandiano. Era il 1953. Chi scrive era un ragazzino al secondo anno delle medie nel seminario serafico. Lui, giovane sacerdote, insegnava francese. Un anno solo. In terza media l’insegnante cambiò e padre Vincenzo, secondo regolamento, avrebbe dovuto diventare un perfetto estraneo per i collegiali. Se non che le relazioni non si instaurano e cancellano a suon di regolamento; ed ancora per un anno Vincenzo costituì un punto di riferimento spirituale per molti collegiali, fino alla loro partenza per San Martino in Rio dove proseguire gli studi con la terza e quarta ginnasio. C’era chi lo aveva scelto come padre spirituale, evitando quello ufficiale. Il nome può apparire altisonante. Di fatto era confidente e confessore per ragazzini che si avviavano alla vita religiosa e al sacerdozio, termini ancor più impegnativi e sproporzionati, ma affrontati con grande impegno. All’inizio delle lezioni si recitava il Je vous salue Marie, cui qualcuno aggiunse privatamente il Notre Père ed altre preghiere ottenendo il duplice scopo di pregare e di esercitarsi nella lingua. Il padre spirituale si identificava di fatto con il confessore e così Vincenzo divenne per molti il depositario dei mostruosi segreti che sconvolgono la vita adolescenziale soprattutto lontano dalla famiglia. Cose che oggi, grazie a Dio, sembrano preistoria, ma che, al tempo, non mancarono di creare qualche tensione interiore.
Parlava spesso a noi ragazzi della sua vocazione missionaria, che immaginava doverlo portare in Russia, allora letteralmente impenetrabile in una cortina di ferro. Figurarsi, missionario nella Russia di Stalin: o incosciente o totalmente fuori dal mondo. Però, Stalin o non Stalin, la chiamata missionaria urgeva e non si poteva non darle risposta. Partì per la Turchia, allora l’unica nazione estera dove i Cappuccini emiliani gestivano una missione. Ambiente difficile quello di Kemal Pascia Atatürk, e più ancora dopo di lui. Proibita ogni forma di propaganda, di annuncio, di evangelizzazione. I missionari si mimetizzavano da insegnanti, attivisti sociali gratuiti, cultori di una bimillenaria fede che proprio nell’Asia Minore aveva avuto la sua prima espansione apostolica. Per sessanta anni ad Antiochia con Pietro, a Efeso con Giovanni a custodire la dolce memoria della Signora Maria diffondendo la devozione della Legione di Maria, come già aveva fatto a Scandiano interferendo pesantemente nella formazione spirituale dei ragazzi e creando qualche tensione questa volta formativo educativa. In fondo a qualche cassa conservo ancora diverse lettere che il ragazzino e il missionario si scambiarono nei primi anni del suo ministero apostolico; mentre il ragazzino continuava a elucubrare sulla complessità del cammino che il Signore riserva ai suoi prescelti. Su un’immaginetta di quegli anni che ricordava una professione religiosa di gruppo, si leggeva: Ci sentiamo dei prescelti, non dei sacrificati.

A partire da Smirne

La sua missione inizia nel 1955 a Smirne dove fonda subito associazioni maschili e femminili per giovani e ragazze e, l’anno seguente, il Centro culturale di amicizia turco-italiano nel quale insegna lingua italiana per quindici anni. Una vita piena in cui ha ricoperto gli incarichi di servizio sia dell’ordine religioso che della diocesi, cappellano ausiliare per undici anni presso la base aerea americana di Cigli, parroco a Bairakly e in altre parrocchie, segretario e vicario generale della diocesi di Smirne, servizio regolare presso la basilica cattedrale di San Giovanni evangelista, superiore regolare della Missione (Custodia) di Turchia, definitore, cappellano a Mersin, parroco a Smirne, Viceparroco a Yesilköy di Istanbul, poi cappellano fino al rientro definitivo in Italia, presso l’infermeria dei Cappuccini a Reggio Emilia dove lo attende sorella morte il 25 settembre 2015. Nonostante l’enorme mole di studio, insegnamento e lavoro, ha trovato modo di scrivere in proprio e in collaborazione con confratelli molti testi per diffondere la cultura turco-cristiana e arricchire la Turchia di cultura europea, oltre che mantenere viva la sorgente della Chiesa che qui è nata con la prima ‘dispersione’ degli Apostoli, dopo l’ascesa al cielo di Gesù e la persecuzione di Erode, verso l’Europa e il Medio Oriente.
È poi notorio che il Signore i regali non li fa a metà ed, avendo preso a benvolere Luigi e Maria, decise di regalare la vocazione sacerdotale cappuccina missionaria anche a Terenzio (Tarcisio per i Cappuccini) che ripercorse le orme del fratello da Scandiano alla Turchia. Così a due fratelli dei monti di Modena è stato concesso il privilegio e la grazia di mantenere viva la fede della chiesa apostolica là dov’è nata e da dove si è diffusa nel mondo. Infine, carico di meriti e acciacchi Guerrino Vincenzo se ne ritornò a Reggio Emilia, dove nel loro convento i Cappuccini hanno creato un’infermeria per i frati che hanno annunciato il Vangelo per il mondo e per i quali è giunto il momento del riposo e della vigile attesa dell’ultima sorella. Ma per quel ragazzino di cui hai sorriso agli spaventevoli peccatucci adolescenziali, sei rimasto come quando sei partito per succedere agli apostoli di Turchia ed accasarti là dove il più caro amico del profeta figlio di Dio aveva trovato la dimora perfetta per la Madre di Dio, sua e nostra. Grazie Vincenzo, per quello che hai regalato alla nostra mente e più ancora per quello che hai stipato nel nostro cuore.

Antonio Zanni