Editoriale 1 Vedere bene col cuore del Piccolo Principe

Editoriale di Dino Dozzi
Direttore di MC

Alzi la mano chi non ha letto Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry. Pare sia il secondo libro più letto al mondo dopo la Bibbia, particolarmente caro ai bambini e ai giovani, pur con i suoi settant’anni d’età. Come per Pinocchio di Collodi, non si sa bene se siamo di fronte a un libro per ragazzi o per adulti perché, dietro la favola, c’è tanta raffinata psicologia e contenuti davvero importanti per tutti. Ora i due libri più letti al mondo si incontrano esplicitamente per opera di Enzo Romeo, vaticanista del Tg2, ne Il Piccolo Principe commentato con la Bibbia, Àncora, Milano 2015: la pagina di destra riporta Il Piccolo Principe e quella di sinistra presenta i riferimenti biblici. Perché ne parliamo qui? Perché è un bel libro e un tentativo di arginare l’imbarbarimento dell’umanità.
C’è da piangere a vedere uomini vestiti di nero e con lunghe barbe che distruggono a mazzate tesori d’arte di civiltà antichissime; e ancor più a vederli sgozzare persone. E c’è da piangere anche ad ascoltare quasi ogni giorno l’elenco di chiese distrutte e di cristiani uccisi per la loro fede. Non meno drammatica appare quella che papa Francesco il 18 maggio, incontrando i Vescovi italiani, ha chiamato «una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata che è riuscita a impoverire, senza alcuna vergogna, famiglie, pensionati, onesti lavoratori, comunità cristiane, scartando i giovani, sistematicamente privati di ogni speranza sul loro futuro, e soprattutto emarginando i deboli e i bisognosi».
Come il protagonista della favola, anche noi siamo nel deserto, con l’aeroplano delle nostre conquiste tecnologiche caduto e in avaria, assetati e affamati non solo per la crisi economica. Ed ecco questo «piccolo principe» piovuto dall’alto il quale pone domande che noi abbiamo dimenticato (come è vero che le domande sono più importanti delle risposte e che la Bibbia stessa contiene più domande che risposte!). Dal grande si ritorna al piccolo, dalle cose alle relazioni, dal rumore assordante al silenzio da ascoltare, dai soldi agli affetti, dalla cronaca alla poesia. L’amicizia e l’amore costituiscono il tema più alto della fiaba. E poi il segreto della volpe: «Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».
Il Piccolo Principe e la Bibbia si coalizzano per presentarci domande e risposte apparentemente semplici, in realtà profonde. La sete richiama il dialogo di Gesù con la Samaritana; la rosa richiama il Padre a cui il Figlio desidera far ritorno dopo la missione sulla terra; la “scomparsa” del corpo del principino richiama la risurrezione e l’ascensione. Entrambi i libri si interessano dell’uomo, della sua piccolezza e della sua grandezza, della sua quotidianità e dei suoi sogni, delle sue debolezze e del suo grandioso mistero. Il commento biblico di Enzo Romeo aiuta a rendersene conto anche chi non è frequentatore assiduo dei libri sacri.
Assetati di verità e di pace, veniamo tutti incoraggiati a proseguire la ricerca, sapendo che da qualche parte, nel deserto della nostra vita e del presente, c’è il pozzo della salvezza, che ci consente di andare oltre, di cambiare direzione e ritrovare la speranza. Già a 17 anni Saint-Exupéry scriveva: «Ho appena letto un po’ di Bibbia: che meraviglia, che semplicità potente di stile e spesso che poesia!». Anche noi abbiamo bisogno di riscoprire la bellezza e l’importanza della Bibbia e della poesia, per non smarrire l’umano. Abbiamo bisogno di dialogare con il piccolo principe della pace che viene a noi non dall’asteroide B 612 ma dal pianeta di Dio. Abbiamo bisogno di recuperare il bambino che siamo stati tutti e che è ancora dentro di noi.
Il contesto storico ed esistenziale in cui vengono scritti gli struggenti dialoghi con Il Piccolo Principe sono drammatici come il nostro. Allora come oggi serve fermarsi nel deserto per riascoltare voci nuove e antiche, dall’alto e dal profondo, per recuperare l’umano, prima che sia troppo tardi. L’ometto che viene dall’asteroide simboleggia non solo l’evangelico Figlio dell’uomo che viene da Dio, ma anche quel beduino libico che salvò da morte nel deserto lui e il suo meccanico, ricordato con queste parole: «Sei l’Uomo, e mi appari col volto di tutti gli uomini insieme. Non ci hai nemmeno guardati in faccia e ci hai già riconosciuti. Sei il fratello beneamato. E, a mia volta, ti riconoscerò in tutti gli uomini». Nel segno dell’accoglienza e dell’aiuto vicendevole, il divino e l’umano si incontrano e si sovrappongono, perché l’uno ha bisogno dell’altro e noi di entrambi.