L’alba dei cattivi maestri

Come in un film dell’orrore, modelli di diseducazione si risvegliano nella nostra realtà

di Stefano Costa
neuropsichiatra infantile, capo scout

Le difficoltà educative del mondo degli adulti

Ci sono alcune piste chiare da seguire per educare bambini e ragazzi, magari non sempre facili da attuare, ma ben delineate: curare la motivazione, don Milani diceva: «agli svogliati basta dare uno scopo»; sviluppare protagonismo, coinvolgimento, responsabilizzazione; favorire un sogno-progetto. Affermano a questo proposito i vescovi negli “Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020”: «L’educatore è un testimone della verità, della bellezza e del bene… educa chi è capace di dare ragione della speranza che lo anima ed è sospinto dal desiderio di trasmetterla. Gli educatori devono essere ricchi di umanità, maestri, testimoni e compagni di strada, disposti a incontrarli là dove sono, ad ascoltarli, a ridestare le domande sul senso della vita e sul loro futuro, a sfidarli nel prendere sul serio la proposta cristiana, facendone esperienza nella comunità»; avere sui ragazzi una alta aspettativa.
Se guardiamo al mondo degli adulti di oggi, agli esempi che possono dare ai ragazzi sia gli adulti di riferimento (genitori, insegnanti) spesso in difficoltà, sia i modelli che vengono offerti da esempi di adulti famosi (politici, attori, conduttori televisivi), sembra che, una per una, queste attenzioni educative vengano a cadere.
È urgente prestare attenzione alla fragilità dell’adulto, si afferma nel documento conclusivo della 46° settimana sociale dei cattolici italiani.

Paura del futuro

Al di là dei “cattivi esempi” sul piano etico-morale, forse il danno più grosso che viene fatto dagli adulti della nostra attuale società è l’attacco alla speranza, l’abbandono di un sogno di un futuro bello: il messaggio ribadito oggi è invece un invito a lottare per una affermazione individuale in un mondo di facciata e di estrema competizione dove l’altro non può essere mai un sostegno, ma sempre un potenziale avversario.
I ragazzi di oggi, nel difficile clima in cui vedono gli adulti in difficoltà, sono spinti a forte competizione e a paura per il futuro professionale, economico ed “ecologico”, faticano sempre più a vedere un futuro positivo e, quindi, ad impegnarsi in progetti per realizzarlo.
È avvenuto un cambiamento di segno del futuro: assistiamo al passaggio da una fiducia smisurata a una diffidenza altrettanto estrema. Educare significava invitare a intraprendere con impegno un determinato cammino, che conduceva a un futuro positivo. Come è possibile ormai educare, nel momento in cui il futuro-promessa è diventato futuro-minaccia? Gli adulti temono l’avvenire e quindi cercano di formare i loro figli in modo che siano “armati” nei suoi confronti.
La perdita di ideali e la tristezza hanno portato ad abbandonare un tipo di educazione fondato sul desiderio. L’educazione dei nostri figli non è più un invito a desiderare il mondo: si educa in funzione di una minaccia, si insegna a temere il mondo. Professori e genitori possono essere tentati di utilizzare i pericoli incombenti del futuro come strumento educativo, ma ogni tentativo di educare qualcuno fondandosi sulla minaccia è destinato a fallire.

Educazione all’amore

Altro tema di grande preoccupazione è che appare sempre più difficile per i giovani di oggi sviluppare un’idea di vita di coppia e, quindi, di affettività sana e realizzante. Di nuovo i ragazzi si trovano immersi in questo clima di difficoltà che appartiene ancor prima al mondo degli adulti: la definizione romantica dell’amore come vincolo che dura “finché morte non ci separi” è stata posta come “fuori moda”.
L’orizzonte delle esperienze a cui gli adulti attribuiscono la parola amore si è espanso a dismisura e questa improvvisa abbondanza e palese disponibilità di “esperienze amorose” pubblicizza la convinzione che l’amore è un’arte che si può imparare; la cui padronanza aumenta in base al numero di esperimenti e all’assiduità di esercizio.

Modelli pubblicitari negativi

Bambini e ragazzi spesso sono “vittime” degli adulti, ad esempio bersagli di pubblicità incessanti che propongono da un lato una ricerca compulsiva e sempre insoddisfatta di felicità, mentre dall’altro lato spingono a rimanere il più possibile riparati dal dolore e dalla sensazione di avere bisogno; quello che propone il modello pubblicitario è che va evitata qualsiasi sofferenza; bisogna anche essere sicuri di non sbagliare mai, non correre rischi, evitare responsabilità eccessive.
Anche il fenomeno dell’aumento dell’uso di sostanze nei giovani è sicuramente legato a questi modelli distorti: nei ragazzi si riscontra infatti un aumento della tolleranza verso il consumo di alcol, cannabis e cocaina e cioè una diminuzione della percezione di rischio; di fronte però alla richiesta di cosa si possa fare per arrestare questo fenomeno i tecnici del Ministero del Welfare, nella relazione periodica sullo stato dell’infanzia e dell’adolescenza, affermano: «uno degli elementi di maggiore criticità è la difficoltà a costruire riflessioni e azioni preventive adeguate quando il sistema culturale di riferimento in cui essi vivono propone loro un modello di vita basato proprio sul rischio vissuto come una componente positiva della vita»; in pratica è difficile aiutare i ragazzi perché bisognerebbe contrastare tutti i messaggi che il mondo degli adulti presenta loro.
Un ultimo esempio di dis-educazione viene - lo sappiamo bene - dalla televisione (sempre fatta dagli adulti, ovviamente): la Società italiana di Pediatria ha condotto nel 2009 un’indagine che dimostra che, rispetto al campione nazionale, i bambini e ragazzini che guardano la tv più di tre ore al giorno sono maggiormente a rischio nel considerare meno gravi e cioè più accettabili comportamenti devianti, aggressivi, uso di sostanze ed hanno, d’altra parte, una immagine del proprio corpo peggiore.
L’invito allora è di reagire consapevolmente contro questo ordine di cose, di unire famiglie e far frequentare ai ragazzi gruppi di coetanei che, assieme a educatori motivati e formati, possano presentare a bambini e giovani modelli di relazione e di vita controcorrente, puntati verso un desiderio di felicità, di servizio, di condivisione.
A chi vuole rimboccarsi le maniche in questa direzione consiglio di consultare il sito web: www.alberodicirene.org. Le attività si articolano in cinque settori diversi (rami):

1) Pamoja, in lingua swahili significa “insieme”, proponiamo iniziative di condivisione, sostegno e realizzazione di micro-progetti internazionali.

2) Non sei sola: iniziative di sostegno per le ragazze di strada e lotta contro lo sfruttamento; con uscite serali e Casa Magdala, luogo di seconda accoglienza.

3) Zoen Tencarari, dal nome del vescovo che istituì a Bologna il primo collegio per studenti di fuori città, è un progetto che offre ospitalità a ragazzi per lo più stranieri.

4) Centro d’Ascolto Maria Chiara Baroni: accoglie persone in situazione di difficoltà che chiedono aiuto (casa, lavoro, cibo), con Sportello legale e Scuola di italiano per stranieri.

5) Progetto Aurora: sostegno alle donne con bambini piccoli in situazione di bisogno.