Giullari per caso

Il divertimento in famiglia nasce da situazioni semplici, abbandonandosi all’inutile

di Stefano Folli
giornalista, francescano secolare di Faenza

Folli 01-foto-di-Casadio-AgneseSituazioni strampalate

Ogni tanto mi faccio i codini nei capelli con gli elastici di mia figlia Caterina.

Mia moglie si mette a modificare le parole di canzoni famose mentre siamo a tavola. Il nonno Domenico fa finta di parlare con la sua auto e lo zio Damiano fa arrampicare i bambini su di sé in rocamboleschi equilibri. E si ride.
La famiglia è il luogo in cui si viene accolti, in cui si cresce, in cui si impara. Ma c’è un altro elemento essenziale per vivere a pieno la dimensione della famiglia: riuscire a divertirsi insieme.
Tra i tanti principi fissati dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, non a caso, è compreso anche quello al divertimento. Articolo 31: “Gli Stati riconoscono al fanciullo il diritto al riposo ed al tempo libero, di dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e di partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica… incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali”.
Che il gioco e il divertimento non possano essere riservati solo a pochi privilegiati è un obiettivo per cui vale la pena lottare, anche perché gioco e divertimento (basta avere davanti agli occhi i tanti bambini che nelle strade delle bidonvilles calciano una palla fatta di stracci) non hanno nulla a che fare con ricchezza e risorse in quantità.
Quella del gioco e del divertimento può sembrare una questione secondaria, e forse lo è veramente, quando ci si trova ad affrontare situazioni di deprivazione estrema o per le famiglie in cui la sfida quotidiana è la sopravvivenza. Ma forse (e anzi ancora di più) anche nelle situazioni difficili quella del “divertimento” da scoprire o riscoprire richiama la nostra identità profonda di uomini e donne, il nostro essere “anima”.
L’esperienza di gioco, come rimarcano tanti educatori e psicologi, è essenziale per uno sviluppo equilibrato dei bambini: il gioco è esplorazione del mondo, avventura, libera scoperta di sé, delle proprie capacità e dei propri limiti, talvolta abbandono della realtà per esplorare le dimensioni del sogno e del desiderio. E continuare a giocare da grandi vuol dire sorridere al mondo e vivere positivamente, ricaricarsi di energia e amare la vita.

Folli 02-foto-di-Laura-VisaniCome divertirsi in famiglia

Il gioco e il divertimento sono stimoli fondamentali per i bambini, ma non solo: la dimensione felice della famiglia è anche quella che riesce a condividere spazi e momenti di gioco tutti insieme e che cerca attività divertenti e stimolanti che coinvolgano tutti e facciano emergere il lato ludico di cui tutti (bambini e coloro che sono stati bambini) hanno un gran bisogno.
Ho voluto provare a chiedere ad alcuni amici cosa significava per loro (o cosa aveva significato nella loro infanzia) divertimento in famiglia e le risposte arrivate sono molto interessanti. Quello che emerge sempre è l’importanza della relazione, dello stare insieme, del condividere qualcosa, prima ancora del “contenuto” di una qualsiasi attività ludica.
“Le cene del sabato sera, in tavernetta col caminetto acceso, tre generazioni, grandi discussioni a 360 gradi, dai problemi scolastici alla politica, tutti insieme e brindisi finale col dolce della nonna” (Nadia).
“Guardare tutti insieme un bel film o dello sport alla TV o giocare (maschi contro femmine) delle accanitissime partite a carte” (Rosella).
“Nei viaggi in auto per andare al mare (gli unici che si facevano) il primo che indovinava la città di provenienza delle auto che ci superavano” (Valentina).
“Le domenica mattina nel lettone, anche adesso che sono grandi e stiamo strettissimi arrivano le figlie e sono risate e baci e lotte per il cuscino. Insomma siamo noi tutti insieme!” (Enrica).
Quando subentrano i ricordi della attività più divertenti da bambini, con i genitori, quello che si nota di più è la semplicità delle situazioni che restano in mente. Non grandi cose eccezionali, quindi, non divertimenti forzati (come possono essere quelli che la nostra società del consumo e della dimensione “esagerata” del gioco ci possono spingere a cercare), ma piccole situazioni, a volte anche routinarie, a volte banali, ma che nascono da una condivisione profonda e fanno scaturire una risata autentica, sincera e che rimane nel cuore e nella mente.
“La domenica mattina, dopo che ci eravamo svegliati tutti e tre, si stava un po’ a poltrire nel lettone e mio babbo puntualmente mi faceva lo scherzo del dito: mi chiamava, cosicché io mi girassi verso di lui, e mi trovavo sempre il suo dito che si scontrava con la mia guancia... E si rideva tutti e tre” (Nicoletta).
“Quando il mio babbo tornava da lavoro e negli ultimi 100 metri prendeva tutti noi tre figli sul ‘Ciao’ e si arrivava al garage così sgangherati” (Silvia).
“Quando tutti insieme preparavamo la casa perché arrivavano amici. Quando si partiva la mattina presto per andare a passeggiare nel bosco e a fare un picnic. Quanto ci mettevamo incastrati sul divano troppo piccolo per tutti per vedere un cartone. Quando in campeggio si dormiva tutti insieme in roulotte. Quando guardavamo le diapositive di ritorno dalle vacanze” (Diana).
Quello che sembra maggiormente divertire i bambini sono i comportamenti degli adulti fuori dagli schemi: è quando gli adulti gettano la maschera e per un po’, in qualche modo, “dimenticano” di essere adulti che la situazione si fa più divertente. Messi da parte la serietà, il lavoro, le preoccupazioni, si può diventare un po’ giullari, abbandonarsi alla libertà dalle regole e dalle convenzioni, buttarsi in una dimensione alla pari con i bambini.
“Quando il mio babbo tirava fuori i suoi tormentoni facendo letteralmente esasperare la mamma: fra i migliori, offrire del tamarindo ogni due minuti, guardare fuori dalla finestra in giornate caldissime e dire ogni 5 minuti: eh, oggi è una giornata uggiosa” (ancora Silvia).
“Quando facevamo il pic-nic in pineta e gli equilibri tra sgabelli di tela e amaca appesa al pino erano precari e generavano in mio padre buffe gag fantozziane” (Annalisa).
“Quando nella vecchia casa di campagna, gli zii venivano a trovarci, si mangiavano braciole e costole, e il tutto si concludeva con i grandi che facevano uomini contro donne la guerra del cocomero (le bucce strisciate in faccia) e poi le acquate” (Fabrizio).

Condividere l’inutilità

Insomma, sia che peschiamo dai nostri ricordi, sia che leggiamo le approfondite riflessioni di un pedagogista, dobbiamo riconoscere che il gioco e il divertimento sono un elemento imprescindibile delle dinamiche famigliari. Cerchiamo allora, in qualsiasi situazione viviamo, di abbandonarci un po’ di più all’inutile, al divertimento semplice e alla condivisione dello svago. Ne saremo ripagati con una maggiore serenità e con stimoli positivi per tutti.