La gioia della consolazione

In punto di morte, Francesco desidera rivivere i piaceri che l’hanno accompagnato nella vita

di Pietro Maranesi
frate cappuccino, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Assisi

Maranesi 01- foto-di-Leonora-GiovanardiI dolcetti di donna Jacopa

Famosa e sicuramente conosciuta è la lettera che Francesco fece scrivere alla nobildonna Jacopa dei Sette Soli per comunicarle che, se voleva rivederlo ancora vivo, doveva venire subito da Roma a Santa Maria degli Angeli.

Al desiderio non detto di rivedere quell’amica prima della propria morte, Francesco aggiunse due richieste molto particolari: “Porta con te un panno di cilicio in cui tu possa avvolgere il mio corpo e la cera per la sepoltura. Ti prego ancora che mi porti di quei dolci, che eri solita darmi quando mi trovavo ammalato a Roma”. La prima richiesta era per il suo corpo che sarebbe morto da lì a poco, la seconda per il suo corpo che era ancora vivo. E non può non stupire il fatto che un uomo penitente, che aveva rinunciato al mondo e ai suoi piaceri, prima di morire desideri mangiare ancora quei dolcetti di cui godeva quando era a Roma ospitato presso quella nobildonna. Tutto ci si aspetterebbe da Francesco meno che una richiesta così poco consonante con la figura trasmessa dalle biografie di un eroe capace di dominare pienamente ogni richiesta del corpo che non fosse soggetta alla pura trasparenza dello spirito.
Non finiscono qui però le sorprese del racconto sugli ultimi giorni di Francesco contenuto nella Compilazione di Assisi (testo nel quale molto probabilmente si conservano alcune memorie dei primi compagni, in particolare di Leone, Ruffino e Angelo, presenti, come vedremo, accanto al Santo in quei momenti finali). Nel numero 7, quello che precede l’ampio racconto dedicato a donna Jacopa, si narra infatti di un’altra “strana” richiesta fatta da Francesco ai suoi frati. Cosciente della sua imminente morte, confermatagli anche dal medico al quale con animo inquieto si era rivolto, il Santo chiamò “frate Angelo e frate Leone” affinché gli cantassero di nuovo il “Cantico di frate sole e delle altre creature del Signore”. La stessa richiesta l’aveva fatta qualche giorno prima, quando era ancora ricoverato nel palazzo del Vescovo. Durante quell’ultimo periodo infatti aveva chiesto spesso ai suoi frati di cantargli “le laudi del Signore che lui stesso aveva composto parecchio tempo prima” (CompAss 99: FF 1637). Il motivo era semplice: da questa “lauda” egli riceveva “conforto al suo spirito” affinché “non venisse meno a causa delle aspre e diverse infermità”. Tuttavia la richiesta non era troppo confacente con la morte di un santo! Né la gente avrebbe avuto una buona impressione ascoltando i frati cantare invece di pregare! È proprio quanto farà osservare frate Elia a Francesco dando voce alle possibili obiezioni che sarebbero nate tra gli ascoltatori: “Com’è possibile che uno vicino a morire dimostri tanta letizia? Farebbe meglio a pensare alla morte!”. La risposta data da Francesco alle perplessità di Elia è sintetica dei suoi sentimenti: “Fratello, lascia che io goda nel Signore e nelle sue laudi in mezzo ai miei dolori”.
La richiesta rivolta ai suoi compagni di cantargli ancora le sue canzoni trobadoriche, e l’invito a donna Jacopa di venire per portargli i dolcetti nascevano dalla stessa esigenza: statemi vicino con la vostra presenza così che io possa abbracciare con umiltà e pazienza la mia sofferenza e la mia morte. Nella richiesta fatta a donna Jacopa e in ciò che avvenne al suo arrivo emerge con evidenza il bisogno-desiderio di Francesco di essere consolato e aiutato in quei momenti tanto impegnativi. Il

Maranesi 02-foto-di-Agnese-CasadioPretesto per la vicinanza

Ricordiamo gli avvenimenti di quelle ultime giornate.
Arrivata donna Jacopa al convento, Francesco non volle che per lei valesse il divieto, come per tutte le altre donne, di entrare nello spazio della clausura: “Così ella entrò dal beato Francesco versando davanti a lui molte lacrime” (CompAss 8:FF 1548), segno di un legame forte e profondo. Il giorno dopo il suo arrivo si preoccupò di confezionare quei dolcetti che Francesco “aveva desiderato di mangiare”. Il racconto permette di assistere ad una scena di umanità semplice, quella di un uomo oramai sfinito e prossimo alla morte, che tenta di mangiare qualcosa sperando che quel cibo lo rincuorasse e rafforzasse. Tuttavia le forze lo stavano abbandonando: “Egli mangiò appena poiché per la gravissima malattia il suo corpo veniva meno di giorno in giorno e si appressava alla morte”. E il racconto così si chiude: “E avvenne come piacque a Dio, che, proprio nella settimana che donna Jacopa era arrivata, il beato Francesco migrò al Signore” (CompAss 8: FF 1548). Muore un uomo che ha avuto bisogno di essere consolato da qualcosa di bello e di dolce: dell’amicizia di donna Jacopa.
Perché è di questo che si tratta nella richiesta dei dolcetti. Infatti avere del panno nuovo per la sepoltura e dei dolcetti simili a quelli mangiati a Roma era possibile anche ad Assisi senza scomodare una donna da così lontano. È chiaro allora che il vero “piacere” di Francesco fosse di avere accanto a sé quella amica cara di Roma; e il panno con cui “lei lo avrebbe sepolto” e i suoi dolcetti costituivano la possibilità di prendere congedo da lei. La richiesta fattale da Francesco di portargli i dolcetti rinvia dunque a qualcosa di molto più importante che il “piacere” di poter mangiare ancora i mostaccioli. Egli voleva ricevere da lei ancora una volta il “sacramento” della sua amicizia, quel segno di attenzione e affetto che lei aveva avuto tante volte per lui durante la sua malattia. Insomma, quei dolcetti erano per Francesco speciali non tanto per i loro ingredienti, ma perché erano fatti da lei. Godendo di quei dolci egli poteva ancora godere di quella amicizia e di quella presenza che era stata così “buona” durante la sua vita.

L’umiltà di riconoscersi bisognoso

Ascoltare dai compagni la sua musica, quella della giovinezza, nata dal suo cuore vivace e innamorato della vita, poter assaggiare ancora il piacere di quei dolcetti impastati di amicizia e di affetto da donna Jacopa costituivano aiuti per reggere all’assalto della sofferenza. Francesco era un uomo che cercava aiuto in tutto ciò che lo aveva nutrito nella sua umanità durante la vita, e lo sosteneva ancora nel momento supremo della sua morte. Contrariamente alle biografie ufficiali che fanno morire un eroe e un santo libero dal bisogno di essere consolato e aiutato, i racconti dei compagni presentano un “uomo” che muore da “uomo”, un uomo che chiede la vicinanza delle persone “care” per essere sostenuto e consolato. E i dolcetti di donna Jacopa sono la sintesi migliore dell’umiltà di quell’uomo che riconosce di avere bisogno della vicinanza di fratelli e sorelle che lo accompagnassero all’incontro definitivo con Colui che era la perfetta melodia e l’eterna dolcezza cercate e desiderate con tutto il cuore da Francesco durante la sua vita.