Oasi di realtà virtuale

Il bianco mulino e l’ottimismo del consumatore

di Michele Dotti
giornalista

Dotti 1L’albero eternamente cadente

Un’oasi nel deserto. Mi pare questa, oggi, l’immagine migliore per descrivere le pubblicità nel quadro più ampio dell’informazione televisiva.

Già, perché in una cornice di comunicazione “normale” (uso sempre questo termine con un certo timore) le pubblicità sarebbero un semplice strumento per far conoscere dei prodotti. Silvio Ricci scrisse addirittura in un suo libro che “la pubblicità è l’unico momento sincero delle tv, in cui c’è qualcuno che ti dice che ti vuole vendere qualcosa”. Forse non aveva tutti i torti.
Invece, nel quadro di una narrazione tragica e disperante come quella attuale, che mostra quasi esclusivamente “l’albero che cade” dimenticando completamente “la foresta che cresce”, le pubblicità sembrano quasi rifugi sicuri, oasi di serenità (virtuali) in un mondo apparentemente impazzito. È evidente, a pensarci un attimo, che entrambe queste immagini sono false e fuorvianti.
L’ottimismo che permea la maggior parte delle pubblicità è eccessivo tanto quanto il pessimismo che domina la quasi totalità dell’informazione. Entrambi sono infondati su un piano razionale. Entrambi fanno leva intenzionalmente sulle nostre emozioni, alimentandole e strumentalizzandole, nell’uno come nell’altro senso. Entrambi producono uno scollamento significativo dalla realtà. Entrambi tendono a riprodurre l’esistente.
Mi ha colpito una ricerca che ha analizzato le notizie dei reati nelle tv europee; se in Inghilterra la singola notizia di un omicidio viene data da una stessa fonte in media tre volte, in Italia arriviamo addirittura a trenta! Con l’effetto, evidente, di produrre una sensazione di aumento del fenomeno, benché esso sia in realtà diminuito di oltre il 60% negli ultimi 20 anni. E lo stesso potremmo dire per molti altri problemi (sia nazionali che internazionali) che sono in netta diminuzione ma vengono percepiti in crescita, per questa perversa distorsione dell’informazione. Tanto per fare un altro esempio, proprio mentre scoppiava lo scandalo mala-sanità, qualche anno fa, l’Italia veniva premiata dall’OMS come secondo miglior sistema sanitario al mondo, a seguito di un’analisi internazionale seria e approfondita che considerava decine e decine di parametri oggettivi. Eppure la sensazione diffusa, frutto delle quotidiane notizie che mostravano singoli esempi negativi, era quella di un sistema allo sbando.
È evidente che l’errore è umano e volendolo trovare ci si riuscirà sempre, però questa scelta arbitraria delle notizie contribuisce a creare una visione di profondo pessimismo rispetto alla realtà, che deprime la volontà di impegnarsi per un cambiamento possibile. Mostrare invece i progressi, in alcuni ambiti davvero straordinari, che si stanno realizzando grazie all’impegno di tante persone di buona volontà, contribuirebbe a promuovere tale cambiamento positivo. La psicologia sociale ci insegna infatti che l’informazione di cui disponiamo può orientarci all’impegno e alla partecipazione oppure, al contrario, farci rinchiudere in noi stessi e nella rassegnazione.

Dotti 2Nella buona e nella cattiva luce

È ampiamente dimostrato quanto le cattive notizie contribuiscano a creare una cattiva predisposizione verso gli altri e situazioni di stress e ansia, soprattutto in ambito lavorativo, che ci costano non solo in termini di salute ma anche economici. Secondo una ricerca svolta dalla Comunità Europea, lo stress ci costava, già nel 2002, ben 20 miliardi di euro all’anno, di cui 4 solo in Italia: circa 80 euro all’anno per ogni cittadino italiano, che diventano addirittura 200 euro all’anno per cittadino, considerando anche i costi indiretti legati a disturbi cardiaci e depressione.
Al contrario, le buone notizie - intese come notizie che presentano atti di coraggio, bontà o esempi positivi da seguire - sono in grado di suscitare emozioni positive, spingere le persone a seguire gli esempi presentati e addirittura provocare reazioni fisiche tali da lasciare un’impronta duratura capace di influenzarne le azioni future. Questo fenomeno, che in psicologia prende il nome di «elevazione morale», può provocare cambiamenti comportamentali e predisporci all’empatia e all’interazione sociale, producendo anche un aumento di stima e autostima.
Lo stesso, in modo speculare, potremmo dire rispetto alle pubblicità, che ormai da anni sono scollegate dalla realtà concreta e hanno smesso di descriverci le caratteristiche dei prodotti che dovrebbero promuovere, perché si è ormai capito che è molto più efficace evocare, a un livello assolutamente irrazionale, un’emozione piacevole, da abbinare poi al marchio del prodotto.
Poco importa che questa emozione abbia o meno un qualche fondamento, o addirittura una qualche correlazione col prodotto stesso. Assistiamo spesso a spot in cui, fino all’ultimo secondo, non riusciamo neppure a comprendere quale sia il prodotto reclamizzato! Sembra incredibile ma è questa, purtroppo, la tecnica migliore per vendere.

Consumatori critici

Ed è chiaro quanto la “cornice” narrativa negativa tutto intorno, impregnata di pessimismo e rassegnazione, faccia splendere, forse involontariamente, ancor più il “quadro” dentro allo spot pubblicitario, edulcorato, rasserenante, talvolta quasi bucolico, come nel caso del bianco mulino. Il tutto evidentemente è fittizio e dura pochissimo, giusto il tempo per l’acquisto. Già, perché l’ottimismo dell’acquirente si disperde rapidamente, non appena egli sperimenta, per l’ennesima volta, la delusione che deriva dal proprio acquisto, che la pubblicità gli aveva presentato non come un semplice prodotto, ma come una autentica promessa di felicità.
Mentre l’ottimismo del venditore si rinnova ad ogni vendita, proprio per la consapevolezza che il meccanismo dell’obsolescenza programmata (oggetti prodotti apposta per non durare), combinato con quello dell’obsolescenza percepita (per cui i nostri oggetti ci appaiono presto vecchi e ormai superati), continueranno a produrre il loro perverso effetto di far girare la ruota degli acquisti. Fin che dura...
Tutto questo, infatti, avviene in nome del profitto, in barba alla sostenibilità ambientale, alla nostra salute, alla qualità della vita, spesso anche ai diritti umani dei nostri fratelli che hanno prodotto molti dei beni che acquistiamo. Ma per fortuna continua inesorabilmente a crescere il numero dei consumatori critici, che hanno capito tutto questo e, partendo da un’informazione alternativa, compiono scelte sempre più libere e consapevoli, improntate al rispetto della natura, dei diritti umani e anche del proprio sacrosanto “diritto ad un vero ottimismo”!