Soccorso alla clinica e altri cambiamenti

Intervista a Raffaello Del Debole e Maurizio Gentilini 

Rubrica in Missione intervista a Raffaello e Maurizio 1 - dida primissimo piano di Padre Raffaello pensieroso foto di archivio missioniAi primi di dicembre, a poche ore dalla partenza per l’Etiopia, ho incontrato fra Raffaello e fra Maurizio, al termine del periodo di riposo dalle fatiche della missione. Pensando ai cambiamenti di cui ha parlato il Ministro provinciale Matteo Ghisini nella sua intervista, ho provato a chiedere ai due missionari un commento sul futuro; ecco quanto mi hanno detto.

Fra Raffaello, nella missione in Etiopia si stanno avvicinando grandi cambiamenti. C’è qualche aspetto particolare che potrebbe interessare i lettori di Messaggero Cappuccino?

Quando mi hai chiesto di fare questa chiacchierata, mi sono detto che non volevo parlare ancora di missione, perché mi sembrava di avere già detto tanto.

Poi mi sono detto che potevo parlare di un aspetto che mi sta molto a cuore: la clinica di Duga. L’intera responsabilità del Dawro Konta passerà alla nuova Custodia di Etiopia che certamente dovrà affrontare molti problemi, mentre la clinica, che dipende dal vescovo, non ricadrebbe nel passaggio alla Custodia. Per questo potrebbe in qualche modo trovarsi in difficoltà economiche. Così mi è venuto in mente - sperando quasi che il nostro incontro sia stato “organizzato” dalla Provvidenza - di cercare, attraverso la rubrica missionaria, un sostegno che permetta in modo diretto alla clinica di continuare a offrire i servizi alla gente di Duga. Mi piacerebbe poter immaginare una sorta di indipendenza per la clinica, che le consenta di coprire le tante richieste di primo intervento che capitano continuamente.
La storia di quella struttura è iniziata vari anni fa, quando l’allora vescovo Rodrigo mi chiese di realizzare una strada e una clinica, che la Provincia dell’Emilia-Romagna accettò di costruire, anche perché posta in un punto strategico. L’altra clinica è dove si trova padre Renzo, a non meno di una quindicina di chilometri di distanza, con una strada che diventa un fiume di fango ogni volta che piove, tanto che, per venire da me, Renzo è costretto a caricare nel fuoristrada un gruppo di operai con zappe e badili per liberare la strada. In occasioni come queste, se ti capita una situazione improvvisa - come può essere anche solo una partoriente con le doglie - non è possibile pensare di mettersi in viaggio per fare tanta strada malridotta.
È vero che - stando al giudizio degli ispettori, che vengono periodicamente a verificare il funzionamento della nostra struttura - si tratta più di un pronto soccorso che di una vera e propria clinica e che sarebbe bene, anche secondo loro, potenziarlo, proprio per offrire un servizio più completo. Questo però comporterebbe costi maggiori, con ulteriore personale da reperire, che per ora non possiamo permetterci, anche se ce ne sarebbe davvero molto bisogno. Pensa anche solo al dolore di denti e non poter fare altro che sopportarlo sperando che passi: se fosse presente qualcuno in grado di intervenire sarebbe di grande aiuto per la gente! Ma perché possa continuare a offrire il servizio e magari migliorarlo occorre trovare un sostegno. Ecco perché ho pensato che anche questa nostra chiacchierata potrebbe essere una mano della Provvidenza…
In realtà ora esiste anche una clinica governativa, ma è tutta un’altra cosa e spesso si trovano in difficoltà persino per trovare le medicine. Questo a me non è ancora capitato e persino ora che sono in Italia e sto per ripartire, ho ricevuto dal mio infermiere una telefonata con l’elenco delle medicine che dovrò ritirare alla farmacia di Soddo quando rientrerò a Duga nei prossimi giorni. Anche nel servizio offerto c’è differenza, perché secondo me - e lo ripeto sempre a Tamrat, il mio infermiere, cresciuto nella mia scuola a Timbaro in Kambatta - è importante dare aiuto anche a chi non può permettersi di contribuire in alcun modo.

Rubrica in Missione intervista a Raffaello e Maurizio 2 - dida Fra Maurizio Gentilini missionario a Soddo (Etiopia) foto archivio missioni Fra Maurizio, in base alla tua lunga esperienza missionaria, verso quale missione state andando?

Mi sembra quasi una domanda tranello… In base alla storia che ho in parte vissuto, abbiamo iniziato una nuova missione - quella del Dawro - dopo che quella del Kambatta era arrivata a compimento, tanto che sono subentrati i frati e i sacerdoti locali, ormai in grado di portare avanti da soli il lavoro. Ora nel Dawro siamo in quella stessa fase di passaggio, resa possibile dalla presenza di forze locali in grado di portare avanti la missione costruita in questi anni. In fondo si tratta di un nuovo inizio, con le strutture spirituali ma anche quelle di promozione sociale affidate al clero locale, anche se il sostegno economico proveniente dall’Italia continua a essere indispensabile.
La mia presenza, inizialmente legata all’officina costruita nel Kambatta, è richiesta ancora a Soddo, non solo per seguire quella struttura, ma anche per stare con i frati locali e condividere la vita di fraternità. In fondo si sentono un po’ alle prime armi anche in questo e hanno bisogno di condividere la vita fraterna, nella scoperta di una nuova forma di vita. Come fraternità seguiamo anche la scuola tecnica, oltre all’officina: è un impegno materiale importante, anche se non è facile portarlo avanti; c’è chi spererebbe che facessi tutto, ma non è possibile. La realtà non è più quella di quando sono partito per la missione, quando per recuperare i pezzi di ricambio bisognava fare i 400 chilometri che separano Soddo da Addis Abeba.
Oggi quello che era un grande villaggio di circa trentamila abitanti sparsi in capanne, è divenuto una vera e propria città con oltre novantamila residenti, con le principali strade asfaltate e quelle minori pavimentate in blocchetti di cemento, con case in muratura e anche una sede universitaria, oltre ad almeno una decina di meccanici. I cambiamenti sono davvero impressionanti, un po’ come accadde in Italia negli anni del dopoguerra, quando fu il momento di ricostruire tutto. Case nuove, centri commerciali, strade, servizi… Soddo è anche la città in cui trovano i rifornimenti dal Dawro, per cui ogni settimana ho l’occasione di incontrare o gli stessi missionari presenti nel Dawro o i sacerdoti che lavorano nella missione. Anche per l’Etiopia la fine della guerra ha dato il via a una serie di cambiamenti davvero impressionanti, e se prima molte cose non le si trovava neppure nella capitale, ora si trovano persino più facilmente che in Italia, come ad esempio le lampade a led che in Italia iniziano a diffondersi ora, mentre in Etiopia sono già molto diffuse, anche perché il governo punta molto su prodotti tecnologici che consumano poco.
Insomma, non è facile dire dove stiamo andando, ma di sicuro la realtà sta cambiando molto rapidamente. Di certo - e questo è un dato inarrestabile - quel che aumenta sempre di più è l’età dei missionari…