«Giugnendo una volta santo Francesco alla città di Bologna, tutto il popolo della città correa per vederlo; ed era sì grande la calca, che la gente a grande pena potea giugnere alla piazza …». È in questa stessa piazza di Bologna, nella quale san Francesco passò e lasciò il segno, che i prossimi 25, 26 e 27 settembre si terrà la settima edizione del Festival Francescano.
Caterina Pastorelli
Cantico di Frate Sole
In risonanza con l’Expo 2015, il Festival Francescano approda a Bologna
«Giugnendo una volta santo Francesco alla città di Bologna, tutto il popolo della città correa per vederlo; ed era sì grande la calca, che la gente a grande pena potea giugnere alla piazza. Ed essendo tutta la piazza piena d’uomini e di donne e di scolari, e santo Francesco si leva suso nel mezzo del luogo, alto, e comincia a predicare quello che lo Spirito Santo gli toccava. E predicava sì maravigliosamente, che parea piuttosto che predicasse Agnolo che uomo, e pareano le sue parole celestiali a modo che saette acute, le quali trapassavano sì il cuore di coloro che lo udivano, che in quella predica grande moltitudine di uomini e di donne si convertirono a penitenza» (FF 1860).
Crocevia di culture
È in questa stessa piazza di Bologna, nella quale san Francesco passò e lasciò il segno, che i prossimi 25, 26 e 27 settembre si terrà la settima edizione del Festival Francescano che, dopo Reggio Emilia e Rimini, arriverà per la prima volta in questa importante città emiliana, con il desiderio di far risuonare quelle “parole celestiali che pareano a modo che saette acute”.
Fedele alla sua mission, infatti, il Festival cerca di testimoniare anche nell’organizzazione lo stile francescano e, facendo proprio il valore dell’itineranza, fiducioso di aver gettato semi che potranno germogliare, lascia la città di Rimini che nei tre anni passati l’ha accolto con il calore e l’entusiasmo tipici della Romagna e guarda, con un po’ di trepidazione, alla città delle Due Torri.
Sì, perché Bologna fa un po’ paura: perché è grande; perché è il capoluogo di Regione; perché è la sede della più antica Università; perché è il crocevia di riconosciuti percorsi culturali, turistici e commerciali; perché ha una storia importante che si respira sotto a ogni portico; perché è ricca di significativi luoghi dello spirito.
Si tratta, però, di una sana trepidazione che si traduce in stimoli, idee, proposte per connotare sempre più il Festival Francescano come un evento culturale e spirituale unico nel suo genere, che entra in dialogo con la città che lo ospita e crea occasioni di incontro, confronto e approfondimento su tematiche francescane attuali.
Portare il Festival in una nuova città significa iniziare una nuova relazione con gli attori istituzionali e sociali del territorio, con la lentezza e tutti i passaggi che questa comporta: incontrarsi, presentarsi, raccontarsi, conoscersi, scoprire punti in comune e differenze di pensiero, lanciare proposte e accettare consigli, imparare a muoversi e farsi guidare… Questi passi sono stati compiuti nei mesi scorsi e hanno permesso di avvicinarsi alle principali realtà bolognesi, con la speranza che il Festival Francescano possa presentarsi a settembre in piazza Maggiore e “tutto il popolo della città correa per vederlo”.
Testo guida il Cantico di Frate Sole
Giunti in piazza, i bolognesi, ma anche i reggiani e i riminesi che seguono il Festival sin dalla prima edizione e tutti i visitatori che in questi anni la manifestazione è riuscita ad attirare, troveranno un programma ricco di oltre cento iniziative tutte dedicate a “sorella terra”. È questo, infatti, il tema della settima edizione, che non poteva restare indifferente all’influsso dell’Expo e cogliere l’occasione e il compito di arricchire del punto di vista francescano il dibattito culturale e sociale che questo evento mondiale creerà sul tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Anche l’annuncio di una nuova enciclica di papa Francesco sull’ecologia e la custodia del Creato è stato uno stimolo significativo per scegliere nel Cantico di Frate Sole (FF 263) il testo guida di questa edizione che si interrogherà, appunto, sul rapporto Uomo-Natura, nella consapevolezza che siamo quella componente della Terra che sente, pensa, ama e che si deve prendere cura della casa nella quale abita.
Riportando alcune frasi tratte dal Manifesto Scientifico del Festival Francescano, elaborato da suor Maria Gabriella Bortot, Vicepresidente del Movimento religiose francescane; Remo Di Pinto, Presidente del Movimento francescano italiano; suor Mary Melone, Rettore Magnifico della Pontificia Università Antonianum; fra Francesco Patton, Ministro provinciale dei Frati minori di Trento; fra Prospero Rivi, Segretario del Movimento francescano italiano; fra Fabio Scarsato, Direttore del Messaggero di sant’Antonio - che si può consultare in forma integrale sul sito www.festivalfrancescano.it - si coglie come Francesco d’Assisi non solo fosse un amante della natura, ma anche il cantore del Creato. La differenza è grande e i vocaboli non sono intercambiabili. Tant’è che la Bibbia praticamente mai usa il termine “natura” ma appunto quello di “creato”, categoria che da un lato segna l’infinita distanza tra il Creatore e la creatura, ma dall’altro ne fa emergere la radicale vicinanza e la sostanziale fraternità di tutte le realtà create. Nessuno intende così negare che Francesco avesse una prossimità del tutto affettuosa con la natura, ma è ben altra la “profondità” che Francesco intuisce e contempla nella natura e la fraternità che riesce ad instaurare con ogni essere animato o inanimato, tutti ugualmente creature dello stesso Padre! Il sole diventa “messer lo frate sole”, il signor fratello sole, e la terra diventa più che madre, “sora nostra madre terra”.
La creazione che cura il creato
Come afferma il Celano, infatti, «in ogni opera loda l’Artefice; tutto ciò che trova nelle creature lo riferisce al Creatore. Esulta di gioia in tutte le opere delle mani del Signore, e attraverso questa visione letificante intuisce la causa e la ragione che le vivifica. Nelle cose belle riconosce la Bellezza somma, e da tutto ciò che per lui è buono sale un grido: “Chi ci ha creati è infinitamente buono”. Attraverso le orme impresse nella natura, segue ovunque il Diletto e si fa scala di ogni cosa per giungere al suo trono» (FF 720).
In altre parole, Francesco non ama semplicemente la bellezza della natura per sé, ma in quanto lo rimanda a, “contiene” altro: l’agnello, la pietra, il verme, sono “belli” perché gli parlano di Cristo, Agnello mansueto, Pietra, Verme e non uomo; l’albero non va tagliato del tutto «per amore di Colui che volle operare la nostra salvezza sul legno della croce» (FF 458); nell’orto una porzione di terreno va lasciata libera di produrre erbe verdeggianti e fiorite «per amore di Colui che è chiamato fiore del campo e giglio delle valli» (FF 458).
La contemplazione di Francesco di fronte al creato è quella di un uomo tanto “impregnato” di parola di Dio da essere trafitto! È uno sguardo che non sfiora più gli “esseri”, ma li interroga, perché sente il richiamo della bellezza interiore, che è riflesso e rivelazione della presenza di Dio nell’eloquenza dei segni, del Tutto nel frammento.
È proprio attraverso la creazione che Dio si prende cura delle sue stesse creature, uomini e donne compresi: si serve del sole per illuminarci, del fuoco per riscaldarci, dell’acqua per dissetarci, dei frutti della sorella madre terra per nutrirci. Ma esse sono ancor più lo sforzo estremo cui Dio, pur di mostrarsi a noi, sottopone il finito. Le condizioni delle creature sono una testimonianza della sua grandezza fino al suo abbassamento: per il francescano Dio è là, sotto mille forme, nel senso che non crea per ritirarsi poi nel suo regno, ma dimora tra le sue creature, suo autentico altare. Per Francesco un albero è un albero, ma è anche “parola” e “presenza” del Creatore.
Una presenza del Creatore che permea anche tutto il Cantico di Frate Sole, un invito continuo a lodare il Signore e che sarà il testo sul quale la settima edizione di Festival Francescano si concentrerà.