In Convento si insegna anche ad apprezzare l’arte: è quanto accade a Reggio Emilia, nei locali dell’annesso Museo. Ce ne parla Antonello Ferretti, animatore di questi “Corsi” per tanti, giovani e adulti. Il Fioretto cappuccino ci spiega perché frate Masseo non recitò l’atto di dolore. 

Nazzareno Zanni

Alla scoperta del bello

Un corso, due volte all’anno, per immergersi nell’arte sotto ogni profilo

di Antonello Ferretti
animatore culturale a Reggio Emilia

Rubrica in Convento 01 - Ferretti dida i partecipanti ad uno dei corsi d'arte foto di Maura FavaliUna sorpresa che si rinnova

E la stessa situazione si ripete ormai due volte all’anno. Il “Corso” parte sempre in sordina, sembra che non riesca a decollare,

che le persone abbiano deciso di iscriversi a qualcosa d’altro, forse più simpatico e coinvolgente; ma quando la sfiducia inizia a prendere il sopravvento e si conclude (forse troppo precipitosamente) che è ora di cambiare attività e si pensa di “chiudere bottega”, ecco che nel giro di pochi giorni ci si trova di nuovo in 90 (numero massimo consentito) per iniziare una nuova avventura.
Il Corso… una parola grossa, quasi accademica, per indicare una realtà che è tutt’altro, ma ormai si chiama così e guai a cambiargli denominazione: sarebbe come cambiargli natura. Nato sette anni fa dalle menti vulcaniche e un po’ folli di fra Stefano Cavazzoni (allora direttore del museo dei cappuccini dell’Emilia-Romagna), fra Antonello Ferretti (responsabile delle attività didattiche museali) e Maura Favali (oggi responsabile delle attività legate ai beni culturali dei cappuccini dell’Emilia-Romagna), si tratta di una iniziativa volta a far conoscere il valore dell’arte sia nel suo aspetto storico-filosofico-teologico, che tecnico.
La bellezza, trascendentale tipico della filosofia francescana, è una via privilegiata per conoscere Dio e la sua rivelazione, e quindi, per ben due volte all’anno per un ciclo di quattro serate cadauna, si è deciso di sfruttare questa via per far incontrare la dimensione dello spirituale e del messaggio cristiano a coloro che son affascinati dal bello.

 Gli infiniti messaggi nascosti

Come la rivelazione divina spesso e volentieri ama nascondersi e presentarsi in maschera (direbbe il buon Nietzsche) per spingerci alla ricerca della Verità, così è per l’arte: nasconde infiniti messaggi e simboli che ad un primo sguardo si rischia di non cogliere o interpretare in modo errato se non vengono spiegati. Ma un manufatto va compreso nella sua totalità ed è per questo che si è pensato di andare alla scoperta anche della tecnica esecutiva che sottostà a tanta bellezza. Capire l’arte nella sua dimensione teorica-speculativa e tecnico-esecutiva per poter “prendere il volo” verso l’alto con tutto il nostro essere: gli occhi, la mente, il cuore e le mani.
Solitamente nei mesi di marzo e di novembre si svolgono i due “corsi” annuali. Ogni corso (come già accennato) prevede la partecipazione a quattro serate dalla durata di circa due ore ciascuna suddivise in “racconto dell’arte” e “tecnica esecutiva”. Diverse e varie sono state le tematiche affrontate nel corso di questi anni: “Con Giotto ad Assisi e Padova”, “Il legno della madre nella pittura del400”, “Il 600: trame ed orditi di un secolo”. Scoprire il mondo che si nasconde e viene simboleggiato nel ciclo di affreschi denominati “Storia della vera croce” di Piero della Francesca, oppure interrogarsi sullo sguardo enigmatico della Annunziata di Antonello da Messina, son stati solo due degli innumerevoli ed emozionanti momenti vissuti insieme davanti a proiezioni e riproduzioni più o meno fedeli agli originali.
E quando le luci si riaccendono in sala, ogni corsista (nome improprio per indicare amici in cammino insieme a noi verso il Bello) inizia – sotto l’esperta guida della restauratrice Maura – a stendere colle di coniglio (come avveniva nel ’400 e ’500 quando si dipingeva su tavole di legno) o a dar vita ad intonachini su tavelle per creare un piccolo affresco.
È come ritrovarsi sui ponti di Masaccio in Santa Maria del Carmine a Firenze o nella bottega del Verrocchio dove Leonardo, giovane garzone, avrà bollito ossa di coniglio per ottenere una colla da stendere sul supporto pittorico e avrà a lungo tritato pietre nei mortai per ottenere polveri colorate.
Le polveri colorate, la magia di ogni corso: legate tra loro con uova, olio di lino o altre sostanze son sempre macchie di luce e di vita che per un po’ fanno dimenticare la quotidianità grigia piena di tecnicismo e materia per portare tutti in una dimensione altra in cui la voglia di comunicare – mentre si usa il pennello (altro compagno inseparabile e fedele del “corso”) – prende il sopravvento e rende tutti un po’ più umani e disponibili ad ascoltare e a regalare parole positive.

Rubrica in Convento 02 - dida Fra Antonello Ferretti, durante una lezione Non si finisce più

Vogliamo creare pittori in erba? Andare alla scoperta del nuovo Tintoretto o Giorgione? Assolutamente no. Tutti possono partecipare senza paura di non essere all’altezza: il bello è a portata di tutti, basta lasciarsi prendere per mano e coinvolgere, e il gioco è fatto. Persone anziane, adulti, giovani, operai, insegnanti, farmaciste ed impiegati … ce n’è per tutti i gusti davvero.
E i luoghi di provenienza? Essendo il luogo degli incontri il convento dei cappuccini in via Ferrari Bonini a Reggio Emilia, è chiaro che si tratta prevalentemente di reggiani, ma abbiamo amici che ci seguono con passione anche da Modena, Carpi, Sassuolo e in passato abbiamo “sforato” fino a Cento di Ferrara e Milano.
Quattro serate a colpo, ma quanto tempo richiedono queste attività? Se dovessimo fare un backstage del “corso” ci accorgeremmo di tante piccole cose: di quante ore servano per preparare con competenza il racconto dell’arte, quanti libri occorra consultare e quante volte ci si debba recare in biblioteca per andare alla ricerca di fonti sia testuali che iconografiche. Sul versante tecnico il dispendio di energia e tempo non è inferiore: acquistare e predisporre il materiale, seguire i corsisti nella parte esecutiva, preparare con gusto e precisione l’allestimento della sala ogni serata. Insomma, dietro le quinte il lavoro inizia almeno due mesi prima e per alcuni aspetti non finisce quasi mai. E tutto finisce con l’ultima serata in cui ognuno porta a casa il proprio elaborato insieme alle emozioni e riflessioni vissute per un mese?
Assolutamente no! Dove mettete la gita, momento qualificante ed attesissimo di ogni “corso”? Le immagini viste su uno schermo prendono consistenza dal vivo con le parole di esperti storici dell’arte. Cappella degli Scrovegni, Brera, Uffizi, Ravenna, Venezia sono state alcune delle nostre mete ed anche qui arte e fraternità, arte e scoperta di un senso altro del vivere e del sentire il tempo e lo spazio che non ci inghiottono, ma ci accolgono, sono elementi caratterizzanti.
Ma anche la gita non è la fine. Tra un corso e l’altro son sparsi qua e là appuntamenti per ritrovarsi: un the al museo dei frati, concerti nel chiostro del convento e quanto la fantasia può suggerire.
Come sarà il prossimo corso? Sarà magico come gli altri? Non lo sappiamo. L’unica certezza è questa: stiamo già preparandolo.