Un intreccio di parole delicate

Le complesse relazioni familiari richiedono una comunicazione viva e accogliente 

di Stefano Folli ed Elisa Fiorani
coniugi, dell’Ordine Francescano Secolare di Faenza

Folli 01Un linguaggio mite

«Dona un linguaggio mite, che non conosca i fremiti dell’orgoglio e dell’ira». Queste parole di un inno delle lodi mattutine dovrebbe accompagnare tutte le mattine il risveglio in casa ed essere una guida per la comunicazione in famiglia.

Forse il linguaggio è un po’ antiquato, i «fremiti dell’orgoglio e dell’ira» sembrano arrivare dalla traduzione d’epoca di un romanzo di Jane Austen e mitezza è una parola ormai scomparsa dal vocabolario quotidiano. Eppure penso che oggi abbiamo proprio un gran bisogno di un linguaggio mite, immersi come siamo in un ambiente comunicativo aggressivo, tendente a innalzare facilmente i toni, a cercare la risposta fulminante e tagliente per mettere a tacere l’avversario di turno che ha osato mettere in discussione il nostro punto di vista.
In televisione dominano i contrasti forti, i dibattiti urlati, la competizione esasperata. Sui social network ci si scambiano facilmente frasi velenose e anche insulti, facilitati da una relazione che non è diretta, ma mediata.
E questo stile comunicativo rischia di farsi strada anche in famiglia, sgretolando la fiducia e la costruzione paziente di una relazione.
Abituarsi a smorzare la polemica, sforzarsi di utilizzare un linguaggio moderato e non offensivo, tenere come orizzonte il rispetto dell’altro, talvolta scegliere di tacere: con questo stile, probabilmente anche la comunicazione famigliare acquisterebbe una dimensione più positiva. Cominciando con quelli di casa (marito, moglie, figli, genitori), sono convinto che l’abitudine alla moderazione aiuterebbe a svelenire anche i rapporti al di fuori e di conseguenza a contribuire alla costruzione di una società più orientata alle buone relazioni.
Cercare la mitezza e la moderazione non significa affatto non dirsi le cose che non vanno o nascondersi e mettere la polvere sotto il tappeto, un atteggiamento che prima o poi può arrivare all’esplosione di chi è costretto o si è imposto di autolimitarsi. Significa piuttosto affrontare ogni situazione con lo sguardo volto oltre a se stessi, in una prospettiva costruttiva e che riconosca la dimensione della speranza. Gesù era mite, ma non la mandava certo a dire, né si tratteneva nell’esprimere se stesso, anche di fronte al Padre. Si manifestava anche nelle sue emozioni. Che bella una famiglia nella quale non temo di mostrare me stesso. Di parlare per comunicarmi, per donarmi, prima di tutto come coppia.

Folli 02Non tramonti il sole sopra la vostra ira

Un’altra regola alla comunicazione in famiglia ci viene ancora dalla liturgia delle ore, che nella compieta del mercoledì propone un brano della lettera agli Efesini. “Non tramonti il sole sopra la vostra ira”, esortazione che sembra scritta proprio per chi vive sotto lo stesso tetto: non lasciare incancrenire i dissidi, porre quanto prima le basi per una possibile riconciliazione, aprirsi in fretta al perdono e alla ricostruzione del rapporto. Non addormentarsi senza aver posto le basi per la risoluzione del conflitto. Insomma, tra coniugi e con i figli è necessario anche imparare a litigare, a rimproverarsi, senza cadere nello svilimento dell’altro o nell’affermazione vuota del proprio orgoglio. Come nei monasteri vigeva la regola del silenzio, così in una casa dovrebbe regnare la regola del “parlarsi” e non lasciare che il silenzio amplifichi le distanze e le renda incolmabili.

Equilibri particolari

È vero che chi si conosce profondamente può vivere momenti di silenzio condiviso, che non sono fonte di imbarazzo e di vuoto, ma di contemplazione. Altrettanto vero che possiamo parlare con gli occhi e farci bastare uno sguardo, una stretta di mano, un abbraccio, un bacio leggero, per capirci. Il tempo della relazione porta al silenzio, ma non smette di nutrirsi di parole. Come la preghiera. E se stiamo troppo in silenzio in famiglia, rischiamo di presumere di sapere tutto dell’altro e che l’altro sappia tutto di noi.  Rischiamo di darci per scontati e invece cambiamo tutti, anche se i figli lo fanno certamente in modo più visibile e spesso destabilizzante. Cambiano le paure, cambiano i sogni, cambiano i corpi, cambiano le capacità, cambia la salute, cambiano le cose che ci piacciono e quelle che detestiamo. Non diamoci mai per scontati.  L’amore per sempre è fatto di tanti giorni di 24 ore messi l’uno di fianco all’altro.
Parole e silenzi hanno allora tra loro equilibri strani, particolari, fragili e pericolosi. È facile che una parola di troppo possa rovinare una situazione, è facile che le parole vengano interpretate diversamente da come le intendevamo, è facile che il silenzio non venga capito nel modo giusto.
E quanto più siamo vicini (non solo fisicamente, ma spiritualmente e affettivamente), tanto più quell’equilibrio diventa delicato. La famiglia è un universo di comunicazioni dirette, mediate, simboliche, fatte di presenze e assenze, di gesti e messaggi cifrati, di dialoghi sussurrati e di parole urlate, di silenzi carichi di significato e di altri che interrogano. E non è una questione di ricetta, non ci sono dosi giuste, ma piatti unici e irripetibili. Gli ingredienti che non devono mai mancare, però, sono impegno, responsabilità, attenzione e accoglienza.