Libera le parole

Intervista a Vincenza Rando avvocato di Libera e collaboratrice di don Ciotti

a cura di Saverio Orselli 

Rando 01- libera www.aclibergamo.it Il versetto del libro del Qoèlet (3,1): «Davanti a Dio siano poche le tue parole» suggerisce il tema che vogliamo sviluppare, cioè “Le parole”. Esistono “parole in crisi di identità”?

Le parole che pronunciamo hanno una grande responsabilità. Prima di pronunciarle le pensiamo e così ci regalano emozioni.

Chi ruba il significato alle parole, chi manipola le parole offende le persone, offende la stessa umanità.
Tante sono le parole che ci sono state rubate per essere manipolate. Le mafie, i corrotti, la cattiva politica si sono presi abusivamente tante parole, ne hanno svuotato il loro significato utilizzandole per altri fini, per esempio le parole ‘onore’, ‘fedeltà’, ‘stima’, ‘rispetto’, ‘legalità’, ‘responsabilità’, ‘solidarietà’. Pensando alla parola ‘onore’ che la mafia utilizza volendo parlare di ‘patto delinquenziale’, ‘patto omicida’, ci dovremmo sentire tutti profondamente offesi, perché le mafie utilizzano con una precisa finalità le nostre parole per truffarne il significato e lo fanno proprio per spezzare il patto di comunità.
La nostra meravigliosa Carta Costituzionale usa i termini ‘onore’ e ‘fedeltà’ all’art. 54: «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalle legge». Questo è il significato della parola ‘onore’, e cioè adempiere, servire il Paese, le funzioni pubbliche e quelle private, con ‘onore’.
Le mafie, svuotando il significato di ‘onore’, l’hanno fatto diventare altra cosa. Quando usano la parola ‘onore’ vogliono dire uccidere, minacciare, intimidire, fare affari, fare soldi: per dire tutto questo parlano di ‘onore’ e ‘fedeltà’. E questo per imbrogliarci, raggirarci, falsificare il senso delle parole. Noi abbiamo il compito e la responsabilità di riprenderci le parole, di sequestrarle ai mafiosi e corrotti e gridare loro che rubare il significato profondo alle parole è un grave reato contro la comunità.
Le parole svuotate di significato distruggono la comunità, perché le parole svuotate camminano per arrivare nella testa e nel cuore delle persone, e quando arrivano non lasciano niente, perché sono state svuotate e svuotano così anche la testa e l’anima delle persone. Ecco perché abbiamo una grande responsabilità: riprenderci le parole, custodirle, farle arrivare nel cuore e nella testa delle persone con il loro giusto significato.
Un esercizio di senso, di significato mi è stato insegnato a scuola. Un bravo professore a Zurigo, nella scuola media che frequentavo, ci insegnava a capire il significato profondo delle parole e ci diceva che quando ne capivamo veramente il senso questo si doveva tradurre in azioni. E questo è un esercizio che continuo a fare. Quando penso alle parole che devo pronunciare, sento tanta responsabilità e cerco sempre di non offenderne il significato, perché sentirei di offendere la persona cui sono destinate: questo per me vuol dire ‘rispetto’, il ‘rispetto’ che mi fa sentire libera e non spaventata. Per i mafiosi ‘rispetto’ significa inchinarsi al boss, anche quando ti intimidisce, ti minaccia, ti toglie la libertà. Quando sento parole che camminano solitarie e che servono solo a chi le pronuncia per affermare la propria forza intimidatoria, e per creare in chi le ascolta sudditanza e paura, penso che ripristinare il significato delle parole significa affermare libertà e giustizia.

Rando 02Nel Manifesto degli Stati Generali dell’Antimafia 2014 è stato scritto: «Dobbiamo dare nuovo significato a parole stanche ma ancora cariche di valore»: di quali parole si tratta e perché sono divenute stanche?

Tante sono le parole divenute stanche e che tutti spesso usano, quelle che sento più forte in questo momento sono le parole ‘legalità’, ‘antimafia’, ‘impegno’, ‘solidarietà’. Tanti parlano di ‘legalità’ e continuano a violare le leggi, continuano a utilizzare la ‘furbizia’ e non il coraggio delle scelte. Ho incontrato gente che pronuncia ‘legalità’ e pensa ‘furbizia’, voglia di violare la legge e non essere punito, anzi se non è punito si sente proprio furbo e questo lo fa stare bene, ma continua a parlare di ‘legalità’.
Altra parola che sento spesso e che ha un grande significato è ‘antimafia’. È una parola notevole perché rappresenta la stessa storia di questo nostro Paese, storia di dolore, perché sono morte tante persone, donne, bambini, professionisti... uomini e donne delle istituzioni, della buona politica, del mondo sindacale, del mondo dell’informazione. Sono morti perché erano antimafiosi, contro le mafie e le loro condotte: i loro comportamenti erano antimafiosi.
Sentire che questa parola viene utilizzata da indagati per mafia e/o concorso esterno in associazione mafiosa, mi indigna e mi fa venire voglia di combattere ancora di più contro le mafie e tutte le sopraffazioni. Un mafioso siciliano, dopo aver chiesto il permesso al boss Bernardo Provenzano, ha pensato di organizzare una manifestazione antimafia. Queste sono parole che hanno ancora un grande significato, perché è necessario praticare azioni contro le mafie ed essere contro le mafie, ma è una parola abusata, che dobbiamo riprenderci a pieno titolo.
Nel corso dei numerosi seminari tematici degli Stati Generali dell’Antimafia abbiamo molto riflettuto sulla responsabilità delle parole: non dobbiamo diventare analfabeti; forse in questo momento abbiamo bisogno di alfabetizzarci, ritornare a studiare il significato delle nostre parole e delle nostre azioni, e, così facendo, saremo più attenti a rispettare la nostra comunità e avremo più coraggio per combattere le mafie, le corruzioni, le sopraffazioni e per ritornare a sentire l’odore e il sapore della libertà.

Rando 03 - Don Luigi Ciotti e Vincenza Rando alla manifestazione di libera a Bologna il 21 marzo 2015 Nel suo intervento agli Stati Generali, Roberto Saviano citava il Talmud che, parlando di parole, dice che «prima di pronunciare una parola sei tu che domini la parola; una volta pronunciata è lei che domina te». Quanto sono importanti le parole pronunciate e quelle taciute sulle mafie?

Come dicevo, le parole hanno una grande responsabilità; per questo, prima di pronunciarle, le dobbiamo pensare, scandire dentro di noi, perché quando le pronunciamo, le parole dominano noi e possono costruire comunità o distruggere umanità. Le parole rispettate nel loro significato costruiscono ponti, sentimenti, emozioni e disegnano il loro significato nella nostra testa e nel nostro cuore, chi le ruba invece distrugge, minaccia, violenta, demolisce ponti, sentimenti, emozioni. Dobbiamo pronunciare tante parole che abbiamo dimenticato: bellezza, tenerezza, carezza, amore, amicizia, prendersi cura, e non dobbiamo tacere parole contro le mafie.
Le mafie edificano il loro potere sul nostro silenzio e la nostra indifferenza e diventano sempre più forti quando hanno cittadini, politica, economia indifferenti, sordi e silenziosi. Noi dobbiamo parlare contro le mafie, dobbiamo disturbare le mafie, dobbiamo denunciare le mafie, dobbiamo dire che puzzano, che distruggono, che rubano, che uccidono, che seminano dolore.
Vale anche per i corrotti perché fanno la stessa puzza. Dobbiamo pronunciare parole contro gli uomini e le donne delle istituzioni, della politica, del mondo economico che hanno adempiuto i loro impegni con disonore; questo fatto è ancora più grave, perché loro avevano la nostra fiducia e l’hanno tradita, hanno tradito la nostra costituzione e noi tutti.

Rando 04- foto Pietro Casadio Ancora agli Stati Generali dell’Antimafia don Ciotti ricordava le parole dell’amico don Tonino Bello, «delle parole dette mi chiederà conto la storia, ma del silenzio con cui ho mancato di difendere i deboli dovrò rendere conto a Dio»: esiste una strada per liberare dal silenzio forzato le tante parole non dette?

Io credo che proprio perché siamo responsabili non solo delle parole dette, ma anche di quelle taciute, il nostro silenzio è molto pericoloso, specialmente il silenzio che serve alle mafie e ai corrotti e spezza il legame di solidarietà della comunità. Penso anche al silenzio contro le ingiustizie, il silenzio contro le povertà, non solo quella economica, ma quella sociale, umana. Ognuno di noi non può stare in silenzio se le persone, se il mondo edifica ingiustizie, sopraffazioni, cancella diritti. Un Paese senza diritti, senza giustizia, è un Paese dove nessuno vive bene.
A che serve possedere senza avere anima, a che serve costruire case con inferriate per paura delle persone, a che serve vivere nella paura, senza sentire la bellezza dell’incontro, dell’accoglienza, della solidarietà? Un giorno ho fatto una scelta che mi è stata contestata da molti cittadini della mia città perché inizialmente gli adulti non hanno capito, mentre i bambini hanno capito immediatamente. Ma quando gli adulti hanno capito mi sono stati vicini.
Da Assessore alla Pubblica Istruzione a Niscemi (CL) una delle prime cose che ho fatto è stata quella di visitare gli edifici scolastici, i luoghi in cui i bambini trascorrono tante ore della loro vita, luoghi di crescita, di emozioni, di amicizia. Una cosa che ho visto era che in tutti gli edifici scolastici alle finestre c’erano le inferriate. Mi hanno spiegato, gli adulti, che le inferriate erano necessarie perché si aveva paura che estranei potessero entrare negli edifici e danneggiarli.
Ho preso una decisione dopo averla condivisa con la mia Giunta. Ho pensato che era giusto che i bambini a scuola dovevano guardare dalla finestra e vedere il cielo non a quadretti, ma intero e che la scuola non poteva avere paura, anzi non doveva comunicare paura. Ho fatto eliminare tutte le inferriate, ho colorato le pareti delle stanze che erano grigie, ed ho anche pronunciato una parola e cioè che la scuola era il luogo di tutti e tutti dovevano rispettarla e questo rendeva più sicuri i bambini.
Mi hanno contestata, mi hanno criticata, mi hanno detto che se entravano i vandali e distruggevano la scuola la responsabilità era mia. Mi sono assunta la responsabilità: oggi i bambini vanno a scuola e guardano il cielo per intero, non hanno inferriate, non sono entrati i vandali, e le scuole sono diventate il primo presidio di legalità e di solidarietà della città.
La strada che conosco per liberare dal silenzio forzato le parole non dette me l’hanno insegnata le tante donne che hanno denunciato le mafie, le sopraffazioni, le violenze, per amore dei loro figli, della libertà. Mi hanno insegnato il coraggio delle parole; e le parole si liberano facendo spazio, nel proprio cuore, alle emozioni, all’amicizia, alle persone; mi hanno fatto sentire l’odore del coraggio, il profumo della libertà. Mi hanno insegnato a pensare che in questa bella avventura della vita quello che conta è saper riconoscere un bel sorriso, un amico o un’amica.