Il plusvalore della parola

Ogni parte del linguaggio veicola un insieme di emozioni e di significati di relazione

di Anna Pia ViolaViola 01
docente di filosofia all’Università di Palermo

Parole…soltanto parole?

Ciascuno di noi vive di parole, con le parole, attraverso le parole, sulle parole, per le parole. Questo non deve sembrare esagerato o far pensare che siamo inevitabilmente e volontariamente dei parolai, chiacchieroni e inconcludenti.

È vero che quando di un uomo si dice che è di “poche parole”, spesso lo si usa in senso di rispetto, quasi a dire: “non si perde in cose inutili”. Il detto, poi: “fatti e non parole”, si muoverebbe su questa linea ritenendo le parole come inefficaci o che comunque debbano essere accompagnate da gesti concreti per poter essere prese in considerazione. Ma è davvero così? Dobbiamo cedere ad una insostenibile leggerezza delle parole? Credo che ci sia molto di più!
Cominciamo a pensare, ad esempio, a quel rapporto di fiducia che si instaura fra due persone quando ci si scambia la “propria parola”, quando si è certi del favore ricevuto solo per il semplice fatto che l’altro mi ha dato “la sua parola”. In questo senso, le parole o la parola data, rapprensentano addirittura la persona stessa, il suo impegno. Ciò significa che le parole in se stesse, nel loro atto di esprimere un pensiero, un’emozione, un desiderio, hanno la forza, misteriosa e potente, di rendere presente ciò che prima non c’era.
La forza della parola, inoltre, viene invocata dalla realtà stessa in cui siamo immersi e che ha bisogno di parole per essere raccontata, compresa e tramandata. Fin dalla nascita, infatti, il bambino esercita l’udito per cogliere le parole che costituiranno poi la possibilità per esprimere il suo bisogno e desiderio. Dirà: «Voglio questo! Non è giusto!», chiederà: «Cos’è questo? Che significa questo? Perché non posso fare questo?...», invocherà: «Mi dici che mi vuoi bene?». La parola siamo noi come quel luogo in cui si compie il senso di ciò che viviamo. La bellezza e l’originalità di tutto questo sta nel fatto che senza la parola che spiega il significato delle cose, di ciò che sento e che vedo, non potrei davvero dire di fare mia una data realtà.

Viola 02La chiave di lettura di chi ci è accanto

Ancora più profondamente, la parola che ricevo mi apre gli occhi su una “cosa” che vivo e solo dopo tale “parola” ne riconosco davvero la sua ‘realtà’. Come è possibile questo? Per un fatto molto semplice. Spesso confondiamo e sostituiamo ciò che sentiamo (il nostro vissuto, ciò che ci tocca) con il significato e il valore della cosa che ci sta davanti. Scambiamo per realtà, verità, ciò che invece è solo un fatto che è capitato e il cui senso e orientamento va colto ed è espresso attraverso una parola che illumina. Un fatto diventa realtà, vero, perché ne colgo il senso. Ed è bellissimo sentire che finalmente «vediamo le cose per quelle che sono», ossia riusciamo a pensare in maniera differente e ad orientare le nostre azioni in un altro modo. E tutto questo grazie alla parola di chi si è posto accanto a noi, consapevolmente o meno, e che ci ha dato la chiave di lettura.
Questo diventa più evidente quando attraversiamo un momento di difficoltà o viviamo un dolore profondo. In tali momenti chiediamo una parola di conforto, una parola che ci aiuti a sopportare il peso della nostra sofferenza. Ma come potrebbe una parola, un suono, un pensiero, sollevarci? Eppure accade proprio questo. Il ‘fatto’ doloroso non ci viene tolto, ma il suo peso ‘reale’ è trasformato attraverso la parola. Una parola che ha potere di far vivere e rinascere oppure umiliare e far morire. La parola crea, trasforma, unisce e divide. La parola crea nuovo pensiero e nuova forza. Certamente ci sono parole ‘forti’ e parole ‘leggere’. ‘Leggere’ non perché superficiali e prive di efficacia, ma, al contrario, parole che portano uno spirito di leggerezza e di gioia.
Una parola cortese, una domanda discreta, una battuta di spirito, riescono a stemperare un clima difficile e a contestualizzare meglio ciò che accade. Si dice che i santi siano persone di ‘spirito’. Forse ciascuno ha il suo senso del humor, di certo chi sa fare ironia su di sé ha capito di non essere lui Dio, è capace di non assolutizzare le cose, di accettare la parola offensiva cogliendone il tratto di verità e restituendola privata del suo effetto doloroso. Fare dell’ironia non è banalizzare né tantomeno dissacrare, ma utilizzare il potere della parola che sa svelare molto di più a chi la sa ascoltare. Ci sono anche parole ‘forti’, parole alle quale si dà un peso così grave che va al di là di ciò che esprimono in sé coinvolgendo l’identità e la sensibilità di chi le dice.

Le parole forti

Un esempio? Parole come ‘Dio’, ‘patria’, ‘amore’, solo per dirne alcune, dovrebbero essere usate con cautela e soprattutto conoscendo bene il potere che hanno se vengono strumentalizzate. Il caso più frequente è quello della parola “amore”. Quale parola è più grande di questa e quanti abusi di essa non si fanno! Più la si usa e più occorre spiegarne il senso, la circostanza, le intenzioni, le implicazioni. La parola ‘patria’, poi, è così carica di idee politiche, di processi storici e di identità nazionali, che ultimamente non se ne fa più uso. Interessante: non si usa più il termine ‘patria’ perché non si è capaci di portare il peso di ciò che essa conduce in sé.
Magari questa consapevolezza si usasse pure con il termine ‘Dio’! Anche questa parola è soggetta alla massima esposizione ed abuso. Dalla semplice ed immediata esclamazione: «Mio Dio! Ma che succede…», un intercalare che non ha nulla a che vedere con il significato del termine, alla presunzione di possedere addirittura l’esclusiva certezza del pensiero e della volontà divina: «Dio lo vuole!». Pronunciare la parola ‘Dio’ merita un atto di coscienza, o per il timore dovuto a Chi si intende indicare con quella parola, o per il rispetto di chi, con questo termine, identifica la sua vita. In altre parole, se non pensi di dover rispettare il nome Dio, almeno rispetta l’uomo che lo usa.
Se pensi che un uomo sia libero di usare le parole che ritiene importanti e dunque vada rispettato per le parole che usa … beh, allora, ciascuno di noi deve cominciare a rispettare le parole dell’altro prima delle proprie. Il non aver alcun criterio nell’utilizzo delle parole, rivela la mancanza di conoscenza del potere che esse hanno. Conoscere il potere delle parole è sapienza, e il principio della sapienza è il timore della Parola.