Col volto di un innamorato

Assisi 26-30 gennaio: postulanti cappuccini d’Italia pellegrini in formazione 

di Antonio Ratti
postulante cappuccino della Provincia di Lombardia

Ratti 01 (Archivio Provinciale)Identikit del santo

Che faccia avesse Francesco non lo sappiamo esattamente. Tommaso Arcidiacono, che nel 1222 aveva assistito ad una sua predica, era rimasto colpito dal contrasto tra la bellezza delle sue parole e il suo aspetto alquanto sciatto.

La stessa rappresentazione pittorica di Cimabue nella Basilica del Santo, sembra avvalorare la tesi di un Francesco che non attirava certo per la sua fisicità quanto piuttosto per quella musica nel cuore che nasceva dall’unione intima col Signore e che si percepiva standogli accanto. Quella melodia pare di sentirla ancora oggi ad Assisi e, un po’ come il suono del pifferaio magico, richiama tanta gente a ripercorrere le vie della città a caccia del vero volto di Francesco.
Su quelle strade, dal 26 al 30 gennaio scorso, ho marciato anch’io assieme ad altri postulanti cappuccini, circa una trentina, in occasione di un pellegrinaggio formativo. Contemporaneamente si è svolto il XV convegno dei formatori sul tema del lavoro nella vita consacrata, quindi mentre maestri e vice maestri erano “in aula”, noi postulanti eravamo “in gita”. Se ci fosse stato fra Leone nei paraggi gli avremmo subito detto «scrivi che qui è vera letizia».
È vero che non esiste un identikit preciso di Francesco ma possiamo dire altrettanto dei postulanti che lo cercano. Dall’incontro con i miei compagni del resto d’Italia, ho ricevuto conferma che il Signore quando sceglie chiude gli occhi e va a naso, altrimenti come si spiegherebbe una tale varietà di aspiranti frati che, come un prato composto da fiori diversi, stupisce e profuma? I sardi che s’intendono con i veneti e non solo parlando di vini; i pugliesi che cantano canzoni napoletane con i lombardi; i siciliani che raccontano barzellette alle quali ridono libanesi e croati (in discernimento qui nelle Province cappuccine d’Italia). Insomma sono quei miracoli che ti fanno annusare la presenza di Dio nelle cose semplici di noi uomini e che speri vengano coltivati affinché portino frutti di pace. L’incontro è stato un’occasione anche per mettere a fuoco, tra noi postulanti, somiglianze e differenze del percorso formativo nelle diverse aree, per ascoltare interessanti testimonianze di vita e per fare uno scambio di toni più allegri da suonare a lodi e vespri.

Gusti che cambiano

I giorni di formazione sono stati scanditi dalla visita ai siti di maggiore interesse legati alla vita di Francesco, dalla partecipazione del gruppo alla liturgia delle ore e alla santa messa assieme ai formatori, nonché da piacevoli serate trascorse in fraternità. Causa malattia, il Cicerone preposto a farci esplorare Assisi è stato sostituito all’ultimo minuto da fra Mauro, giovane sacerdote del Terzo ordine regolare, che si è reso disponibile a portarci in giro per la città assieme a fra Stefano, postnovizio cappuccino nonché angelo custode tuttofare. Complice l’età, la simpatia che suscita l’accento umbro e un tangibile amore per la propria scelta di vita, fra Mauro è stato non solo una brava guida ma anche un accompagnatore spirituale che ci ha fatto cogliere l’occasione di fare qualche passo in più nel nostro discernimento nella culla del francescanesimo. Come è cambiato il mondo interiore di Francesco altresì sono cambiati i luoghi della sua vita, le compagnie a seguito, i vestiti indossati. Quando il suo “io” la faceva da padrone, Francesco vestiva abiti pregiati, passava le notti in festa, inseguiva sogni di gloria. Quando Dio si è fatto largo nel suo cuore, il poverello d’Assisi ha cercato luoghi appartati dove rifugiarsi, ha preferito il sacco alla seta e i lebbrosi agli amici di bravate. «E i vostri gusti sono cambiati?» ci ha chiesto Fra Mauro, invitandoci a riflettere sull’affermazione celebre di Francesco: «Ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo». L’interrogativo ha suscitato vivaci discussioni e anche il sorriso di chi fra noi camminava sulla neve coi sandali (e senza catene).

Innamorarsi

Dalla casa paterna alla sede vescovile, da Rivorto alle carceri, l’itinerario di viaggio ha abbracciato tutti i siti più celebri della vita del Patrono d’Italia. Non è mancato un tempo personale per meditare nei luoghi di maggiore raccoglimento quali San Damiano, Santa Chiara, la Basilica di Francesco e presso la Porziuncola. Insomma coi telefonini in una mano, abbiamo immortalato a passo svelto gli scorci più caratteristici della città (senza temere la competizione di alcun turista giapponese), col rosario nell’altra abbiamo cercato di fare più chiarezza in noi nelle pause dedicate alla preghiera. Non so cosa direbbe Francesco di questa nonchalance nel passare dal sacro al tecnologico che caratterizza noi pellegrini di questi tempi ma sono sicuro dello strumento che ci consiglierebbe di usare più spesso.
I giorni di formazione si sono conclusi in pienezza con la celebrazione eucaristica in Basilica, proprio sulla tomba di Francesco. È stata una grazia poter partecipare alla santa messa così vicini alle reliquie del fondatore dell’Ordine dei frati minori. L’arte non ci avrà forse consegnato un ritratto preciso del suo volto, ma il presente ci mostra riflessi chiari dell’impronta che lascia tutt’ora nelle vite di chi gli rivolge lo sguardo. Osservando i postulanti e i formatori raccolti in preghiera davanti alla sua tomba, ho letto nei loro occhi un sentimento di ammirazione nei confronti di quel gigante di fede e umiltà che continua a testimoniare il suo folle e coinvolgente amore per Gesù. E così alla fine del pellegrinaggio sono certo che qualsiasi aspetto abbia mai avuto, il suo volto era sicuramente quello di un innamorato.