Preferisco il rumore del mare

Scegliere l’ascolto degli altri per non calpestare in essi il soffio di Dio 

di Fabrizio Zaccarini
Vicemaestro dei postulanti cappuccini a Lendinara

Zaccarini 01Qualcuno da poter seguire

Matricola universitaria, scendo dal treno a Bologna e cammino in corteo verso le aule di lezione in via Zamboni finché un puntuale contorcimento di budella mi trascina fino ad un qualsivoglia bagno come un cane al guinzaglio.

Esco e il corteo degli studenti, guida ansiolitica verso la meta ambita, è sparito. E adesso io che, unico al mondo, con “vivo senso del disorientamento”, riesco a perdermi anche a Lendinara (altro che i bambini nel centro di Bologna, caro amico Lucio!), adesso, cioè, allora, io, chi potevo seguire? Camminavo da solo e ad ogni incrocio «questo è quello giusto, ma no!, forse il prossimo, eppure quel lampione…». Per decidere fra due o più possibilità bisogna orientarsi nell’ampio spazio della nostra libertà e lì in mezzo, tra noi e la scelta, anche discernere la destra dalla sinistra può dare una vertigine che, associata alle conseguenze di un errore ancora da fare (e perciò più minaccioso di quelli già fatti), ti dà per totale che è una bella fatica scegliere per noi ansiosi.
Frate Francesco seguiva Gesù povero e crocifisso e nel cuore per mappa aveva il vangelo. Il suo navigatore era lo Spirito Santo, che «non sai né da dove viene, né dove va» (Gv 3,8), perché diversamente da un tomtom qualunque non parla a comando! Perciò anche a Francesco capitò, più di una volta, di fare esperienza dell’incertezza di chi crede e cammina: «dopo che il Signore mi dette dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare» (Test 14: FF 116). E nella Regola che fu approvata dal Papa ma non fu mai bollata, chiede ai fratelli inviati “tra i saraceni” di non fuggire di fronte al bivio dell’ascolto e della scelta. Essi, infatti, «possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti né dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che, quandovedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose» (Rnb XVI,5-7: FF 43).

Il modo dell’annuncio

Evidentemente le due vie non sono opzioni di pari livello, che possano essere rese operative in base ai gusti o all’eroismo, più o meno marcato, degli uni o degli altri. Quando vedranno che piace al Signore è una frase che vuole creare un discrimine tra un prima e un poi. Si vuol dire, cioè: prima vivano soggetti a tutti, in minorità, poi potranno chiedere al Signore, e chiedere a se stessi, se sia l’ora di passare all’annuncio esplicito. La Regola non bollata, dopo una lunga e fraterna elaborazione, fu terminata nel 1221. Il 16 gennaio del 1220, prima che Francesco tornasse dalla sua missione in oriente e dopo il suo pacifico incontro a Damietta (Egitto) con il sultano Melek-el-Kamel, in Marocco cinque frati minori, Berardo, Ottone, Pietro, Accursio e Adiuto, vennero incarcerati e giustiziati. Appena sbarcati vanno a Marrakech, e, come una locomotiva lanciata a bomba contro l’Islam, annunciano il vangelo di Gesù Figlio di Dio, affermando che Maometto brucia già nelle fiamme dell’inferno e vi trascinerà tutti quelli che lo seguono.
Non nutro dubbi sulla personale santità di questi primi martiri francescani. Di loro Francesco dice “ora posso dire di avere cinque veri frati minori”. Ciò che mi lascia perplesso è, invece, la loro metodologia missionaria: ancorati ai binari di una fede che sembra rasentare il fanatismo, annunciano la verità di Cristo senza darsi il tempo di conoscere un contesto sociale, culturale e religioso così diverso dal loro; essi sembrano non apprezzare l’umiltà di chi inizia una relazione assogettandosi al linguaggio e alle leggi di un mondo che, pur non essendo suo, lo ospita. Con spirito profetico Francesco nel loro stile missionario sembra avvertire il retrogusto dell’atteggiamento di chi è padrone della propria vita, del messaggio che propone e, dunque, delle relazioni con i destinatari dell’annuncio. Due gli elementi che lo fanno pensare: il capitolo XVI della Regola non bollata, che, con quella richiesta di vivere semplicemente da minori, prima di gettarsi nell’annuncio esplicito, sembra voler prendere le distanze proprio dai cinque martiri di Marrakech e dalla loro pseudometodologia di annuncio; in secondo luogo Giordano da Giano racconta che, una volta letta la leggenda della loro vita. Francesco l’avrebbe rifiutata e ne avrebbe proibito ai frati la lettura (cf. FF 2330). Certo, dobbiamo fare attenzione a non approppriarci di Francesco attribuendogli una sensibilità postmoderna che non è stata sua. Ma, d’altra parte, si deve anche dar conto della differenza di metodologia missionaria che distingue Francesco dai confratelli martiri in Marocco.

Zaccarini 02 (Turchia)Rimanere in ascolto

Il quadro teologico comune a Francesco e ai martiri di Marrakech, l’unico disponibile alla comunità ecclesiale del tempo, ci è restituito dalla stessa Regola non bollata che, all’annuncio esplicito, assegna questa finalità: che i musulmani «si facciano cristiani, poiché, se uno non sarà rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo non può entrare nel regno di Dio». Qui appartenenza ad una comunità religiosa non cristiana e dannazione eterna fanno tutt’uno senza se e senza ma. Ciò, però, rende ancor più paradossale ed evangelica la proposta di inserirsi da minori in un mondo che, nel suo complesso e nei suoi singoli componenti, si ritiene già eternamente condannato. Pare che il tratto della rinuncia allo stile polemico/apologetico sia parte essenziale ed integrante dello stile di vita evangelico e minoritico che egli vuol lasciare in eredità ai suoi figli/fratelli.
Nella Regola bollata, dopo aver ricordato che tutti i frati devono vestire abiti vili, Francesco aggiunge: «li ammonisco, però, e li esorto a non disprezzare e a non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati […], ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso» (Rb II,17: FF 81). A proposito dei “sacerdoti poverelli” che tenevano una condotta indegna del ministero affidatogli da Dio e dalla Chiesa, dichiara «se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà […]. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori» (Test 7-9: FF 112-113). Agli eretici che credevano che solo lo spirito venisse da Dio, e che tutto ciò che spirito non è fosse opera del maligno, risponde cantando «laudato sie, mi’ Signore cum tutte le Tue creature, spezialmente messor lo frate Sole lo qual è iorno» (Cantico di frate sole, 5-7: FF 263).
Francesco non soffre l’ansia di fabbrica né la propria santità, né l’altrui condanna. A lui basta rimanere in ascolto del Padre e del progressivo e ritmico manifestarsi della sua volontà. Per cui, nell’alto dei cieli, mi piace immaginarlo cantare insieme al fratello e collega poeta Dino Campana, anche lui ora folle di Dio: «Fabbricare fabbricare fabbricare, preferisco il rumore del mare».