EditorialeUn anno per riaccendere la speranza

di Dino Dozzi
direttore di MC

Da fine novembre 2014 al 2 febbraio 2016 papa Francesco ha indetto l’anno della vita consacrata. Un lungo anno dedicato ad una componente che è la cartina di tornasole per tutta la Chiesa e, di riflesso, per tutta l’umanità. I religiosi: una razza in estinzione? Può essere; ma, se vengono meno loro, vien meno la Chiesa intera. La loro diminuzione e la loro crisi sono come la febbre in un organismo: non è la malattia ma segnala la malattia. Se la febbre rimane, è segno che il corpo è ancora malato; se la febbre scompare, è segno che la malattia è stata superata.
I religiosi sono nella Chiesa come i sensori in un edificio: avvertono e segnalano per primi i movimenti, quelli positivi e quelli negativi. Tra fine Ottocento e metà Novecento hanno contribuito in modo decisivo alla preparazione del concilio Vaticano II. Subito dopo sono diventati il laboratorio del rinnovamento postconciliare: sono entrati per primi in crisi e ne usciranno per primi. Perché la vita consacrata mostra ciò che la Chiesa è: fraternità, corresponsabilità, sponsalità.
Se l’obbedienza religiosa ha le sue sofferenze, è perché nella Chiesa intera c’è crisi dell’autorità, la corresponsabilità e la collegialità si vedono come un puntino lontano all’orizzonte, l’accentramento appare eccessivo e la sinodalità è ancora neologismo di difficile comprensione.
I consacrati stanno studiando per tutti l’arte del mosaico, cioè l’arte di comporre le diversità in armonia, nel rispetto di ognuno e nell’obbedienza vicendevole, di francescana memoria. Il cammino dall’uniformità alla pluriformità lo si sta sperimentando in quel laboratorio che è la vita religiosa; il passaggio da una fedeltà statica e dogmatica ad una fedeltà creativa e inculturata sta faticosamente avvenendo tra i religiosi; il progressivo spostamento dai contenuti ai processi, dalle norme alle relazioni, dal passato al presente e al futuro lo si sta sperimentando nelle comunità religiose. Che diventano così una bussola e una riserva di futuro.
«Francesco, va’ e ripara la mia chiesa che è in rovina»: numerosi sono i parallelismi tra il tempo di san Francesco e quello di papa Francesco, e profonde sono pure le somiglianze tra quel francescano e questo gesuita che ha avuto per primo il coraggio di prendere il nome del piccolo-grande riformatore del Medioevo. L’attenzione ai poveri del mondo e alla misericordia di Dio, alle periferie umane e all’accoglienza che Dio riserva a tutti, lo stile semplice e diretto; l’invito a parlare sinceramente e ad ascoltare umilmente, ad aprire porte chiuse e a percorrere strade nuove: tutto questo viene da un religioso che chiede ai religiosi di ridare speranza alla Chiesa e al mondo.
L’obbedienza religiosa è espressione e sostegno alla fede di tutti; la povertà religiosa è espressione e sostegno alla speranza di tutti; la castità religiosa è espressione e sostegno alla carità di tutti. La vita religiosa è al servizio della vita cristiana. Testimonianza coraggiosa del “già” e profezia trasparente del “non ancora”, con la sua fatica rivela la fatica presente e l’immagine futura della Chiesa intera. Un anno dedicato alla vita religiosa significa per i consacrati prendere coscienza della propria responsabilità, e per la Chiesa entrare in quel laboratorio di futuro per vedere come saremo tutti tra qualche anno. Per secoli le missioni ad gentes sono state sostenute prevalentemente dai religiosi; ora provvidenzialmente la Chiesa tutta si sta scoprendo missionaria; ma i religiosi stanno adesso studiando la nuova evangelizzazione per i paesi post cristiani. Per secoli la teologia e la spiritualità sono venute prevalentemente dai monasteri e dai conventi; ora stanno lentamente passando anche tra i laici; ma i religiosi stanno adesso aprendo nuove strade di teologia e spiritualità nel quotidiano.
Il compito dei religiosi non è esaurito. Da loro ci si aspettano indicazioni non solo teoriche ma soprattutto esperienziali di nuovo umanesimo, di relazioni autenticamente umane, di corresponsabilità e di cammino insieme, di ricerca del bene comune, di un cristianesimo umile, dialogico e rispettoso delle diversità, di uno stile fraterno, di una riscoperta della realtà come luogo teologico dell’incarnazione, della possibilità che giustizia e pace si abbraccino.
Un anno dedicato alla vita consacrata: per tutti un anno per andare a vedere che cosa bolle in pentola, per consultare la bussola, per ritrovare speranza; per i religiosi un anno di particolare impegno, di servizio più generoso, di accoglienza più fraterna.
Da MC buon Natale a tutti!