L’Ariosto, i malati di mente e i frati: fra Antonello Ferretti ci racconta come una mostra nel nostro Museo di Reggio Emilia è riuscita brillantemente a metterli insieme. Vengono poi ricordati due nostri confratelli defunti. E il fioretto cappuccino ricorda fra Gioacchino e alcuni soldati tedeschi in cantina a Imola durante l’ultima guerra.

Nazzareno Zanni 

La luna, Orlando e il senno di poi

Una iniziativa per celebrare il 540° anniversario della nascita di Ludovico Ariosto

di Antonello Ferretti
operatore culturale nel convento di Reggio Emilia

Rubrica in Convento Ferretti 01 (Archivio Museo)Ingredienti da assortire

Uno strano assemblaggio di ingredienti, mescolati con perizia e fantasia, ha dato vita ad un evento singolare e significativo. La città di Reggio Emilia nel 2014 ha deciso di festeggiare in “gran spolvero” il 540° anniversario della nascita del suo maggior astro letterario: Ludovico Ariosto. Tutte le sedi museali e culturali si son date da fare per ricordare questo grande scrittore che con l’“Orlano Furioso” ha permesso a generazioni e generazioni di sognare - e allo stesso tempo riflettere - sugli aspetti più significativi della vita dell’uomo.


La fortunata coincidenza temporale della nostra mostra con la “IX settimana della salute mentale” che si è svolta dal 26 settembre al 4 ottobre, occasione consolidata per affrontare le tematiche relative alla salute e alla malattia mentale, promossa dall’Azienda Usl, dal Comune di Reggio Emilia e dal Centro di Storia della Psichiatria “San Lazzaro”, ha permesso di allargare gli “spazi” dell’esposizione. Ma con i malati psichiatrici e l’Ariosto cosa c’entrano i frati cappuccini di Via Ferrari Bonini 2?
Malattia mentale, Ludovico Ariosto e presenza dei cappuccini a Reggio son risultati i tre ingredienti da unire. Una torta apparentemente irrealizzabile. Documenti d’archivio, voglia di collaborare con enti nuovi e significativi, l’amore per il teatro e la letteratura han fatto da collante al resto e “Dalla Terra ai frati alla luna di Astolfo” ha spaginato iniziative per tutti i gusti.
Il terreno su cui ancora oggi sorge il convento di Reggio Emilia fu donato ai religiosi dal conte Orazio Malaguzzi, cugino di Ludovico da parte di madre (Daria Malaguzzi): questo è stato l’occasionale e storico punto di partenza per collegare l’Ariosto ai frati. Uno dei momenti nevralgici del “Furioso” è dato dall’ascesa di Astolfo sulla luna (in sella al fatato ippogrifo) alla ricerca del senno di Orlando (perso per il folle amore verso Angelica). Con estrema ironia ed acutezza viene sottolineato come sulla luna non ci fosse solo il senno del paladino innamorato, ma vi fossero molte ampolle contenenti la ragione di altrettanti uomini ancor viventi sulla terra.
Dal 1936 al 1983 presso l’ex Istituto Psichiatrico “San Lazzaro” di Reggio Emilia (che è stato il lebbrosario cittadino e nell’Ottocento è diventato uno dei manicomi più importanti d’Italia, all’epoca dell’Ariosto accoglieva i devianti, i poveri, gli emarginati e, fra questi, i primi «pazzerelli» come si legge nei documenti dell’epoca) i cappuccini, dell’allora Provincia religiosa dell’Emilia, hanno prestato la loro opera di assistenza umana e spirituale sia nei confronti dei degenti che del personale sanitario. I pezzi di storia c’eran tutti per realizzare una mostra. E non solo.

Rubrica in Convento Ferretti 02 (Archivio Museo)Rarità, dipinti e collaborazioni

La prima sezione dell’esposizione (avvenuta nel nostro museo dal 4 ottobre al 9 novembre) ha presentato le riproduzioni dei documenti notarili che attestano la donazione del conte Orazio, la possibilità di capire come fosse strutturato il convento nella sua estensione originaria grazie all’analisi di diverse piante e planimetrie antiche esposte. Ma l’interesse è stato in particolare focalizzato sulla presenza di quattro rare cinquecentine riproducenti il poema ariosteo ed appartenenti alla biblioteca antica dei cappuccini in Bologna.
Bollettini informativi, ciclostilati, ma soprattutto fotografie, hanno testimoniato la presenza dei religiosi cappuccini all’interno dell’istituto psichiatrico reggiano. E da qui il passo è stato breve e si è iniziato a volare sulla luna insieme ad Astolfo. Grazie alla preziosa e appassionata collaborazione con il Museo di Storia della Psichiatria, son stati esposti disegni e dipinti di pazienti di fine Ottocento e di inizio Novecento, dipinti degli anni Sessanta e Settanta e prodotti degli attuali atelier dei servizi di salute mentale di Reggio Emilia e di diversi altri centri della provincia (Guastalla, Correggio, Scandiano, San Polo d’Enza, Castelnovo ne’ Monti).
Alcuni elaborati si sono mostrati particolarmente vicini al mondo dell’Ariosto in quanto riproducevano strutture architettoniche che richiamavano, seppur da lontano, i castelli di Atlante e di altri maghi che nel poema compaiono e scompaiono a seconda delle avventure che si dipanano intorno ad essi.
E l’attualità? Questa non poteva mancare. Si è allora proposto agli atelier del centro di salute mentale (centri diurni dove ospiti e operatori specializzati svolgono diverse attività mirate al reinserimento nella società) di partecipare a questo evento realizzando elaborati legati al tema dell’Orlando. È stato veramente un tripudio di fantasia, voglia di collaborare e di presentare le proprie personalità, gioie, paure, dolori e speranze.
Angelica ed Orlando trasformati in spaventapasseri per custodire i frutti dell’orto, il paladino Rodomonte che con la spada in mano accoglieva i visitatori della mostra sono solo alcune delle performances presentate.
E che dire delle grandi carte da gioco con i personaggi del poema, dei video che raccontavano storie ariostee mescolate a drammi umani, e degli sbalzi su rame che riproducevano i luoghi in cui è vissuto Ludovico? Particolare e suggestiva è risultata la realizzazione di un teatrino in cui gli ospiti di uno degli atelier hanno raccontato in modo ironico e pungente le loro riflessioni legate alla follia. Ma la voglia di raccontare ha preso il sopravvento e anche gli atelier di pittura del Bethlem Psychiatric Hospital di Londra hanno inviato materiale da esporre specificamente prodotto per l’occasione.

Dove convivono follia e ragione

Una vera luna di Astolfo dove follia e ragione hanno convissuto insieme raccontando quello che siamo e che vorremmo essere e spesso non abbiamo il coraggio di confessare. “Sulle ali della follia”, è il titolo dello spettacolo che nella serata di giovedì 2 ottobre la Compagnia teatrale dell’ Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG) di Reggio Emilia ha rappresentato presso il Cinema Cristallo. Sette pazienti di questa struttura hanno intrecciato le ottave dell’Orlando furioso a testimonianze di ricoverati, che parlano di rancori repressi, di violenze quotidiane, di rituali ripetuti per rimanere in equilibrio sul filo della normalità, ma anche di storie d’amore finite male, di droga e di alcol.
Al termine della rappresentazione ha avuto luogo una tavola rotonda a cui han preso parte Gaddomaria Grassi (Direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ausl di Reggio Emila), Albarosa Paganelli (docente di Letteratura italiana), fra Antonello Ferretti (della Fraternità cappuccina di Reggio Emilia) e Maura Favali (responsabile delle attività del Museo e dei Beni Culturali dei cappuccini dell’Emilia Romagna).
Ma colui che tanto ha scritto di follia, che carattere aveva? Per rispondere a questa domanda è stata organizzata una serata con la grafologa Iride Conficioni per studiare la personalità dell’Ariosto. Ma poiché tutti i salmi finiscono in gloria, non poteva certo mancare anche un aspetto più propriamente istituzionale e celebrativo: un pomeriggio di studio in cui diversi letterati, tra cui anche fra Alberto Casalboni della fraternità di Reggio Emilia, si son susseguiti fornendo interessanti chiavi interpretative dell’opera di Ludovico.