Il Festival Francescano è l’occasione giusta per fare incontri interessanti per tutti. Per me, in particolare, questa occasione sfiora quasi l’incredibile, visto che sin dalla prima edizione non mi limito ad ascoltare i protagonisti delle conferenze durante il loro intervento: prima per gli Atti e ora per Messaggero Cappuccino, mi è data la possibilità di rivolgere qualche domanda a personaggi che altrimenti farei molta fatica ad avvicinare.

Saverio Orselli 

Ritagli di futuro

Il professor Leonardo Becchetti e il cardinal Luis Antonio Tagle propongono vie innovative per le “zone di comfort” del nostro pensiero

Rubrica Festival Francescano 01 (Ivano Puccetti)Di anno in anno mi piace cambiare formula, con domande a volte “personalizzate” e a volte uguali per tutti, lasciando che la personalizzazione la facciano direttamente gli intervistati. A Rimini nell’ultimo Festival in riviera, ho scelto una via di mezzo tra la prima e la seconda formula, variando le domande a seconda delle attività svolte dagli intervistati e mantenendo uguale per tutti la domanda legata al messaggio sconcertante contenuto nel brano della Vera Letizia, utilizzato come filo conduttore di tutte le conferenze.
In questa prima serie di interviste incontreremo l’economista Leonardo Becchetti, tra i protagonisti del sabato, capace di parlare di economia della felicità, e il cardinale Luis Antonio Tagle, che ha concluso la domenica il programma delle conferenze con un messaggio carico di speranza.


Rubrica Festival Francescano 03 (Ivano Puccetti)PROFESSORE LEONARDO BECCHETTI

Economia e letizia sembrerebbero mondi estremamente distanti tra loro, mentre da tanti suoi interventi risulta chiaro che il legame è molto forte: come lo spiegherebbe a un lettore “impreparato”?
Fino a un po’ di tempo fa si parlava di economia come scienza triste, perché era la scienza dei vincoli. Oggi però molti economisti studiano il tema della felicità, cioè quali sono i fattori che contribuiscono al benessere e alla felicità delle persone. E quindi l’economia è diventata una scienza felice, perché studia le radici e le cause di ciò che può migliorare la qualità della vita e il ben vivere delle persone. Per far questo, secondo me, dobbiamo lavorare soprattutto su tre filoni - è questo il nostro manifesto dell’Economia Civile - e cioè lottare contro tre visioni anguste dell’uomo, dell’impresa e del valore.

La vera letizia presentata da san Francesco a frate Leone non solo è sconcertante e capace di scombinare i piani, ma rappresenta un vero e proprio stile di vita nuovo, in grado di dare un’importanza diversa ai valori reali. Padre Adriano Sella nel presentare i nuovi stili di vita cita più volte la sua idea di “voto nel portafoglio”; c’è spazio per la letizia in questa sua proposta?
Assolutamente sì! Noi siamo esseri relazionali e credo che la felicità più grande è quando riusciamo a rendere felici le persone che abbiamo attorno. E le persone che più hanno bisogno di questo sono quelle che vivono più in miseria, sia economica che spirituale. Quindi il massimo della felicità è porre in campo dei gesti che hanno l’impatto maggiore possibile sulla felicità e sulla vita del maggior numero di persone. Penso che oggi il “voto col portafoglio” sia uno di questi gesti.

Lei ha proposto cinque regole possibili per l’uso dei social network, chiarendo che si tratta di una ipotesi di lavoro e non di una verità apodittica: come pensa potrebbe inserirsi il messaggio della vera letizia di san Francesco in quello che rischia “di diventare uno sfogatoio di umori con una tendenza all’insulto rafforzata dal non vedere in faccia gli interlocutori”? 
Marshall McLuhan, quando nacque la televisione, disse che saremmo arrivati al villaggio globale, mentre oggi i social network ci danno la possibilità di arrivare a quella che Pierre Teilhard de Chardin chiamava la “noosfera”, cioè una sorta di comunità collettiva che abolisce i vincoli degli spazi sociotemporali e lavora assieme per costruire il bene comune. Ovviamente questo presuppone che noi “abitiamo” i social network, accettiamo tutte le persecuzioni, le violenze, gli improperi che la gente riversa nei social - e questa è, in un certo senso, vera letizia - sapendo che la posta in gioco è quella invece di usare questi strumenti per costruire il bene comune.

Rubrica Festival Francescano 04 (Saverio Orselli)CARDINALE LUIS ANTONIO TAGLE

Cosa si aspetta l’Asia dal Sinodo sulla famiglia e quali sono le sfide che impegnano i cristiani del continente asiatico e in particolare delle Filippine? Pensa che sia possibile un viaggio del papa in Cina?
Alla prima domanda risponderò nel contesto filippino. Mi sembra che dappertutto le sfide che interessano le famiglie sono grandi e difficili, però nelle Filippine la sfida più importante e pesante è la povertà. A causa della povertà le famiglie sono separate: i conflitti, la ricerca di un posto di lavoro tengono divise le famiglie. Può avvenire per una migrazione interna, come per esempio da un villaggio a una grande città. Questa povertà è davvero una grande sfida per le famiglie. In Italia ci sono tanti emigranti filippini e per questo io chiedo alla Chiesa italiana di pensare una pastorale familiare per aiutare queste persone sposate a rimanere fedeli alla moglie o al marito che sono rimasti nelle Filippine. Da noi è necessaria una pastorale per i bambini che sono rimasti nelle Filippine. Questi bambini regolarmente ricevono soldi dall’Europa, dagli Stati Uniti, dal Medio Oriente, e così possono comprare tante cose, frequentare i supermercati. Però questi bambini hanno difficoltà nei rapporti umani e anche negli studi scolastici: cercano amore, perché sono costretti a vivere senza i genitori. Questo è un problema pastorale importante per noi.
Vengo alla seconda domanda: il santo padre nella sua visita pastorale in Corea ha dichiarato che vorrebbe visitare la Cina. Con il suo stile, familiare e informale, ha detto «anche domani!» se gli si apre la porta. I gesuiti mi hanno detto che padre Bergoglio, da giovane, aveva espresso il desiderio di- andare missionario in Asia, in Giappone, ma quello è rimasto un sogno; e adesso come Papa può fare visite pastorali in molti posti dell’Asia, riuscendo forse a realizzare quel sogno giovanile. In gennaio verrà in Sri Lanka, e il punto centrale della sua visita pastorale sarà la pace e il dialogo interreligioso, perché in quel Paese è un argomento molto attuale. Nelle Filippine sarà la solidarietà e la comunione con le vittime del tifone e anche l’incoraggiamento ai cristiani filippini a prendere seriamente lo sforzo missionario in Asia, perché la metà dei cattolici presenti in Asia sono nelle Filippine.

Rubrica Festival Francescano 02 (Ivano Puccetti)Il tema dell’immigrazione sta scuotendo l’Europa e in particolare l’Italia, che si trova in prima linea. Come fare per avere rispetto di chi arriva ma anche di chi vive da sempre in queste terre? Come vede questa situazione che sta provocando ansia e riverberi di razzismo?
Io voglio rispondere con la mia esperienza. Come studente negli Stati Uniti per sette anni ho vissuto la realtà della vita di un migrante. Ma io ero un privilegiato, perché ero stato mandato dal vescovo della mia diocesi per un compito molto preciso: studiare, per prendere il dottorato. Era una migrazione particolare, speciale; però negli Stati Uniti ho provato come si vive da straniero, nell’incertezza, senza l’appoggio della famiglia. Vivere da soli non comprendendo la cultura, le espressioni dell’idioma, non è facile: mi ricordo una discussione su una frase, con un compagno di classe che ha fatto un commento che ha fatto ridere tutti, solo io non ridevo perché non capivo. Poi pian piano, ho cominciato a capire. Un migrante si sente fuori dai vari circoli, finanziari, culturali, ecc. e così si trova emarginato. Ma quando vedo dei migranti che provengono dall’Asia, dall’Africa, dal Sud America, mi ricordo la mia esperienza e sento sempre l’impulso di avvicinarmi a loro, perché mi rivedo in loro.
Per me una società che riceve tanti migranti deve entrare in questo mondo e riflettere sulle loro esperienze di essere migranti, e la comprensione di questa realtà passa attraverso questa riflessione, attraverso questa vicinanza. I paesi che ricevono tanti migranti non devono vedere solo i problemi che derivano da questa accoglienza, ma anche le opportunità che i migranti portano con sé. Non solo economiche, ma anche l’opportunità missionaria. La Chiesa dappertutto cresce nei momenti critici, grazie alla presenza dei migranti. Per esempio, negli Stati Uniti, quando ero studente, ho sentito che la storia della Chiesa in quella terra è nata grazie alla presenza dei migranti dall’Irlanda, dall’Italia: quella Chiesa vive grazie ai migranti! Nel Dubai il 90% dei cattolici sono migranti filippini. Nel Brunei l’80% dei cattolici sono migranti dalle Filippine. A Milano ho celebrato la messa davanti a ventimila filippini e il cerimoniere mi ha detto: «Guarda, questo è il futuro della Chiesa»; ma io ho risposto: «Non è il futuro, ma il presente! Sono qui, davanti a noi…». Quante opportunità i migranti portano alla Chiesa e alla società!

In vista della visita di papa Francesco nelle Filippine, lei ha scritto che «offrirà certamente molte opportunità di sperimentare la grazia, di sconvolgere positivamente le nostre “zone di comfort”, per valorizzare i poveri, rinnovare la società, prenderci cura del creato e vivere in maniera degna». Quali sono le “zone di comfort” nelle quali ci vede impantanati?
Quando noi nelle Filippine usiamo questa espressione - “zone di comfort” - intendiamo un senso di stabilità: io sono contento della mia vita e perché allora dovrei accettare esperienze e persone che disturbano la mia tranquillità e la mia serenità? Questa mentalità esiste e blocca non solo l’amore umano, ma blocca anche la scoperta della missione della Chiesa. Quando vado in visita nelle zone dei poveri, nelle Filippine, la “zona di comfort” è molto diversa. Per esempio, in quella comunità di ventimila famiglie che vivono tra i rifiuti, di cui ho parlato nell’incontro pubblico, l’aria era molto pesante e dopo un minuto già mi sembrava di non riuscire a respirare. Però ho capito che la paura, il timore e la tentazione di fuggire vanno superati: questa è una forma di conversione verso la persona dei poveri, conversione verso l’immagine del Signore presente nelle persone che vivono in periferia.