Avvicinandosi il Natale e il Capodanno, “In missione” propone una intervista a padre Renzo Mancini sulle tante novità che i pellegrini troveranno a fine dicembre nel Dawro Konta e che i lettori rimasti a casa non potrebbero conoscere altrimenti, se non partecipando agli incontri periodici con i missionari, come è successo al gruppo di giovani della Parrocchia di San Francesco di Fidenza, che ci raccontano quella che per loro è stata una novità, la partecipazione al Campo di lavoro e formazione missionaria.
Saverio Orselli
Le ragioni di un cambiamento
Intervista a padre Renzo Mancini
a cura di Saverio Orselli
Per una volta non sono stato costretto a inseguire il missionario di turno per fare l’intervista. Al contrario, è stato il missionario a chiedermi di poter raccontare ai lettori le ultime novità della terra in cui lavora, quell’Etiopia per cui hanno sudato i tanti volontari del Campo di lavoro e formazione missionaria di Imola, a cavallo tra agosto e settembre, al termine del quale ho incontrato padre Renzo Mancini, per questa chiacchierata missionaria.
Quali sono le ultime novità del Dawro Konta?
Innanzitutto il 29 giugno scorso abbiamo consegnato al vescovo tutta la missione di Baccio - che consiste in nove cappelle, che corrispondono almeno ad altrettanti villaggi, tra cui alcuni particolarmente grandi come Zima Waruma - anche se fino alla fine di quest’anno continuiamo a contribuire economicamente al mantenimento delle attività. Chiaramente non si tratta ancora di un passaggio del tutto tranquillo, perché la gente ci teneva che i cappuccini fossero ancora presenti. Anche le Ancelle dei Poveri - in particolare Carla Ferrari - sarebbero state contente se fossimo rimasti per continuare la lunga collaborazione, ma, pur essendo poco distanti, la responsabilità adesso è del vescovo. Mi fa piacere che la prima scelta del vescovo sia stata mettere al nostro posto due sacerdoti molto giovani, che avranno la possibilità di impostare liberamente il lungo lavoro che li attende.
Secondo me, questo è un passaggio storico, e ci tengo particolarmente a farlo conoscere ai lettori di MC: una delle prime realtà missionarie che abbiamo avuto nel Dawro - rappresentate da padre Raffaello a Desha e da padre Angelo Antolini, che adesso è monsignore, a Baccio - ora è passata sotto la diretta responsabilità del vescovo di Soddo, mons. Tsegaye Keneni Derera. Proprio il fatto che Desha e Baccio siano le due stazioni più vicine alla sede vescovile ci ha spinto alla consegna, visto che sono facilmente raggiungibili da Soddo. In quella zona tra qualche tempo dovrebbe sorgere anche una grande diga per produrre l’energia elettrica, che in questa fase di grande sviluppo dell’intera realtà etiope risulta fondamentale.
All’inizio del 2014 mons. Tsegaye ha sostituito il vescovo Rodrigo Mejía Saldarriaga, ora emerito. Per noi missionari è importante consegnare al vescovo le parrocchie una volta che sono organizzate e sistemate; in questo caso, il passaggio per noi è ancora più importante, perché nelle parrocchie consegnate lavoravano anche alcuni frati cappuccini etiopi, che ora sono disponibili per affrontare nuove situazioni e portare la presenza cappuccina in altre parti della regione.
Immagino che ora il lavoro si sposti su altre zone del Dawro Konta…
Strettamente legata a questa consegna, in settembre apre la nuova casa di Tarcia. Prima padre Pacifico andava ogni tanto la domenica a celebrare la messa e a incontrare la comunità, mentre ora ci sarà una vera fraternità cappuccina, con tre frati che vivranno lì. Grazie a questa presenza la missione di Tarcia avrà sicuramente un notevole sviluppo, con la chiesa in fase di costruzione, anche se ancora non abbiamo trovato tutti i soldi necessari. Importante sarà anche la presenza delle Suore francescane che invece di aprire a Wakka la loro casa la apriranno a Tarcia. La speranza è di fare di Tarcia una stazione missionaria importante, per cui stiamo cercando di ottenere il terreno adatto a questo scopo, offrendo in cambio la disponibilità a realizzare una scuola vera e propria - dalla prima alla quinta elementare - per i ragazzi della zona. Questo significa che potrebbe diventare un complesso molto grande: da settembre iniziamo a fare le domande e vedremo cosa si potrà fare.Siamo in un momento storico molto importante, perché c’è un grande sviluppo e anche la presenza di due sacerdoti a Baccio, sei a Gassa oltre a padre Raffaello e tre a Tarcia rappresentano una realtà davvero importante. La stessa zona di Gassa avrà uno sviluppo migliore, perché un padre che era qui in Italia, Antonios Alberto, ha deciso di venire in missione in Etiopia e, come primo incarico, sarà il responsabile del Centro catechistico, fino ad ora lasciato un po’ in ombra perché eravamo troppo pochi e troppo impegnati. Un altro sacerdote che rimane a Gassa si è reso disponibile a fare da jolly per le varie esigenze, oltre a lavorare per i Seferà, le popolazioni che il governo ha trasferito da regioni vicine nelle zone disabitate del Konta.
Quindi dopo il Dawro, mi sembra di capire che la missione si sposti sempre più verso il Konta, dove vi attendono nuovi impegni.
Dal 20 luglio al 15 agosto scorsi, con un gruppo misto delle diocesi di San Marino, del Montefeltro e di Urbino, abbiamo fatto un campo di lavoro fisso a Cidda, che dista un centinaio di chilometri da Gassa, sulla strada verso i Seferà, per la costruzione di un asilo. Speravo di costruirlo già cinque o sei anni fa, ma fino ad ora la zona di Tarcia, più vicina a noi, ha assorbito le risorse. Adesso è arrivato il momento per costruire l’asilo a Cidda che è un comune a statuto speciale nel Konta, ai limiti del Dawro, nel quale l’amministrazione lamentava un po’ il fatto che la nostra presenza fosse più sulla carta che attiva e concreta. E pensare che a Cidda avevamo ricevuto subito la terra per la costruzione, mentre nel capoluogo del Konta, Ameya, sono sette anni che sto cercando di ottenere il terreno per fare una casetta e una specie di ostello per i Seferà che vanno avanti e indietro dalle loro zone, per le attività commerciali che stanno sviluppando.
Ameya dista da Cidda una decina di chilometri e dalle zone dei Seferà una sessantina; fino a poco tempo fa quelle strade venivano affrontate a piedi, sostando qua e là, con tutti i rischi che comporta l’essere in un grande parco africano, con tutti gli animali liberi di muoversi, mentre ora le strade sono decisamente più praticabili, grazie alle piantagioni di frutta avviate e all’utilizzo di piccoli fuoristrada molto diffusi in Etiopia. Adesso, tra le altre cose, hanno avviato una coltivazione di riso “secco”, per cui non è necessario avere acquitrini. Viene seminato al tempo del grano e offre un’ottima produzione, tanto che ha permesso di migliorare molto la situazione di quelle popolazioni. La stessa lavorazione ha subito in poco tempo grandi cambiamenti, dalla macina a mano all’uso dei mulini, da cui riescono a trarre un’ottima farina.
Le strade migliorate consentono anche a noi di andare dai Seferà con più frequenza che in passato, rendendo quelle popolazioni meno abbandonate; lo stesso Governo sta valutando l’ipotesi di inviare in quelle zone qualcosa come quarantamila laureati, per seguire due progetti agricoli pilota e quindi, in vista di questi progetti, sta sistemando le infrastrutture principali, tra cui le strade. In molti casi hanno distribuito agli agricoltori, soprattutto giovani e uniti in una specie di cooperative, trattori dotati di carro e rulli fatti apposta per spianare strade tra un villaggio e l’altro, con contratti molto favorevoli e la possibilità anche di riscatto finale. Sono i vecchi lavori che si trasformano, diventando anche novità per il futuro… come ad esempio la produzione di sanpietrini, che sta coinvolgendo una grande quantità di giovani, in vista proprio della sistemazione delle strade, soprattutto le secondarie, con l’utilizzo di ciottoli sagomati al posto dell’asfaltatura. Insomma, in Etiopia la realtà si sta muovendo rapidamente, sia dal punto di vista sociale che missionario.