Ricordando padre Mario Galeotti

Paziente, saggio e arguto, è stato per tanti anni formatore di molti novizi
 

Rubrica in Convento Mario GaleottiMalgrate di Villafranca (MS), 6 agosto 1937

† Reggio Emilia, 29 luglio 2014 

In terra di Lunigiana Mario trascorse la sua prima infanzia.

Entrato nel seminario minore di Pontremoli (MS), fece i suoi studi fino alla quinta ginnasiale, per poi essere ammesso all’età di sedici anni al noviziato di Fidenza. Il lungo tirocinio di formazione, che ebbe le sue tappe principali nella professione temporanea e poi in quella perpetua, si concluse nel 1961 con l’ordinazione sacerdotale.
Inviato a Roma per gli studi in teologia e in Sacra Scrittura, ritornò in Provincia nel 1966, dove si trovò subito impegnato nella vita della fraternità provinciale. Dapprima come pro-maestro dello studentato provinciale a Reggio Emilia, in seguito guardiano a Piacenza, parroco a Salsomaggiore e definitore.
Nel 1976 la svolta della sua vita: a Scandiano iniziò per lui un lungo cammino nella direzione spirituale dei nostri aspiranti alla vita cappuccina e di quanti sceglieranno di incamminarsi decisamente al seguito di san Francesco. Nel 1977 fu nominato vicemaestro dei novizi di Vignola e qui rimarrà in questa veste fino al 1997, quando, mantenendo il medesimo ufficio, si trasferì a Santarcangelo (RN), nuova sede del noviziato interprovinciale, dove rimase fino al 2012.
Per descriverne la personalità riservata, pur sempre gioiosa, rispettosa delle convinzioni altrui ma altrettanto ferma in quelle che considerava non negoziabili, e aperta alle esigenze dei confratelli, viene in aiuto la testimonianza che di lui ha voluto scrivere un confratello, fra Prospero Rivi, che lo ebbe accanto per tanti anni: «Per vent’anni ho avuto fra Mario accanto a me nella formazione dei novizi. È stato per me il collaboratore ideale, sempre pronto a fare tutto ciò che gli veniva richiesto. Animato dal desiderio di offrire il meglio di se stesso per la crescita dei giovani a noi affidati e profondamente radicato nei valori di fondo della nostra famiglia spirituale, è stato determinante nella formazione biblica e liturgica della fraternità di noviziato. Preziosissimo il suo contributo come commentatore del testo delle Costituzioni, un commento che sapeva arricchire con i molti esempi di vita vissuta, che desumeva dalla sua lunga esperienza di cappuccino impegnato in ruoli anche di grande responsabilità. Profondo e acuto nel mettere a fuoco le dinamiche di una vita spirituale autentica, sapeva distinguere con finezza i passi giusti da quelli fuorvianti, grazie alla sua ricca formazione biblica. Proteso a vivere lui per primo alla luce dei consigli evangelici, era esemplare nell’obbedienza e persino scrupoloso nella povertà, non avendo mai acquistato nulla più dello stretto necessario. Biblista di robusta formazione, sapeva attingere dalla Parola alimento prezioso per la sua intensa vita spirituale, che poi trasmetteva con naturalezza ai giovani in formazione. Inestimabile il contributo che ogni anno, con nuovo slancio e senza segni di stanchezza, sapeva dare nel quotidiano lavoro formativo con i novizi, tanto che posso dire che, nei vent’anni condivisi, abbiamo portato avanti la formazione dei giovani a due voci, in profonda sintonia, con lui sempre pronto ad arricchire ogni argomento che si affrontava con la dimensione biblica e con riferimenti alla propria ricca esperienza spirituale. Dotato di una rara capacità di adattamento, è stato esemplare nella pazienza con cui ogni giorno e per tanti anni ha portato la croce delle molte menomazioni causategli dalla fatidica “caduta dal ciliegio” nel lontano 1986. Di intelligenza vivace e profonda, sapeva colorire i tanti momenti di condivisione fraterna, in refettorio, in ricreazione, nelle uscite, a cui partecipava sempre con entusiasmo, con un repertorio inesauribile di battute piene di arguzia: tutti i giovani hanno fatto tesoro delle sue “massime”, divenute famose perché ricolme di humor e di cappuccina saggezza».
Già, la “caduta del ciliegio”. Chi, vivendo a Vignola, la terra dei ciliegi, non cede prima o poi alla tentazione di salire su una scala per cogliere i deliziosi frutti di quell’albero dai lunghi rami? Così anche fra Mario. Nella primavera del 1986, decise di avventurarsi, come già tante altre volte, nella raccolta delle saporite ciliegie dell’orto del convento. Ma i rami del ciliegio sono infidi perché fragili: è sufficiente un improvviso spostamento del corpo per rompere l’equilibrio instabile ramo-scala-raccoglitore, con la conseguenza di far precipitare tutto a terra. Come appunto capitò a fra Mario. Quella rovinosa caduta gli causò lo schiacciamento di alcune vertebre lombari, che da allora gli rese difficoltoso il camminare. Tuttavia con la sua forte volontà piano piano si riprese e con l’aiuto di un bastone d’appoggio riusciva, benché con andatura claudicante, a muoversi senza altro supporto.
Nel 2012 fu trasferito a Castel San Pietro Terme (BO), con l’impegno delle confessioni. Appena il campanello della chiesa suonava, accorreva sollecito, consapevole della sua andatura rallentata, oltre che dalla caduta dal ciliegio, anche dagli anni che cominciavano a pesare. Aggravandosi il suo stato di salute già da tempo precario, si trasferì nei primi mesi del 2014 nell’Infermeria provinciale di Reggio Emilia, dove lo ha raggiunto la morte, alla quale si era preparato con fede e serenità, attendendola come definitivo incontro con il suo Signore, con cui egli aveva camminato nella sua vita. Riposa ora nel cimitero di Malgrate di Villafranca (MS).