Giuseppe Pagani, detto Beppe, 53 anni, vive a Scandiano ed è terziario francescano nella fraternità Ofs locale, di cui è stato due volte ministro. Già impegnato nell’attività sindacale della CISL di Reggio Emilia, nel 2010 viene eletto consigliere regionale nelle file del Partito Democratico, presiedendo, in seno all’Assemblea legislativa, la Commissione V: turismo, cultura, scuola, formazione, lavoro, sport. Ecco alcune sue considerazioni desunte da una ricca esperienza politica e professionale.

Chiara Gatti

Fratelli di un mondo liquido

La necessità dei francescani di contribuire alle scelte della politica

di Giuseppe Pagani
francescano secolare, consigliere regionale dell’Emilia-Romagna

esperienze1Oggi più che mai

Cercare di spiegare quale sia il senso francescano della scelta di servire nell’impegno politico-sociale è certamente cosa complicata nei “giorni cattivi” e di barbarie che stiamo vivendo e per la imperante cultura anti-politica che attraversa il nostro Paese.
C’è però una “missione all’impegno nella polis” da cui il cristiano non può prescindere: il magistero della Chiesa, ed in particolare il concilio Vaticano II con i documenti Lumen Gentium 31, Apostolicam Auctuositatem 14, Gaudium et Spes, definisce l’urgenza di una presenza specifica e propria dei laici cristiani nel sociale, nella vita pubblica, nel volontariato. In questo quadro la chiamata a costruire un mondo più fraterno è ribadita e sostenuta, oserei dire incoraggiata, dalla regola dell’Ofs laddove l’art. 15 invita «i francescani ad assumersi una responsabilità, sia come singoli che come fraternità».
C’è innanzitutto una chiamata individuale, un’assunzione di responsabilità a cui i francescani sono chiamati: «testimoniare con la propria vita» uno stile altro di essere “dentro alla compagnia degli uomini” nelle vicende della storia, portandone in pieno, laicamente, la responsabilità delle scelte, ma c’è anche una chiamata comune, anche se più faticosa da realizzare, proprio per il pluralismo di scelte politiche presenti e che devono essere rispettate dentro la fraternità.
Nella società e nella comunità degli uomini, luogo e tempo teologico della santificazione, i francescani sono chiamati ad iniziative coraggiose e profetiche per continuare ad essere “concreatori” della Città dell’uomo.

Attenti lettori della storia

La fase che stiamo vivendo ci consegna un mondo completamente nuovo in cui sono state messe in crisi tutte le organizzazioni sociali. I sociologi parlano di frammentazione dell’identità sociale, atomizzazione della società, incertezza dell’esistenza, insostenibilità socio-ambientale, limiti dello sviluppo, fragilità delle città, perdita del senso di comunità, solitudine delle famiglie e dell’emergere di una moltitudine di “vulnerabili” a rischio di emarginazione sociale.
Non è più possibile usare le stesse categorie e gli stessi paradigmi che avevamo sempre usato nell’analizzare la società; per, come dice la regola dell’Ofs, «promuovere la giustizia nel campo della vita politica con scelte coerenti con la fede» ed immaginare ipotesi di soluzione, occorre capire i cambiamenti, darsi un tempo per la riflessione e lo studio.
In tal senso, nell’attuale situazione di una “democrazia infetta” e di una politica ammalata, vi è l’urgenza, non più delegabile, di riproporre il pensiero e lo stile con i quali il francescanesimo secolare ha contribuito, in snodi importanti della storia del nostro Paese, in modo decisivo e profetico. Fare politica, oggi, dentro il “disastro antropologico” di questo tempo, così come è stato definito dal cardinale Bagnasco, necessita della presa in carico di alcune evidenze, che è urgente rimettere al centro dell’azione politica. Non è più rinviabile la ridefinizione di un nuovo umanesimo, vi è la necessità cioè di umanizzare la politica e ridare un ruolo alla relazione, innanzitutto attraverso l’educazione all’ascolto, all’apertura verso l’altro. Occorre infatti recuperare una sapienza della prassi che consiste nel non trincerarsi in una visione omogenea alla fede, integralista e chiusa. La fede è luce alla ragione, ed è con la nostra diretta responsabilità che agiamo azioni conseguenti ed ispirate dalla fede, nella ricerca di affermare valori condivisi da tutti, facendosi carico delle diversità culturali e religiose presenti nella società.
La crisi che stiamo attraversando ha creato spesso una società di depressi, occorre allora essere testimoni della speranza, generare la speranza è l’unico modo per sconfiggere la disperazione (che alimenta spesso il fanatismo).
Riproporre in politica la scelta preferenziale per i poveri e gli emarginati, come espressione della nostra minoritas, significa superare il mero seppur importante esercizio della carità con un impegno a sostegno di politiche dirette per ridurre le disuguaglianze, per sostenere le famiglie, per rimuovere le cause della povertà, per ridistribuire il reddito, come presupposti per un vero ampliamento della libertà e per il raggiungimento di una democrazia reale e non solo formale.
L’attività politica però richiede anche una capacità di vigilanza su se stessi, sulla propria integrità. Si tratta cioè di avere sempre il senso dell’ambiguità e pericolosità del potere e ricercare gli strumenti, gli abiti virtuosi, per rimanere fedeli all’ispirazione cristiana, alla dignità umana. Occorre una vita activa (una vita interiore) una vigilanza su se stessi, sul male, sul potere, memori, come ci ammonisce san Francesco che «noi possediamo solo i nostri peccati e nostri vizi» (Rnb 17,7). C’è una via, un metodo, una pedagogia per una salvaguardia dai mali del potere, dal narcisismo, dall’ossessione dell’audience, dalla “pornografia dell’anima”: occorre darsi un ordine, una stabilità interiore, una disciplina.

Il salvagente della fraternità

Occorre ritornare ad una maggiore conoscenza di sé e fare dell’impegno politico-sociale una parentesi della propria vita per poi ritornare alla propria professione, per non vivere della politica.
Dove trovare la forza per vivere “dentro, vicino al fuoco della politica” mantenendo lo stile, l’ispirazione valoriale, se non nella perseveranza di un cammino interiore sorretto da una Comunità? La Fraternità diviene allora luogo vitale che sostiene, richiama, corregge colui che è impegnato nella costruzione della polis.
La domanda vera è se nelle nostre fraternità Ofs ci aiutiamo ad incoraggiarci nel bene (Cost. 26,2), ci educhiamo, cioè, ad avere il senso del limite nostro e delle cose del mondo, come grande presupposto per la libertà, perché alla fine dobbiamo ricordare che, come ci ammonisce la Lettera a Diogneto, «siamo cittadini del cielo».