Tenere viva la speranza

La Bibbia ci consola ricordandoci la perseveranza e la misericordia di Dio

di Aimone Gelardi
dehoniano, teogolo moralista 

Gelardi 01La beatitudine dell’insipiente

Non m’era mai successo d’esser scambiato per biblista e dovere elaborare uno sproloquio biblico. La vita riserva sorprese, ma questa è proprio singolare. Se poi aspettava ancora un po’, MC mi avrebbe dovuto mandare la lettera dove si guardano le stelle dalla parte del picciolo. Mi pare di sentire già certi biblisti: «È anche Saul tra i profeti!» (1Sam 10,12). E i moralisti, a causa del picciolo, parleranno di deriva escatologica, che in un moralista è quasi più pericolosa di quella spiritualistica. Prima di giocare al piccolo biblista, versione clergy del “Piccolo chimico”, oso dire che qualche deriva escatologica non nuoce, se no sorella morte arriva inaspettata.


Si sappia, non sono biblista. M’hanno dato un bel tema? Ma non è questione di estetica, bensì di competenza: la teologia biblica è complicata, non si improvvisa come fanno certi “atei devoti”. Il Direttore dice che nel 2014 la rivista è partita dall’Apocalisse e nell’ultimo numero si deve parlare di consolazione. Chiaro, dopo avere afflitto i suoi venticinque lettori propinandogli di tutto durante l’anno, deve consolarli per Natale.
Ci sa fare, però: provoca con Ap 21,4: «Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» che affida a Scimè, autore rifinito; scomoda suor Maria Giovanna da Forlì per l’esegesi di “Francesco, nostra unica consolazione dopo Dio”, dal Testamento di santa Chiara. A Casadio chiede se la consolazione riguarda il presente o il futuro. Manda Borghi e Bonfiglioli a fare un’intervista sulla inconsolabilità e il rispetto del dolore. A Folli chiede dei surrogati della consolazione, raccomanda a Verdi di parlare dell’elaborazione del lutto, a Lorenzi della preghiera di consolazione, a me, di dire cose che ignoro: “La consolazione nella Bibbia”. Sapete bene che la Bibbia non è come il Bignami o certi libri del Mulino: tutto in cento pagine. È un librone e lui vuole da me la consolazione nella Bibbia, tutta. Ma si compri le Schede bibliche così trova quel che gli serve.
Commentai, anni fa, le beatitudini per i “piccoli” ai quali i biblisti non si preoccupano di spezzare il pane, che questi mangerebbero volentieri. Intendiamoci, niente di biblico nel mio libriccino, ma cose poverette, quelle che la gente semplice riesce a capire. Ora, tra le beatitudini ce n’è una che parla di consolazione. Bene, quello che io so di consolazione nella Bibbia è quasi tutto nella beatitudine: «Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati» (Mt 5,4). Quelli che sono nel pianto, non chi si piange addosso, che è solo da curare. I biblisti seri dicono che non basta essere afflitti per essere beati. La beatitudine sta nel fatto che quelli che sono nel pianto avranno Dio per consolatore. Non è poco.

Gelardi 02Consolati nella tribolazione

La Pontificia Commissione Biblica dice che gli afflitti, dichiarati “beati” dal vangelo, sono coloro «che non si chiudono in se stessi ma partecipano, in compassione, alle necessità e sofferenze altrui». Le cose si complicano, utilmente. Leone Magno aggiunge che diversa è la causa delle lacrime che meritano di essere chiamate beate. L’afflizione alla quale è promessa la consolazione eterna non ha niente a che fare con le tribolazioni e i lamenti degli uomini, che non rendono beato nessuno (cf. Discorso sulle beatitudini, 95.4-64). L’afflizione della beatitudine è particolare. Nella Bibbia “essere afflitto” è detto con un verbo greco che equivale a “fare lutto” per la morte, ma anche per il dolore e il male morale, proprio o altrui, soffrire, essere angosciati. Sono afflitti (in lutto) i discepoli per la morte di Gesù il mattino di Pasqua (cf. Gc 4,8ss; 1Cor 5,1s), ignorando che Dio lo ha già risuscitato. La beatitudine di questa beatitudine è la consolazione promessa e compiuta. Vissuta in Dio, l’afflizione si apre alla speranza che Dio elimina ogni causa di pianto. Dio consola, nel suo amore di Padre si accosta alla sofferenza degli uomini e li unisce alla Pasqua del Figlio, perciò: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio» (2Cor 1,3s.).
Consolare è più che confortare ed è di Dio. Guardate Gesù, Figlio di Dio: si fa carico della condizione degli afflitti, dice ai suoi di non temere, di accettare di essere nel lutto e nella sofferenza, perché Dio consola, ha già consolato. Applicando a sé un testo di Isaia, nella sinagoga di Nazaret, Gesù proclama: «Lo spirito del Signore è sopra di me / per questo mi ha consacrato con l’unzione / e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, […] / a promulgare l’anno di grazia del Signore» (cf. Lc 4,18; Is 61,1ss).
Quando la Chiesa prega: «O Dio, consolatore degli afflitti, tu illumini il mistero del dolore e della morte con la speranza che splende sul volto del Cristo» (X domenica durante l’anno, C) riassume ciò che la Bibbia dice sulla consolazione.
Mi attardo in discorsi da nulla, dimentico di dovere scrivere sulla consolazione nella Bibbia. Servirebbe un’enciclopedia. Come dite? I profeti? Già, i profeti: uno per tutti «Consolate, consolate il mio popolo - dice il vostro Dio» (Is 40,1s). Bellissimo. Sì, però la consolazione lì non è per i piagnistei, è per dire che è finita la schiavitù di Gerusalemme, l’esilio, che è stata scontata la sua iniquità. E non si annuncia qualcosa fatto da non si sa chi. È Dio che consola, è lui che ha “fatto” ciò che rende possibile la consolazione.

Gli uni verso gli altri

Ma torniamo a Gesù, perché, se è vero che nella Bibbia, la consolazione, non è solo l’appoggio che si cerca nella prova, ma soprattutto l’oggetto della speranza messianica e frutto dell’azione dello Spirito, è a lui che si deve guardare. L’afflitto della Bibbia, non trova facilmente consolazione. Lo prova la storia di Giobbe (cf. Gb 2,9ss; 19,13ss.). Il giusto sofferente del Salmo 22 confida di avere consolazione e salvezza da Dio. Gesù, venuto a dare compimento alle profezie della consolazione di Israele (Is 49,6ss; 52,10), nella sinagoga si appropria del ruolo di Consolatore. Miracoli e segni che compie sono per la consolazione di chi a lui si rivolge, annuncio dell’avvento dei tempi messianici (cf. Mt 12,28). Lo Spirito che promette e dona è il Consolatore. La Scrittura, parola di Dio e del Signore, come diciamo a Messa, è stata scritta per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione, che da essa ci vengono, teniamo viva la nostra speranza (cf. Rm 15,4s).
Per concludere? «Il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti» (Rm 15,4s).