Ricordando padre Gianantonio Salvioli

Tra tempesta e bonaccia, un frate come il mare

SalvioliSan Martino in Rio (RE), 10 dicembre 1921
† Reggio Emilia, 8 ottobre 2011

Iniziò il suo ministero sacerdotale a Salsomaggiore nel 1947, per cinque anni viceparroco a Sant’Antonio, responsabile dei giovani: non li dimenticherà mai più e tanti di loro non dimenticheranno mai più lui. Dal 1952 fu per sei anni direttore del collegio di Scandiano e contemporaneamente guardiano. Aveva un carattere tutt’altro che facile e qualche piccolo disastro lui stesso in seguito ammise con lealtà di aver combinato quando doveva inventarsi di sana pianta una pedagogia innovativa di cui non c’era traccia nelle austere e un tantino cervellotiche tradizioni cappuccine; ma quando non soffriva disturbi allo stomaco teneva conferenze giornaliere di formazione, spiritualità e francescanesimo affascinanti e mai più dimenticate sia da chi è rimasto sia da chi ha dovuto inopinatamente onorare vocazioni diverse. Nessuno gli ha mai serbato rancore o ha mai potuto accusarlo di malafede. Aborriva l’ipocrisia, inculcava la lealtà, virtù base di un giovane.

Per due anni fu, poi, direttore dei giovani convittori del convento di Pavullo, dove di fatto si conclusero i tredici intensi anni della sua missione educativa tra ragazzi e giovani.
Ci vollero almeno due anni sabbatici per capire dove il Signore lo avrebbe condotto: uno ad Anagni, direttore della Pontificia Opera Assistenza, e uno a Reggio in qualità di predicatore e direttore spirituale dei teologi. Poi si proiettò nel mondo dell’assistenza agli ammalati. Dal 1966 al 1976 fu cappellano e superiore, poi parroco all’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. Si legò di stima profonda e amicizia ricambiata con il personale medico, infermieristico e di servizio, per il quale progettò una pastorale ai tempi avveniristica, comprensiva dell’organizzazione di momenti forti in settimane estive, campeggi, ferie preferibilmente tra le dolomiti trentine. Una missione ospedaliera lunga quindici anni alla quale si è donato con fede convinta, spirito di servizio, intelligenza ed eleganza umana e cristiana.
Nel 1979 ritornò a Salsomaggiore parroco e superiore. Ritrovò i suoi giovani, ma erano ormai papà e qualcuno anche nonno. Il mondo, la Chiesa, la città, la parrocchia, la vita non erano più quelle. In mezzo cinque papi e un Concilio, e lui non aveva più 26 ma 58 anni. Vi si dedicò con tutta l’anima, in particolare alla catechesi e al gruppo famiglie, per 11 anni, durante i quali ebbe modo di restaurare la casa di riposo, trasformare il vecchio cinema, superato ormai dalla televisione in tutte le case, in palestra e sala polivalente, rinnovare la scuola materna, ristrutturare il presbiterio della Chiesa e ricevere la nomina a Cavaliere dal Presidente della Repubblica.
Ancora tre anni a Scandiano (1990-1993) come vicedirettore dello studentato di teologia, e poi tre anni parroco a Sassuolo. Nel triennio 1996-1999 lo troviamo guardiano a Parma e nei successivi sei anni aiuto parroco a Fidenza. Complessivamente all’apostolato parrocchiale dedicò vent’anni, quattordici dei quali come parroco.
Nell’avanzata terza età fu per tre anni confessore a Piacenza e per tre anni a Reggio. Una vita intensa, mai inoperosa, nella quale trovò modo di conseguire il diploma di infermiere, di frequentare la facoltà di scienze economiche e sociali presso l’Università internazionale Pro Deo di Roma e di pubblicare quattro testi di cultura religiosa e di supporto pedagogico pastorale: “Vieni e Vedi”, “Incontriamoci”, “Comunità San Lazzaro”, “Comunità Santa Maria Nuova”.
La severa austerità e l’intransigente riservatezza gli meritarono lo scherzoso titolo di “giansenista”. Arricchito da Dio di carismi non comuni, fu uomo di grande fede sostenuta da un’acuta intelligenza, di straordinarie capacità organizzative. «È stato come il mare - ha ricordato durante la messa d’addio quell’antico suo ragazzo che è stato padre Carlo Folloni - calmo o tempestoso, ma sempre pieno di vita».

Antonio Zanni