I propri carismi al servizio del bene comune. I francescani secolari dell’Emilia-Romagna si sono interrogati su come concretizzare, riportandola nella vita quotidiana, quella missione di edificazione reciproca che nasce da una vita di fede vissuta pienamente. L’occasione è stata la giornata conclusiva del triennio della Scuola Regionale di Formazione, organizzato l’Ofs dell’Emilia-Romagna.

Elisabetta Fréjaville 

Lo Spirito muove e vince in 4 mosse

Dalle testimonianze di un incontro a Cesena, nuove idee pastorali

di Eugenio Fedolfi
francescano secolare di Modena

Rubrica Francesco tra noi 01Comunicare abbracciando il nuovo

Presso il convento di Cesena, storico luogo di formazione per i francescani secolari dell’Emilia-Romagna, il week end del 3-4 maggio si è aperto con la relazione di suor Elena Bosetti, per iniziare a riflettere sul tema «Beati i liberi perché ameranno Dio… con la forza». Quattro i punti chiave individuati da suor Elena: radicati in Cristo, animati dallo Spirito, andiamo, trasformiamo il mondo.


A portare la propria testimonianza sono stati quattro francescani secolari impegnati in settori molto differenti: comunicazione e accoglienza, politica e musica.
Ettore Colli Vignarelli, francescano secolare di Novara, giornalista e direttore di Francesco il Volto Secolare, rivista dell’Ofs d’Italia, ha raccontato la sua esperienza nel campo della comunicazione, ambito in cui da anni è impegnato. Una storia personale e professionale che ha ripercorso leggendo i caratteri di una vera e propria missione che ha voluto estendere a tutti i cristiani: «Esiste una scarsa consapevolezza nei confronti della comunicazione, vissuta da troppi in maniera passiva o guardata con diffidenza. Francesco non ebbe paura di vivere le sfide della propria modernità, abitando la città e la piazza e facendone luogo di incontro e di evangelizzazione. Allo stesso modo i cristiani di oggi sono chiamati ad essere nelle nuove piazze, che sono i principali media di comunicazione. Avere un giornale, una radio, un sito internet, anche solo una pagina di Facebook non è uno sfizio, ma un pezzo fondamentale del nostro compito nella storia».
Una presenza, quella di cui si è fatto promotore Ettore, che non deve vedere i cristiani e i francescani in particolare come spettatori, ma come veri protagonisti, forti soprattutto di un carisma e di una sensibilità per trasformare il mondo: «Esiste un lessico utilizzato da alcuni media, in particolare i social network, che svuotano di significato parole fondamentali per la vita dell’uomo come amicizia, gruppo, comunità, relazioni. Siamo chiamati, come singoli e come fraternità, a riempire di significato questi termini, avendo il coraggio di rifondare perché tornino ad essere strumenti di relazione vera». E come sempre, oltre al contenuto, un occhio alla forma, che senza l’uso delle parole, converte spesso più di molte predicazioni: «È fondamentale presentarsi con lo stile della fraternità: non imporsi ma esporsi. Dimostrare libertà nello spirito e leggerezza (non superficialità) che si sposa con la fantasia, per fare intuire quello che non è ancora visibile».

Rubrica Francesco tra noi 02 (Eugenio Fedolfi)Accogliere andando incontro

Paola Brovelli, francescana secolare di Novara, consacrata laica e neoeletta nel consiglio nazionale dell’Ofs, ha testimoniato l’esperienza di accoglienza portata avanti insieme alla fraternità delle Sorelle Francescane della Nuova Gerusalemme. «Dalla telefonata di richiesta per una situazione di necessità è iniziato per noi un percorso di accoglienza di donne sfruttate». Un percorso che riflette una necessità per tutti i cristiani, sollecitati quotidianamente da papa Francesco, che ci invita a visitare le periferie. «Non possiamo essere sordi ai bisogni dell’altro - ha specificato Paola Brovelli -. Nella nostra quotidianità percepiamo un profondo bisogno di casa, cui dobbiamo rispondere non solo offrendo un tetto, ma una relazione: è prima di tutto importante esserci, condividere un pezzo di strada con le persone che in quel momento ci sono donate. Ma per stare davvero vicino agli ultimi occorre evitare di mettersi su un piedistallo, aprirsi agli altri, spogliandosi nel servizio, per porsi con nudità al fianco dell’altro, accogliere facendosi allo stesso tempo accolti. Vivere alla ricerca del volto dell’uomo, di uno sguardo, di una voce, di un cuore».
L’esperienza di accoglienza è sempre la restituzione di una gratitudine. Si accoglie nella misura in cui ci si è scoperti accolti. E i frutti, anche in termini di edificazione reciproca, sono immediati: «Se devo dire chi mi ha nutrito di più, dove posso affondare le mie radici, penso alle ragazze che ho incontrato in questi anni sulla strada, e porto nel cuore le notti trascorse insieme a ragazze nigeriane sulla strada recitando il Salmo 22».

Dall’io al noi

Mario Galasso, francescano secolare della fraternità di Cesena, ha testimoniato il suo lungo percorso di ricerca di una strada per porsi al servizio dei fratelli in maniera sempre più completa. Un percorso che lo ha portato ad un impegno politico attivo, prima come assessore al Comune di Rimini, poi come assessore provinciale. Una visione politica che dichiara in partenza l’impegno prioritario per l’uomo con la scelta di Mario di non avere tessere di partito.
«Cercavo il modo di dare risposte organizzate ai bisogni reali dei cittadini, cui già attraverso molte associazioni con cui collaboravo venivo a contatto. Ma dare risposte personali a singole necessità non può essere sufficiente. Occorre, ed è il ruolo della politica, passare dall’io al noi. È difficile, anche a livello locale, trovare interlocutori per trasformare una visione personale in una visione collettiva, fraterna. Ma è fondamentale questo passaggio, perché quello che vince è il noi». Un noi che non sminuisce l’impegno di ogni singolo, soprattutto quando si ha un ruolo di servizio nei confronti di una comunità: «Uno dei miei obiettivi è cercare di testimoniare uno stile francescano nell’attività politica, far sentire alle persone che non sono sole, che hanno qualcuno nel palazzo che le ha a cuore, attraverso l’ascolto o semplici segni, come può essere la porta sempre aperta del mio ufficio di assessore».
Lontani dalla demonizzazione della politica, occorre riscoprire il significato di un servizio fondamentale per l’edificazione reciproca: «Essere dove la tua comunità ha bisogno, essere presente e condividere i momenti di fatica o di tragedia è la prima cosa che è chiesta ad un politico. E per costruire un domani migliore occorrono umiltà, dialogo, confronto, per arrivare al bene comune senza lasciare nessuno indietro».

Rubrica Francesco tra noi 03 (Eugenio Fedolfi) (Ettore Colli Vignarelli e Massimo Ambrogi)Lo strumento della musica

Massimo Ambrogi è fondatore e membro attivo dei “Nuova Civiltà”, gruppo nato alla fine degli anni Ottanta, creatosi attorno al convento dei cappuccini di Scandiano coinvolgendo diversi ragazzi, provenienti da situazioni di difficoltà o emarginazione, grazie alla realizzazione di un musical. Massimo ha raccontato come dall’esperienza di accoglienza sperimentata da quei ragazzi sia nata, negli anni, una realtà che utilizza la musica per restituire quell’accoglienza nei luoghi di emarginazione: un percorso di anni che li ha condotti a portare la loro musica nelle carceri, nelle comunità con tossicodipendenti o con malati di AIDS.
«La musica è uno strumento credibile se credibili sono le persone che la testimoniano. Noi abbiamo ricevuto un grande dono: qualcuno ci ha permesso di imparare un’arte per poter comunicare agli altri la nostra storia». Musica come elemento di comunicazione, come ponte fra le persone, che non è in sé un messaggio, ma che permette di trasmettere anche valori profondi: «Non possiamo dare a un carcerato la libertà o a un disabile la salute, ma attraverso la musica possiamo permettere di uscire da una quotidianità fatta di pesantezza per entrare in una nuova dimensione di speranza, e in questa speranza trovare la chiave della gioia».
Stabilire i limiti della propria azione nel mondo non significa certo ignorare le responsabilità che ciascuno ha nella prospettiva dell’edificazione del bene comune: «Siamo persone che si muovono all’interno di una società, che può diventare strumento di morte o strumento di vita. A noi la scelta su come utilizzare gli strumenti che ci sono dati. Non possiamo cambiare il mondo - ha concluso Massimo Ambrogi - ma possiamo cambiare noi stessi, anche attraverso quello strumento di comunicazione che è la musica, per cambiare quella parte di mondo che è nelle nostre possibilità».