Fino all’ultima tentazione

L’umanità di Cristo coinvolge nel peccato la Chiesa

di Giuseppe Ruggieri
teologo

Ruggieri 01La bestia da fuori e da dentro

Nel Nuovo Testamento il “potere” non è un termine carico di tutti i significativi negativi che le varie ideologie critiche della società gli attribuiscono. È vero che il potere assume a volte un carattere demoniaco, come nel racconto delle tentazioni di Gesù in Luca, nelle quali il diavolo promette a Gesù il potere e la gloria sui regni della terra:

«Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: “Ti darò tutto questo potere (exousia) e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo”» (Lc 4,5-7). È questa la concezione che sarà sviluppata particolarmente nell’Apocalisse. Il potere di questo mondo è il vero nemico che si oppone al Messia immolato per noi. Questo nemico è il drago, immagine di Satana, cioè del male personificato che trascende la volontà dei singoli, che combatte il Messia nato nel popolo d’Israele. Il drago si serve tuttavia, per lottare contro Dio e contro l’Agnello, di due bestie. La prima che «viene dal mare», cioè il potere di allora, quello romano che aveva conquistato l’Asia minore (luogo in cui vivevano le comunità a cui si rivolge l’autore dell’Apocalisse) venendo dal mare, a cui il drago «diede la sua forza, il suo trono e il suo grande potere». Potremmo identificare oggi questa prima bestia nel potere finanziario. La seconda bestia «viene dalla terra», è indigena, e rappresenta tutti coloro, gli opinion makers diremmo adesso, che convincono gli uomini ad adorare sia il drago che la prima bestia. Questi opinion makers (la seconda bestia che è all’interno della nostra società, ma è al servizio di un potere nemico dell’umano) sono capaci di «far sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, ricevano un marchio sulla mano destra o sulla fronte, e che nessuno possa comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome» (Ap 13,16-17).
Ma è anche vero che Gesù si arroga un potere, che viene chiamato sempre con lo stesso nome, quello di exousia, potere che gli è stato dato dal Padre e che egli trasmette ai discepoli, potere che permette ai suoi discepoli di annunciare il suo vangelo, scacciare i demoni, guarire dalla malattia, comunicare il perdono del Padre amministrare il battesimo, insegnare. Basta ricordare le parole del Cristo risorto ai discepoli contenute nella finale del vangelo di Matteo 28,18-20: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Questo potere viene quindi partecipato alla chiesa tutta, attraverso la varietà e la diversità dei ministeri e dei carismi che hanno tuttavia un’unica origine, quella del Cristo risorto che opera mediante lo Spirito.

Ruggieri 02Chiesa e realtà umana inseparabili

Il problema che si pone è dato tuttavia dal fatto che la chiesa e la società umana non sono realtà separabili, perché i cristiani sono al tempo stesso cittadini di questo mondo nel quale condividono con gli altri la cultura, il legame alle istituzioni, la necessità del denaro e via dicendo. Il rischio è quindi che si abbia un travaso dal costume del potere che vige nella società dentro la comunità dei discepoli. È un rischio antico. Già all’interno delle chiese del Nuovo Testamento esso è avvertito, particolarmente da Luca. Egli soltanto infatti mette, durante la cena finale di Gesù, le parole che gli altri due Sinottici pongono in un altro contesto, ma sempre in rapporto alla passione e morte di Gesù (cf. Mt 20,24-28; Mc 10,41-45), con una straordinaria interpretazione teologico-politica della comunione di coloro che siedono attorno alla mensa eucaristica: ci viene ricordato che esiste una radicale alterità tra le ‘nazioni’ e la comunità dei discepoli. Mentre nelle nazioni chi ha autorità ne fa motivo di dominio, nella comunità dei discepoli il contenuto dell’autorità è il servizio, perché Gesù «sta in mezzo a noi come colui che serve» (cf. Lc 22, 24-30).
Si comprende meglio la questione se si riflette all’origine del potere dello stesso Cristo. È per il fatto che il Figlio di Dio si è svuotato assumendo la forma dello schiavo e reso obbediente fino alla morte di croce che il Padre lo ha innalzato al di sopra di ogni realtà creata (Fil 2, 6-11). E noi sperimentiamo l’energia della sua risurrezione solo conformandoci alla sua morte (cf. Fil 3, 10). Il “potere” della chiesa si alimenta quindi alla sequela del Cristo crocifisso e risorto perché crocifisso. Una chiesa quindi che introduce una logica differente da quella della croce e copia le diversità introdotte dal potere che vige nella società, come accadeva nella chiesa di Corinto, non è più in grado di celebrare la cena del Signore perché si alimenta ad un “altro” potere: «Quando vi radunate insieme, il vostro non è un mangiare la cena del Signore» (1Cor 11, 20). E questo per il semplice motivo che nel ricopiare le divisioni introdotte dalla dinamica del potere umano, non si annuncia più la morte del Signore.
Questa è la verità dell’eresia donatista (così chiamata da Donato, vescovo di Cartagine nel IV secolo) che legava il potere nella chiesa alla santità vissuta, anche se esasperava questa verità fino a ignorare che il Signore continua a essere presente con i suoi fino alla fine del mondo e non fa quindi dipendere la sua presenza e la comunicazione della sua “energia” dalla santità del singolo ministro. Proprio perché Cristo continua a essere il Signore e il capo della sua chiesa, la sua grazia non cessa di essere comunicata a coloro che con fede attingono alle sorgenti alimentate dal “suo” potere di dare la vita agli uomini: lettura credente delle Scritture e partecipazione attiva ai sacramenti.

Reformanda

Il potere della Chiesa e nella Chiesa è misurato e giudicato tuttavia dalla sua conformità alla “forma” che il Cristo ha assunto, abitando fra gli uomini e le donne del suo tempo. La storia insegna che questo potere a volte agisce, sia in tutta la Chiesa che nei singoli ministri, secondo una logica dif-forme da quella della croce. Da qui la necessità che la Chiesa sia sempre re-formanda, bisognosa continuamente di riforma fino a quando il Signore tornerà. La storia della Chiesa ha quindi i suoi punti caldi nelle varie riforme del potere che lungo i secoli essa ha sperimentato. Quel grande storico e teologo al tempo stesso che fu il padre Marie-Dominique Chenu suggeriva di vedere nella storia del cristianesimo, lungo le varie epoche e in connessione con i grandi mutamenti della struttura sociale, i momenti in cui si era verificata l’esplosione della forza del vangelo puro, cioè quei risvegli del vangelo che hanno una dimensione collettiva e non solo individuale e suscitano movimenti di riforma che hanno un ritorno sulla struttura istituzionale della Chiesa. In tempi recenti uno di questi momenti è stato il Vaticano II. Il pontificato attuale, quello del vescovo di Roma Francesco, è da situarsi sull’onda lunga di quel Concilio, la grazia più grande concessa da Dio alla Chiesa dei nostri giorni.

Dell’Autore segnaliamo il volume di prossima pubblicazione:

Della fede. La certezza, il dubbio, la lotta
Carocci, Roma 2014, pp. 152