“In missione” propone un ricordo particolare di due personaggi speciali, scomparsi entrambi in giugno, molti anni fa: il primo nel 1963, Giovanni XXIII, da pochi mesi riconosciuto santo, sostenitore di quell’ecumenismo di cui parla padre Domenico da Antiochia; il secondo, morto nel 1967, è don Lorenzo Milani: papa Francesco, incontrando il mondo della scuola lo ha definito «un grande educatore italiano»; qui ce ne parla un suo estimatore, padre Raffaello, che nel Dawro Konta ha provato a farne rivivere le intuizioni educative.

Saverio Orselli 

I grandi passi di una piccola missione

Ad Antiochia si vivono esperienze ecumeniche e interreligiose 

di Domenico Bertogli
missionario ad Antiochia, Turchia

Rubrica in Missione Bertogli 01 (Ivano Puccetti)In aprile papa Francesco ha elevato agli onori degli altari papa Giovanni XXIII, che continua a essere nel mondo ortodosso oggetto di grande venerazione, espressa già all’indomani della sua scomparsa quando fu definito un “prepadovnie”, un santo e un patrono dell’ecumenismo.

Il patriarca Atenagora disse di Giovanni XXIII: «Noi possiamo farci ispirare dal suo esempio, affinché si continui il difficile e faticoso cammino per ritrovare l’unità dei cristiani», parole confermate oggi dal suo successore, Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, al quotidiano Avvenire: «Il compianto papa Giovanni XXIII è stato davvero una grande figura spirituale nella storia della Chiesa cattolica e del cristianesimo… Fu il promotore del cammino della Chiesa cattolica verso l’unità dei cristiani e in questo senso ne rimane tutt’ora un patrono sia per il presente che per il futuro».

In questo cammino ecumenico verso l’unità dei cristiani, l’esperienza missionaria di padre Domenico Bertogli, in Turchia dal 1966 e ad Antiochia sull’Oronte dal 1987, è particolarmente importante.

La mia è una lunga esperienza in Turchia sia per il dialogo ecumenico con altre confessioni cristiane che per quello interreligioso con i musulmani. Per 22 anni sono stato a Smirne, dove ho fatto per un paio d’anni il “pendolare” per sostituire i diversi padri. Nel 1968 sono stato nominato parroco della chiesa di Sant’Elena a Karsiyaka, mentre dal 1987 sono parroco della chiesa cattolica ad Antiochia sull’Oronte, quella degli Atti degli Apostoli.

A Smirne si lavorava solo per i cristiani di origine europea, i cosiddetti “levantini”. Si celebrava in francese e i musulmani erano… ignorati. Solo negli ultimi anni ho iniziato a partecipare a incontri di musulmani, su loro invito e a interessarmi a quanti venivano a visitare la nostra chiesa. Fu allora che iniziai a lavorare per celebrare la messa in turco, riuscendovi solo alla fine e sempre con grande sofferenza dei parrocchiani, convinti che «in turco non si potesse pregare». Si faceva una pastorale di conservazione: messe, sacramenti, rosari, catechismo ai bambini, visita alle famiglie eccetera… ma purtroppo i cristiani guardavano i turchi con diffidenza e senso di superiorità. 

Rubrica in Missione Bertogli 02 (Ivano Puccetti)Invertire la rotta

In cuor mio pensavo: quando lascerò Smirne, mi piacerebbe andare ad Antiochia, proprio per la sua storia con una chiesa molto più “turca”. Nell’87 si è realizzata quella speranza e, se anche mancavano le strutture, in pochi anni con l’aiuto del Signore - e ci voleva proprio perché non si poteva umanamente pensare che ci avrebbero dato i permessi di ristrutturare una chiesa! - sono state realizzate, belle e accoglienti, oggi meta di tanti visitatori.

Ad Antiochia vi erano circa 1.500 cristiani in maggioranza greco-ortodossi con uno sparuto gruppo di cattolici che non arrivava a 100! La città era divisa tra musulmani sunniti e musulmani aloiti, un ramo degli sciiti, questi ultimi simpatizzati con i cristiani.

Alla chiesa cattolica venivano molti giovani ortodossi grazie al lavoro di padre Roberto Ferrari, il mio predecessore. Tra i primi passi ecumenici è stata affrontata la questione della Pasqua, che mi sembrava alquanto anomala e poco ecumenica. Con i confratelli di Iskenderun - padre Ruggero Franceschini era il superiore - decidemmo di chiedere il permesso a Roma di poter celebrare la Pasquaalla stessa data degli ortodossi. Il permesso fu concesso “ad experimentum” e dal 1988 abbiamo iniziato questo cammino. Da noi non ci furono problemi, mentre a Iskenderun dovettero rinunciarvi per l’opposizione dei cattolici, che si vedevano abbassati nei confronti della chiesa ortodossa! 

L’incontro attraverso i sacramenti

Per Antiochia quello è stato un passo molto importante nel dialogo ecumenico e un nuovo modo di camminare con gli altri cristiani, con un’iniziativa che non toccava la dottrina. Da quel primo passo, mi sono chiesto come potevo aiutare i giovani ortodossi che venivano alla nostra chiesa a diventare cristiani adulti, consapevoli della chiamata di Cristo e del significato della sua sequela. Proposi la catechesi di base del cammino neocatecumenale che fu accettata con entusiasmo, rinnovando l’interesse perla Parola, per i sacramenti vissuti come un incontro e per la chiamata alla testimonianza.

Altro passo è stato celebrare la messa non più alla stessa ora degli ortodossi: la loro era alla domenica mattina e nella chiesa cattolica nel tardo pomeriggio. Io stesso iniziai a partecipare alla liturgia alla chiesa ortodossa, con grande stupore dei cristiani che la frequentavano, attirandomi certamente simpatia e stima.

Poi è venuto il tempo dei matrimoni cattolici e dei funerali alla chiesa ortodossa: si partecipava col prete ortodosso alle nozze dei giovani che frequentavano la chiesa cattolica o ai funerali di quanti venivano da noi. Il vecchio prete ortodosso di allora era di un’apertura e disponibilità sorprendente.

Nel rispetto reciproco non ho mai battezzato figli di ortodossi, malgrado ne sia stato richiesto tante volte da quanti frequentavano la nostra chiesa.

Pian piano si è arrivati al coinvolgimento della chiesa ortodossa alla festa di san Pietro, fino a fare celebrare i nostri vescovi con i loro. Memorabile la preghiera ecumenica nel ’92 alla Grotta di San Pietro col patriarca ortodosso, il nunzio e il nostro vescovo. Oggi la festa di san Pietro è una festa ecumenica con celebrazioni congiunte alla Grotta, alla chiesa ortodossa e alla chiesa cattolica. L’anno scorso, il vescovo ortodosso, non essendoci nessun vescovo cattolico, ha accettato di fare l’omelia alla messa nella chiesa cattolica…

Nel cammino ecumenico, dal 1992 è stato aperto un ufficio della Caritas, coinvolgendo gli ortodossi nell’aiuto ai cristiani e nel raccogliere fondi durante la quaresima di condivisione, da distribuire a tutta la comunità. Tra il 2003 e il 2005la Caritasitaliana ha finanziato con ben 350.000 euro un progetto sociale caritativo per la chiesa ortodossa. Dove c’era un’area con case cadenti è sorto un complesso con 17 appartamenti per i poveri, due saloni per opere sociali e ricreative e diversi magazzini.

Ora anche il Natale è ecumenico e gli ortodossi lo festeggiano il 25 dicembre, mentre il 6 gennaio è diventata una festa secondaria. Ad Antiochia l’ecumenismo non è più un’opzione, ma una necessità! 

La fede appartiene a tutti

Questo il cammino ecumenico con i cristiani ma non meno importante è il dialogo interreligioso coi musulmani. Quando sono arrivato ad Antiochia la chiesa cattolica era sconosciuta. Dopo il restauro della chiesa, dei locali della parrocchia e il conventino, i primi eseguiti in questa città, i giornali e le tv locali si sono accorti della nostra presenza e, con loro, tanti turchi hanno iniziato a venire a visitare la nostra chiesa, al punto che oggi arrivano addirittura gruppi organizzati…

Giovanni Paolo II diceva che «il dialogo e il rispetto sono fonte di pace»: è quanto mai vero e attuale. La più bella esperienza che ho vissuto ad Antiochia è legata proprio alla sua morte. Il giorno del funerale ho organizzato e presieduto una celebrazione interreligiosa con cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei e musulmani, alla presenza delle autorità civili della città e con le parole conclusive del prefetto: «Oggi non abbiamo perso un leader della chiesa ma un uomo di fede che appartiene a tutti il quale ci ha indicato le vie della pace nel dialogo e rispetto vicendevole». Il giardino era strapieno di cristiani e musulmani.

Ecco, per me la missione è sempre ascolto, dialogo, rispetto, annuncio e testimonianza: la strada indicataci da san Francesco.