Prima di tutto presentiamo i volti e i nomi dei nuovi superiori provinciali eletti a Fognano il 30 aprile 2014: Matteo Ghisini, ministro provinciale (confermato); Francesco Maria Pavani, vicario provinciale; Lorenzo Motti, Paolo Mai, Maurizio Guidi. A loro l’augurio di buon lavoro anche da parte di MC. Raccontiamo poi come frate Samuele la fece in barba a tutti. E poi la necrologia di padre Gugliemo Sghedoni e infine, come fioretto cappuccino, come frate Marcellino perse i pesci.

Nazzareno Zanni 

La croce in terra di nessuno

E frate Samuele la fece in barba a tutti

Rubrica in Convento La croce 01 (Archivio Provinciale)Montepastore, estate 1944

Erano giorni davvero bui quelli dell’estate 1944. Si temeva una forte offensiva dell’esercito tedesco sull’Appennino bolognese, per contrastare gli attacchi sempre più frequenti della brigata partigiana Stella Rossa. La popolazione dei paesi viveva nel terrore, mentre le formazioni partigiane si erano ritirate tra i boschi di quelle montagne e di là compivano delle operazioni di disturbo contro le postazioni tedesche.

Frate Samuele, sacerdote di primo pelo, per sottrarsi a un possibile bombardamento del convento di Bologna - di fatto poi avvenuto -, si era rifugiato al suo paese natale, Montepastore, sulle montagne del Bolognese, proprio sulla linea gotica, e là sperimentava i rischi della lotta tra i tedeschi e i partigiani. La paura, però, non era cosa per lui, e riusciva sempre a cavarsela in ogni evenienza, dialogando con gli uni di giorno e trattando con gli altri di notte.

Il mattino del 21 giugno 1944 passava sulla strada Calderino-Tolè una camionetta tedesca con tre ufficiali e l’autista muniti di radiotelefono, con il quale comunicavano la situazione locale al comando centrale. Il viaggio di perlustrazione si interruppe a Montepastore, all’incrocio con la strada delle Pradole, quando i militari si imbatterono in un gruppo di partigiani, che mitragliarono la camionetta. Tre tedeschi rimasero uccisi all’istante, mentre il quarto, ferito, fu portato nel bosco e là finito senza tanti complimenti. Dopo aver sottratto ai caduti i piani difensivi dell’esercito nemico e arraffato gli effetti personali più utili, come un paio di stivali, i partigiani si dileguarono, lasciando sulla strada la camionetta con i tre cadaveri. Un grave pericolo se di lì fossero transitati altri tedeschi. E c’era da aspettarselo: le comunicazioni si erano interrotte proprio a Montepastore e certamente il comando tedesco avrebbe inviato una pattuglia a ricercare gli ufficiali non rientrati alla base e di cui si erano perse le tracce.

Rubrica in Convento La croce 02 (Archivio Provinciale)E seppellì i morti

Bisognava agire e presto per evitare una più che probabile ritorsione, che avrebbe potuto anticipare ciò che sarebbe avvenuto tragicamente più tardi nel territorio di Monte Sole e a Marzabotto. Frate Samuele, il mattino dopo, quando appena stava albeggiando, con alcuni volenterosi del paese recuperò i corpi dei caduti e li seppellì nel bosco vicino, in un posto distante dalla strada, a una profondità tale che anche i cani non ne avvertissero l’odore. Per rimuovere la camionetta, a cui nottetempo erano state asportate le ruote, la faccenda si presentava più complicata. Furono impiegati due robusti buoi, che trascinarono il mezzo militare nel bosco, anche qui lontano dalla strada, dove fu accuratamente ricoperto con rami secchi tagliati dagli alberi e con tronchi di una catasta di legna trovata nelle vicinanze. Il lavoro riuscì bene, tanto che quel mucchio di rami e di tronchi alla rinfusa sembrava trovarsi lì da chissà quanto tempo. Bisognava ora cancellare i solchi tracciati sul terreno dalla camionetta senza ruote e le macchie di sangue che imbrattavano la polvere della strada. I lunghi solchi vennero riempiti con terra e poi ricoperti di foglie, e anche la strada fu ripulita con ogni cura. Così, a occhio e croce, sembrava non rimanesse alcuna traccia del proditorio eccidio perpetrato dai partigiani. La gente, tuttavia, avvertiva un forte senso di paura per quello che sarebbe potuto accadere all’arrivo dei tedeschi, qualora avessero scoperto qualcosa o anche solo dubitato.

A distanza di un giorno, giunse a Montepastore una camionetta con militari tedeschi, per fortuna senza cani, certi che da quelle parti fossero spariti i commilitoni. Setacciarono tutte le case e percorsero avanti e indietro la strada, guardando attentamente a destra e a sinistra della carreggiata in cerca del più piccolo indizio. Inutilmente. Non videro alcunché, anche perché nessuno del paese dichiarò di saperne qualcosa. Insomma, la camionetta con i quattro militari sembrava essere svanita nel nulla. Per quanto dubbiosi, i militari rinunciarono, perché sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio, e la cosa non ebbe seguito. Forse pensarono che fossero stati fatti prigionieri dai partigiani. Così il paese di Montepastore, per iniziativa di quel frate fresco di messa, fu risparmiato e gli abitanti tirarono un grosso sospiro di sollievo.

Frate Samuele, tornato nel convento di Bologna, non vi rimase che pochi giorni. Si sentiva come in prigione e avvertiva il rimorso di aver abbandonato i suoi compaesani nel clima doloroso della guerra. Decise così di fare ritorno a Montepastore, per incoraggiare con la sua presenza la popolazione in continuo pericolo. Intanto l’aspro confronto tra tedeschi e partigiani non si placava, continuando a seminare morte e distruzione dappertutto. Che fare?

Rubrica in Convento La croce 04 (Archivio Provinciale)Ai primi di luglio frate Samuele si fece promotore di un voto tra gli abitanti dei paesi limitrofi: se fossero stati al riparo «da ogni razzia, devastazione e distruzione», avrebbero eretto una grande croce votiva, in sostituzione di un’altra croce già degradata dal tempo. Ma le cose non andarono come auspicato, e ogni giorno il conflitto portava sempre nuovi lutti nelle famiglie, senza risparmiare nessuno. Del voto ormai non si faceva più parola alcuna. Un voto a vuoto…, «a cui moralmente non eravamo tenuti», scrisse frate Samuele più tardi in una sua lettera, ricordando l’amarezza e la delusione di quei giorni.

Con buona pace di tutti

Nonostante ciò, alla fine delle ostilità la popolazione, desiderando lasciare un ricordo dei caduti, intendeva erigere ugualmente la croce promessa. Ma lo spirito di campanile e le contrapposizioni politiche rendevano pressoché insuperabili i problemi per la realizzazione del progetto. Ma non per frate Samuele, che prese l’iniziativa nelle sue mani, e, in barba a ogni contestazione, eresse la croce all’incrocio di due strade, in località Pradole, sul confine di due comuni, come in terra di nessuno. Sul basamento, tra le lapidi che riportavano il nome dei caduti di quei paesi, pose una targa che non lasciava spazio a rivendicazioni di alcuna parte politica: «S. Croce eretta per iniziativa di P. Samuele Sapori. 30 maggio 1946. 4° anniversario della sua ordinazione sacerdotale».

Benché lo si temesse, e non senza ragione, il “monumento” non venne minato da chi aveva la coscienza sporca di sangue non solo nemico, e ancor oggi da quell’incrocio la croce posata da frate Samuele, nonostante il trascorrere degli anni e lo sbiadire dei ricordi, avverte i passanti che la guerra è una cosa brutta, ma brutta davvero. Con buona pace di tutti.