Tre parti d’arte e un pizzico di follia

L’evangelizzazione nelle scuole parte dai tappi

di Antonello Ferretti
frate cappuccino di Reggio Emilia

VeV2Strabiliante

«Avete mai letto un peperone?». «No!». «Ed un piatto di spaghetti?». «No!». «E dei tappi?». La risposta non arriva e quegli occhi ti guardano stupiti non sapendo più se si tratti di un gioco che si deve in maniera complice assecondare per arrivare ad una soluzione che nemmeno ipotizzi, o se ci si trovi davanti ad un pazzo squilibrato che parla al vento.
Così iniziano gli incontri con i bambini delle sezioni delle scuole dell’infanzia, dialoghi condotti ed animati dal sottoscritto e da Sarah Virgenti, entrambi collaboratori del settore reggiano del polo culturale dei frati minori cappuccini dell’Emilia-Romagna, che quotidianamente incontrano bambini e ragazzi (dalla scuola dell’infanzia alle scuole medie) all’interno delle strutture scolastiche.
Solo la follia di chi crede che il messaggio evangelico giunga ai piccoli attraverso tappi magici o sorprendenti “libri-teatro” può spingere ad uscire dalle sicure e calde mura di un convento e di un museo per andare ad incontrare i ragazzi là dove sono, in uno degli ambienti in cui trascorrono buona parte del loro tempo: la scuola.
Tutto è partito da una intuizione: sono un ex maestro elementare e da sempre impegnato nella pastorale dei bambini e dei ragazzi: «Se le scuole partecipano meno alle iniziative per loro proposte al museo - a causa delle nuove leggi vigenti che impediscono l’uscita dagli istituti - perché non andare noi a proporre il messaggio evangelico e francescano?».
A questa intuizione, di per sé scontata, non vi è un altrettanto scontato riscontro nella realtà dei fatti: entrare nelle strutture scolastiche non è così facile, soprattutto se si vuole portare un messaggio come quello religioso. Come fare? Le amicizie e le collaborazioni strette con alcuni insegnanti e dirigenti scolastici in occasione delle tre edizioni del Festival Francescano svoltesi a Reggio Emilia hanno permesso il realizzarsi di tutto ciò.
Essendo quello di quest’anno un “anno zero”, si è cercato di operare nelle strutture scolastiche di ispirazione cristiana e l’“Istituto San Vincenzo de Paoli”, con la sua cordialità e il proverbiale stile “grande famiglia” che da sempre lo caratterizza, ci ha spalancato contemporaneamente porte e braccia.
Per chi non fosse di Reggio Emilia, informiamo che questo istituto - retto dalle suore fondate da Santa Giovanna Antida Thouret - si pone come una vera e propria istituzione cittadina ed educa quasi cinquecento ragazzi dalla scuola dell’infanzia alla scuola media, scuole gestite e condotte da personale laico.

Abbiamo un piano

Abbiamo iniziato con tre incontri con ogni gruppo-classe limitandoci (si fa per dire!) alla scuola dell’infanzia e alla primaria da ottobre a Natale.
Stabilito il “calendario di guerra” occorreva porsi degli obiettivi e dei contenuti da veicolare: si deve quindi mettere in moto il cervello nelle sue triplici e fondamentali funzioni: logica (calibrando le reali possibilità che abbiamo), creativa (facendo cose che riescano ad avvincere e strabiliare), economica (calcolando di spendere e far spendere ai bambini il meno possibile, e questo sia per un discorso legato alle difficoltà economiche in cui verte la scuola, sia ad un messaggio che come Polo Culturale dei Cappuccini è importante dare: non si dà vita a strutture o ad attività per accumulare tesori sulla terra che ruggine e tignola fan presto perire, ma per diffondere il vangelo sullo stile della povertà e semplicità di Francesco d’Assisi).
«Ma cosa andate a fare negli asili (termine che già denota un’errata concezione del processo educativo) dove i bambini non capiscono ancora niente e non sanno nemmeno soffiarsi il naso?». Questa è la domanda che io e Sarah ci siamo sentiti porre diverse volte sia da religiosi che da laici.
Ma concretamente cosa si fa nelle scuole? Son stati elaborati tre progetti didattici: uno per la scuola dell’infanzia, uno per le classi prime e seconde della scuola primaria ed un terzo per le classi rimanenti. Eccovi in sintesi quanto fatto fino a Natale.

Il Natale di Tappo Giotto

Attraverso la conoscenza e la semplice analisi di alcune opere d’arte, i bambini della scuola dell’infanzia sono portati a cogliere l’importanza dell’evento della nascita del Figlio di Dio.
È stata realizzata la stampa di tre famosi affreschi (L’Annunciazione del Beato Angelico, La Natività e l’Adorazione dei Magi di Giotto) su grandi pannelli di polistirolo. I personaggi, come in un grande gioco ad incastro, son stati tagliati e vengono reinseriti nel pannello man mano che la loro presenza è richiesta dal racconto evangelico presentato ai bambini con un linguaggio adeguato.
I bambini poi hanno colorato su fotocopie i principali personaggi conosciuti nei dipinti. Tali disegni sono stati incollati su “Tappi di cartone” collegati tra loro da una corda lungo la quale erano poste in rima delle frasi che ricostruiscono i momenti salienti del racconto del Natale: passandosi di mano in mano prima un tappo e poi l’altro, si scopre il vero significato del tramandare le cose e della tradizione.

Ti racconto un Natale d’arte

Gli stessi pannelli sono stati utilizzati con la stessa modalità anche per i bambini della prima e seconda elementare. Dopo una lettura dell’opera d’arte, ogni bambino ha colorato (cercando di rispettare le cromie originali) piccoli modellini di cartoncino raffiguranti i personaggi incontrati che in seguito sono diventati gli attori di teatrini e che i bimbi hanno portato nelle loro case a Natale invitando genitori e famigliari ad assistere ad una rappresentazione speciale dal titolo: “Come avvenne la nascita di Gesù”.
Ai bambini più grandi (otto-dieci anni) si è cercato di far cogliere, attraverso due diversi linguaggi artistico-pittorici (l’icona e la vetrata), il valore e l’importanza dell’incarnazione. Nel corso del primo incontro ai bambini è stata consegnata una scheda rappresentante l’icona della Natività di Rubliev. Ogni bambino, dopo averla osservata, è stato invitato a colorarla liberamente senza indicazioni precise riguardo ai colori e al significato dell’opera in sé. Al termine dell’attività insieme agli operatori didattici i bambini hanno riflettuto su quanto hanno eseguito ed in particolare sulla scelta dei colori che hanno utilizzato. Nel secondo incontro è stato presentato il medesimo disegno da colorare, ma, attraverso un gioco interattivo, tutti i bambini hanno dovuto utilizzare i medesimi colori indicati. È stato spiegato il significato dell’icona nella sua globalità e di ogni colore usato. Nell’ultimo incontro, i bambini son stati guidati alla realizzazione di una semplice vetrata costruita con la carta velina colorata. Le riflessioni, le nozioni date e quanto elaborato dai bambini nel corso del laboratorio son venute a costituire le pagine di un piccolo libro che ogni bambino ha donato a Natale ai propri genitori.
E adesso ci credete che la nuova evangelizzazione avviene anche attraverso la lettura dei tappi?