Que viva Mexico

Resistere all’illusione di una felicità solitaria, assicurata da muri e barriere

di Fabrizio Zaccarini
maestro dei postulanti cappuccini a Santa Margherita Ligure

Zaccarini 01Questioni di muri

Erano gli anni Ottanta, la tv italiana, per generosa intercessione delle “beate” Carrà e Bonaccorti, faceva miracoli di catodica magia. Regalava soldi a palate a chi indovinava il numero dei fagioli contenuti in un vaso di vetro. Qualche volta davanti alla tv i muti si mettevano improvvisamente a parlare.

Alla fine del decennio cade il muro di Berlino e con lui la cortina di ferro tra Europa dell’est e Europa dell’ovest. Due anni dopo, il 7 agosto 1991, ventimila albanesi assaltano la nave Vlora, costringono il capitano a dirigersi verso quell’Italia che in tv era bella come l’America. Arrivati a Bari scoprirono che l’Italia in agosto, dorme, evapora e comunque non risponde. A Bari l’America non c’era e non c’erano nemmeno il prefetto e il vescovo, che si godevano, probabilmente, un meritato riposo. C’era il sindaco Dalfino commosso per le condizioni di quella gente, indaffarato quanto possibile ad alleviarne le sofferenze. Arrivò don Tonino Bello a chiedere rispetto per quel gregge sovrabbondante di pecore perdute. Su quei fatti Gianni Amelio ci fece un film, intitolato, guardacaso, “Lamerica”, proprio così senza apostrofo, mescolando il sogno italiano degli albanesi e quello americano di un vecchio italiano disertore durante la guerra d’Albania e poi prigioniero politico durante la dittatura comunista.

Confine tra Messico e Stati Uniti, 3140 km, alcune città, molte zone inospitali. Ma soprattutto il muro de la vergüenza (della vergogna). 1994, presidente Bill Clinton, per impedire l’immigrazione illegale, in corrispondenza delle zone urbane di confine, viene eretta una barriera di lamiera metallica sagomata, alta dai due ai quattro metri, dotata di illuminazione ad altissima intensità, di strumentazione per la visione notturna e di una rete di sensori elettronici, connessi via radio alla polizia di frontiera statunitense, oltre ad un sistema di vigilanza permanente, effettuato con veicoli ed elicotteri armati. Il 3 novembre 2005, il parlamentare statunitense repubblicano Duncan Hunter (della California), propone al Senato degli Stati Uniti d’America un piano per rafforzare la barriera di separazione tra i due paesi. La proposta è approvata il 15 dicembre 2005, prevedendo la costruzione di un muro di 1.123 km. Le dimensioni sarebbero paragonabili solo a quelle della Muraglia Cinese.

Barack Obama, eletto nel 2008 e confermato nel 2012 grazie al notevole apporto dell’elettorato ispanico (15 % degli aventi diritto in Nevada), sospende il progetto. Intanto però la barriera già esistente spinge a tentare il passaggio oltre confine attraversando il deserto di Sonora o valicando la montagna Baboquivari. Soltanto tra 1998 e 2004, secondo i dati ufficiali, lungo il confine tra Stati Uniti e Messico, sono morte 1.954 persone. Senza gli irregolari sarebbe insostenibile l’economia di California, Arizona, New Mexico e Texas. Obama ha proposto di regolarizzare circa 11 milioni di clandestini. Ce la farà? Intanto su entrambi i lati gli abusi di ricorso alla forza da parte dei corpi di polizia americana o messicana sono una prassi piuttosto diffusa (25% sul lato americano; 14 % su quello messicano, con rischio da tre a cinque volte superiore per i centramericani non messicani); molti i nuclei famigliari spezzati dal muro (vedi il sito www.popoli.info). 

Zaccarini 02 (Cindy Carcamo)Felicità da condividere

Il cardinale O’Malley con altri otto vescovi si è recato presso il muro de la vergüenza e lì ha celebrato l’eucarestia. E così quel giorno le statistiche avrebbero dovuto registrare un clandestino in più. Uno che camminava a rovescio, uno che non cercava l’America, ma l’uomo, ogni uomo. Per accogliere quel clandestino, il Cristo, che «non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso […] facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (cf. Fil 2,6ss), mani di uomini e donne hanno violato la barriera metallica. Si sono protese verso i pastori dell’altro gregge per non ricevere altro che un po’ di pane spezzato, memoria e convivialità che è via, verità e vita. Gli statunitensi, rapiti dal loro diritto alla felicità, cercano di difenderne le supposte condizioni di possibilità, chiudono le porte ai messicani e dimenticano che «happiness only real when shared» (la felicità è vera solo se condivisa), dimenticano che ingiustizia e miseria rimangono dall’una e dall’altra parte del muro. Insieme, non uno contro l’altro, possiamo sconfiggerle e migliorare la nostra vita.

Per san Francesco innamorato del suo sogno, romantico, cavalleresco e, per dirla tutta, narcisistico, era cosa troppa amara vedere i lebbrosi. Ma con uno straordinario colpo di scena che solo uno sceneggiatore che si chiama Spirito Santo poteva pensare, il figlio gagà del ricchissimo commerciante di stoffe si lasciò condurre da Dio proprio tra i lebbrosi. Quella compagnia gli divenne dolcezza d’anima e di corpo. Fu allora che capì: finché si vive qui, dove non abbiamo stabile dimora, l’unica strategia possibile di fronte alla morte è morire. E non è una condanna: che Dio sia lodato anche mediante sorella morte, «dalla quale nullo homo vivente po’ skappare». Così prega san Francesco e così ci annuncia, in forma evangelica e paradossale, che i morti, loro sì!, uniti al Risorto in vita, da morti possono sfuggire alla morte.

Fratelli nell’aldiqua

Intanto, finché si vive qui, conviene essere fratelli piuttosto che avere iPhone e carte di credito; finché si vive qui, conviene condividere piuttosto che sentirsi sicuri, perché protetti e rinchiusi dalle sbarre; finché si vive qui, conviene prendere e non fuggire le mani tese per chiedere aiuto. Chissà, magari qualcuno prenderà le nostre quando saremo noi a tenderle in cerca d’aiuto… Si invecchia, ci si ammala e, nell’ora del ladro che viene di notte senza farsi vedere, dobbiamo morire.

I testimoni del Cristo Risorto lo sanno che la salvezza passa proprio di lì; lo sanno che l’America dell’happy end e degli happy days non esiste né di là, né di qua dalle sbarre, le quali a loro volta esistono, sì!, ma non resisteranno. Gli uomini, le donne, le loro mani, i loro sogni, le loro speranze, tutto questo, sì!, esiste e resiste. Finché si vive qui, è bello vivere e resistere con loro, come Cristo esiste e resiste per noi, con noi e in noi. È lui che con noi dice: «Viva Mexico!».

Questo, tra l’altro, è un doppio invito a non dimenticare le nostre paure e le nostre fragilità e a non dimenticare i corpi abbracciati e i sogni infranti sepolti nel nostro Mediterraneo. In questa memoria inizia la Pasqua.